I primi anni
Maria Domenica Lazzeri nacque il 16 marzo 1815 a Capriana, paesino della Val di Fiemme, in provincia e diocesi di Trento, ultima dei cinque figli di Margherita e Bortolo Lazzeri, mugnaio del paese.
Dopo una tranquilla infanzia, frequentò con profitto la scuola del paese. Adolescente, si dedicò presto al lavoro nel mulino, nei campi e al pascolo, alla preghiera e all’aiuto dei sofferenti. Si prese anche cura dei bambini, quando andò a prestare servizio presso una famiglia nella vicina Fadana di Cembra.
È di quel periodo il suo amore per la lettura delle vite dei Santi, degli scritti di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, ma soprattutto dei racconti della Passione e morte di Gesù, per i quali dimostrava una spiccata predilezione.
Una ragazza laboriosa
La morte del padre, avvenuta il 25 o il 26 febbraio 1828, recò a Maria Domenica, che aveva circa tredici anni, grande dolore. Quando si fu ripresa, cominciò a lavorare al mulino al posto del padre.
Mentre aspettava di versare nuovamente il grano, pregava, leggeva o meditava. Faceva lo stesso anche negli attimi di riposo durante il lavoro nei campi. In paese era ritenuta una ragazza seria, laboriosa e virtuosa.
La malattia contratta mentre serviva gli ammalati
Fra i diciassette e i diciott’anni, fu contagiata da un’epidemia influenzale detta “grip”, durante la quale si era prodigata nella cura degli ammalati. Sua madre, con la quale svolgeva quel servizio, guarì, ma lei non sembrava riprendersi.
Cominciò a soffrire d’inappetenza, difficoltà respiratorie, con febbre e tremiti che diventavano convulsioni. In più, nella notte del 3 giugno 1833, mentre si trovava nel mulino, fu quasi aggredita da alcuni sconosciuti, che però non riuscirono a forzare la porta.
L’anoressia e le stimmate
Dall’aprile 1834, la ragazza rimase bloccata a letto, incapace di prendere cibo né bevanda. Dal 2 maggio 1834 non riuscì nemmeno più a prendere sonno. L’unico alimento che riusciva a ricevere era la Comunione eucaristica, che non le causava nessun disturbo.
Nel gennaio 1835 ricevette le stigmate alle mani e ai piedi e nel lato destro del costato. Nel febbraio 1835, inoltre, le si manifestarono trenta-quaranta piccole ferite sulla fronte, che sanguinavano ogni venerdì.
Un caso clinico molto particolare
Il suo caso attirò l’attenzione di illustri clinici, fra i quali il primario dell’Ospedale Civico e Militare di Trento, dottor Leonardo Cloch, che studiò i fenomeni con attenzione, pubblicando una relazione negli “Annali Universali di Medicina” nel 1837.
Con la collaborazione del dottor Antonio Faes dell’Università di Padova, stese analoghe relazioni presentate alla Sezione Medica degli scienziati italiani, riuniti nei Congressi di Napoli (1845), Genova (1846), Venezia (1847).
La fama della giovane di Capriana superò ben presto i confini del Trentino, diffondendosi in tutta Italia e in Europa. Vari editori europei, dal 1836 al 1848, giudicando il fenomeno degno di essere conosciuto, presero a stampare varie opere divulgative, i cui autori spesso erano testimoni oculari, colpiti sia della straordinarietà della malattia, dalle stigmate, ma soprattutto della virtuosa capacità di sopportazione delle incredibili sofferenze e dallo spirito di preghiera, che riscontravano in Maria Domenica.
La sua vicenda attrasse l’attenzione e la visita personale a Capriana di medici che avevano analizzato le esperienze di altre stigmatizzate o presunte tali, provenienti da tutta Europa e dalle più celebri Università. Fu oggetto di vari dibattiti religiosi e culturali dell’epoca, mentre divampava la polemica giornalistica tra i gruppi cattolici e le associazioni protestanti.
I doni eccezionali e i permessi speciali
Pur essendo immobile nel letto, e non avendo proseguito gli studi oltre le classi elementari, Maria Domenica riusciva a sentire le omelie in lingua tedesca dalla chiesetta di Anterivo, paesino limitrofo, e quelle in italiano dalla chiesa di Capriana. Oltre a questo, scomparve più di una volta dal suo letto per ritrovarsi a Caldaro (Bolzano) o a Cermes (Bolzano) a pregare con altre due stigmatizzate sue contemporanee.
Non ebbe un direttore spirituale fisso, ma fu comunque seguita dai sacerdoti in servizio a Capriana: il curato don Michelangelo Santuari e i Primissari, don Antonio Eccel, don Giuseppe Degiampietro e, in particolare, don Paolo De Paoli, grazie al quale, nel 1838, ottenne il permesso, assai raro per l’epoca, di poter avere ogni settimana la celebrazione della Messa nella sua stanza.
Con un rescritto del 14 dicembre 1838, inoltre, papa Gregorio XVI le concesse l’indulgenza plenaria una volta al mese e l’indulgenza plenaria “in articulo mortis”, lucrabile, oltre che da Maria Domenica stessa, dai suoi parenti fino al secondo grado. A ventisei anni perse anche la madre; dato che gli altri fratelli si erano tutti sposati e avevano lasciato la casa paterna, rimase ad assisterla la sorella Margherita.
Un carisma accettato per volere di Dio
Secondo alcuni documenti del tempo, si apprende da un suo confessore che la Madonna le aveva domandato: «Vuoi tu godere le insanguinate piaghe di Gesù?». La giovane aveva risposto: «Se ne sono degna e se lo merito, sia fatta la tua volontà».
Questo rivivere la Passione di Gesù non fu un carisma subito capito; la stessa Maria Domenica sperimentò con paura quanto le stava accadendo. Tuttavia, quando i fenomeni non solo continuarono, ma si intensificarono, mentre i medici non davano spiegazioni scientifiche, allora si mosse un fiume di visitatori da tutta Europa e non solo, superando l’asperità delle vie di accesso al suo piccolo paese montano.
Visitatori illustri e gente comune dalla “beata Meneghina”
Padre Beda Weber, Anatole de Segur, Ernesto de Moj, il vescovo benedettino John Beda Polding, Streiter, Connely, Edmond de Cazalès, il conte Shrewsbury, l'Arcivescovo di Sydney, il beato Antonio Rosmini; questi solo alcuni dei nomi dei personaggi illustri che la raggiunsero. Dottori in medicina, religiosi cattolici e non, filosofi e gente comune, tutti si staccavano da lei, colmi di serenità, pace, edificati e redenti, convinti della sua santità.
Aveva cominciato a essere nota come “l’Addolorata di Capriana”, “la Dolorosa di Capriana”, “la Paziente di Capriana”, “il Crocifisso vivente” o anche “la beata Meneghina”; quest’ultimo è un diminutivo di Domenica.
Dato che al tempo la fotografia aveva iniziato a essere esercitata, ma non era ancora diffusa globalmente, non vennero realizzati suoi ritratti fotografici. Cominciarono invece a circolare delle stampe: quella che poi divenne la base per i ritratti successivi la raffigura distesa a letto, con le stimmate ben visibili e con le mani giunte.
L’attenzione da parte del principe-vescovo di Trento
Fu necessario da parte del principe-vescovo di Trento, il beato Giovanni Nepomuceno De Tschiderer, mettere in atto severe misure d’accesso alla casa di Capriana, assecondando le richieste della stessa Meneghina, che non riusciva a sopportare tante visite, specie quelle dei curiosi: temeva di perdere la tranquillità necessaria ad alimentare il suo spirito nella meditazione e nella preghiera.
Lo riferì anche a padre Beda Weber, che un giorno, tornando alla sua casa, l’udì mormorare in dialetto trentino un lungo discorso, che si concluse con queste parole: «Voglio soffrire fino alla fine del mondo, se così piace al mio Signore e Dio. La sofferenza è la mia salvezza».
Lo stesso vescovo De Tschiderer, prudentemente, non la visitò mai, né si espresse in modo ufficiale sulla stigmatizzazione e le altre manifestazioni, ma incaricò il curato di Capriana di seguirla e di essere messo al corrente di ciò che le accadeva. Ne parlò esplicitamente e positivamente nelle relazioni diocesane “ad limina” per la Santa Sede. Non esitò, nel tempo, a prendere le sue difese contro notizie false e parziali della stampa inglese.
La morte e la fama di santità
Maria Domenica morì nella sua casa di Capriana il 4 aprile 1848, senza nessuna agonia, ripetendo le ultime parole di Gesù in croce: «Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito». Aveva trentatrè anni, quindici dei quali trascorsi in quelle singolari condizioni. Alla sua morte il Vescovo fece suonare a lutto il campanone della cattedrale di Trento.
Il suo ricordo seguì i numerosi emigranti della zona, che lo diffusero e tennero vivo anche in Stati lontani. La venerazione per la “beata Meneghina” non cessò mai, anche se subì variazioni d’intensità nel tempo.
L’Associazione Amici della Meneghina
Nel 1943 i capifamiglia di Capriana, Carbonare e Anterivo organizzarono una raccolta di offerte in denaro, versate alla Curia di Trento, per l’avvio della causa di beatificazione di Maria Domenica. Tuttavia, l’iniziativa non ebbe esito, anche a causa della seconda guerra mondiale.
Nel 1990 fu pubblicato un avviso sacro, riportato anche in tedesco e affisso sulle porte delle chiese di quei paesi: conteneva un appello, rivolto a chiunque avesse interesse a riprendere la causa, a versare un’offerta sul conto corrente della Cassa Rurale di Capriana. L’iniziativa ebbe una risposta generosa e portò alla costituzione dell’Associazione Amici della Meneghina, riconosciuta Ente Morale il 18 dicembre 1990, il cui statuto fu redatto il 29 dicembre dello stesso anno.
L’Associazione ha provveduto, nel corso degli anni, a restaurare la casa della Modesta (sua lontana parente) e il mulino dove lei lavorava, che sono diventati meta di pellegrinaggio.
La causa di beatificazione e canonizzazione fino al decreto sulle virtù eroiche
Grazie al rinnovato interesse sulla sua figura, fu quindi possibile avviare le prime fasi della causa, la quale ottenne il nulla osta dalla Santa Sede il 9 febbraio 1995. L’inchiesta diocesana si svolse a Trento dal 14 aprile 1995 al 14 settembre 2000; gli atti processuali ottennero il decreto di convalida il 22 giugno 2001.
Le spoglie mortali di Maria Domenica, precedentemente sepolte nel cimitero cittadino di Capriana, vennero traslate l’11 settembre dell’anno 2000 sotto l’altare di sinistra nella chiesa parrocchiale di San Bartolomeo dello stesso paese.
La causa venne esaminata con esito favorevole il 12 novembre 2019 dai consultori storici e il 13 ottobre 2022 dai Consultori Teologi. Infine la sessione dei Cardinali e Vescovi per esaminare se avesse veramente vissuto l’eroicità si tenne il 21 marzo 2023.
Il 23 marzo 2023, ricevendo in udienza il cardinal Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto con cui Maria Domenica veniva dichiarata Venerabile.
Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini
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