Perdere la mamma nei primi anni di vita può segnare dolorosamente tutta l’esistenza, anche se papà non ti lascia mancar niente e, anzi, cerca di sostituirla, almeno nell’affetto e nella delicatezza. Francesco (nato giusto 100 anni fa a Torrito, Bari), poi, è particolarmente sfortunato perché gli muore anche la matrigna, lasciando in casa altri due figli piccoli da crescere. La sua istruzione non va oltre la seconda elementare, in compenso diventa esperto come pochi nella potatura, specialmente di mandorli ed ulivi. Il che non gli impedisce di restare comunque sempre un semplice contadino e, in quanto tale, di suscitare qualche classista perplessità in una famiglia di artigiani, che nella vicina Grumo Appula si son distinti nell’arte della lavorazione del legno ed alla quale un bel giorno Francesco chiede di poter sposare la loro Teresa, che è davvero una bravissima ragazza e che si è formata nell’Azione Cattolica. Manco a dirlo, a vincere è l’amore e i due si sposano, sulla soglia dei 30 anni, ad aprile 1942, mentre Francesco è al fronte, grazie ad un mese di licenza, terminato il quale deve tornare al suo battaglione, prima a Torino, poi a Cuneo, infine a Catania. Uno dopo l’altro, sette figli vengono a rallegrare la casa di Francesco e Teresa; una ritorna in paradiso dopo appena poche ore di vita, l’altra, Mina, a 15 anni per una cardiopatia, lasciando dietro di sé il profumo di una vita sbocciata in Dio. Mamma Teresa, che se la vede morire tra le braccia, ha il coraggio di rincuorare gli altri: questa donna semplice sta maturando una fede adulta, nutrita di preghiera e di Eucaristia. “Quando invoco il Signore non so solo pregare, ma piango e lo sento vicino. Egli è lo Spirito Onnipotente, mi vede, mi giudica e mi vuole sempre vicina”, si lascia scappare qualche volta, sollevando un po’ il velo sul suo intenso cammino spirituale. Questa donna dolce e premurosa cammina in perfetta sintonia spirituale con Francesco, dal carattere meno espansivo ed a tratti con qualche venatura di eccessiva severità, la cui fede è però altrettanto limpida e coerente. Esigente con sé e con gli altri, lavora sodo come addetto all’acquedotto pugliese e poi nei campi di famiglia, per ricavare da essi quel che serve per sfamare la famiglia e per far studiare tutti i figli. I due genitori possono tirare “un sospirone forte” il 28 giugno 1973 per il figlio Antonio, ordinato sacerdote paolino, la cui festa è un po’ “come la raccolta di 17 anni di stenti, di lavoro, di ansie e preoccupazioni”. Orgogliosi per la grazia di avere un figlio prete, rinsaldano i loro legami con la Famiglia Paolina, entrando nel 1974 a far parte dell’Istituto Secolare della Santa Famiglia, voluto da don Alberione per la santificazione dei laici che condividono la spiritualità ed il carisma della sua Fondazione. Per Teresa e Francesco, che arrivano a questa consacrazione dopo un cammino spirituale non indifferente, la “Santa Famiglia” mette davvero le ali alla loro spiritualità, facendo crescere e perfezionando quanto fino ad allora già hanno cercato di vivere alla luce della fede e die comandamenti di Dio. Nel 1981, al “Forlanini” di Roma, a mamma Teresa viene asportato un cancro dal polmone destro; le cure chemioterapiche cui si sottopone le causano, però, lesioni cerebrali che nel giro di tre anni ne debilitano completamente il fisico fino alla morte, sopraggiunta il 21 maggio 1984. Francesco le sopravvive per quasi 15 anni, vivendo la sua vedovanza nel rimpianto e nella solitudine che solo la fede riesce ad addolcire. A partire dal 1992, tre ictus, altrettante cadute e un’operazione al femore lo costringono piano piano alla sedia rotelle, dalla quale offre un esempio di dolce sopportazione delle sue limitazioni fisiche, illuminate da una continua preghiera. Spira dolcemente, andando a raggiungere la sua Teresa, il 18 novembre 1998. Più di 60 vescovi si sono favorevolmente espressi sull’opportunità pastorale di avviare la causa di beatificazione di Francesco e Teresa Ugenti. E Dio voglia che l’assoluta “ferialità” della loro vicenda cristiana porti qualche nostro lettore a concludere che è davvero imitabile questa loro “santità tra le mura di casa”: sarà un’iniezione di fiducia per tutte le famiglie e sicuramente ne guadagnerà lo stile di vita delle nostre comunità parrocchiali.
Autore: Gianpiero Pettiti
Note:
per approfondire: www.coniugiugenti.altervista.org
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