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Meaco (Giappone) – Nagasaki, 18 novembre 1619
Martirologio Romano: A Nagasaki in Giappone, beati martiri Leonardo Kimura, religioso della Compagnia di Gesù, Andrea Murayama Tokuan, Cosma Takeya, Giovanni Yoshida Shoun, Domenico Jorge, arsi nel fuoco in quanto cristiani.
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L’evangelizzazione del Giappone, iniziata con il gesuita s. Francesco Xavier e con i suoi confratelli, e sviluppata notevolmente nei decenni successivi al 1549, ebbe nella sua sofferta evoluzione due periodi di persecuzione efferata, a conferma che ogni opera missionaria ha versato sempre il suo tributo di sangue, quale seme fecondo di nuovi cristiani. La prima iniziata il 9 dicembre 1596 ad opera dello ‘shogun’ Hideyoshi, portò al martirio i primi 26 cattolici fra cui tre gesuiti giapponesi e sei francescani, crocifissi e trafitti il 5 febbraio 1597, nella zona di Nagasaki sulla ‘santa collina’; i martiri furono proclamati santi da papa Pio IX nel 1862. La seconda persecuzione, dopo un proficuo periodo di pace che vide l’arrivo di altri missionari, non solo gesuiti e francescani, ma anche domenicani ed agostiniani, si scatenò ad opera dello ‘shogun’ Ieyasu, dal 1614 e con i suoi successori fino al 1632; una furiosa carneficina che colpì missionari, catechisti, laici di ogni condizione sociale, perfino bambini e intere famiglie; uccisi secondo lo stile orientale, fra vari e raffinati supplizi. La maggior parte dei martiri, che furono migliaia, morirono legati ad un palo e bruciati a fuoco lento, cosicché la ‘santa collina’ di Nagasaki, già teatro della prima persecuzione, fu sinistramente illuminata dalla fila di torce umane per parecchie sere e notti; altri martiri furono decapitati o tagliati membro per membro. Di questa seconda, più lunga e numerosa persecuzione, raccogliendo testimonianze, la Chiesa ha potuto riconoscere, fra le varie migliaia di vittime, la validità storica del martirio per almeno 205 di esse, che papa Pio IX, il 7 luglio 1867 proclamò Beati.
Fra essi si annovera il beato Yochida Xoum e sua moglie Maria; nato a Meaco, si trasferì da giovane a Nagasaki dove incontrò i padri della Compagnia di Gesù, ricevendo l’educazione cristiana e il battesimo con il nome di Giovanni. Dopo il matrimonio con Maria anche lei cattolica e dal quale nacquero dei figli, continuò a dare aiuto valido ai Gesuiti nella diffusione del Vangelo. Quando nel 1614, scoppiò con ferocia la persecuzione contro i missionari cristiani stranieri, che vennero espulsi dal Giappone, Yochida Xoum ne ospitò di nascosto alcuni, ben sapendo il rischio a cui andava incontro, giacché chi veniva sorpreso in quest’opera di ospitalità, veniva punito con la morte. Fra i missionari ospitati, vi fu anche il beato martire gesuita Alfonso de Mena († 1622), che venne scoperto nella sua casa il 15 marzo 1619 e imprigionato; anche Giovanni Yochida fu arrestato e rinchiuso nelle carceri di Nagasaki. Il 17 novembre 1619 fu interrogato dal governatore Gonrocu che tentò invano di fargli rinnegare la fede cristiana. Il 18 novembre con altri quattro compagni (Leonardo Kimura gesuita, Murayama Tokuan Andrea, Takeya Cosma, Jorge Domenico), fu arso vivo sulla collina di Nagasaki. Le ossa dei cinque martiri furono spezzate e gettate in mare, i cristiani riuscirono a recuperarne alcune. La moglie Maria, sopravvissuta allora, subì poi il martirio tre anni dopo, venendo decapitata il 10 settembre 1622 e ricordata appunto in tale giorno. Il beato Yochida Xaum (Giovanni), è ricordato nel martirologio Romano il 18 novembre.
Autore: Antonio Borrelli
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