Con la beatificazione, in questi ultimi due decenni, di quasi mille martiri della guerra civile spagnola si può dire che ogni categoria lavorativa è oggi ufficialmente rappresentata in paradiso. I laici, nella stragrande maggioranza provenienti dalle fila dell’Azione Cattolica, sono, infatti, così significativamente rappresentati tra le centinaia di beati tra vescovi, preti e religiosi, da poter offrire ad ogni lavoratore un modello ed un protettore contemporaneo. Questa settimana, ad esempio, vogliamo portare alla ribalta un avvocato, la cui vita esemplare è sufficiente a riscattare la fama dell’Azzeccagarbugli di manzoniana memoria, entrata forse nell’immaginario collettivo. Come a dire che il suo martirio non fu improvvisato, bensì logica conclusione e degno coronamento di una vita interamente illuminata dalla fede. Nasce il 7 novembre 1876 a Valencia, figlio di un comandante della Guardia Civile che lo lascia orfano a 14 anni. Oltre che per necessità, si sente in dovere, come primogenito di sette tra fratelli e sorelle, di prendersi a carico la famiglia nel senso più vero del termine: sarà il babysitter, l’accompagnatore, il compagno di giochi, l’educatore di tutti, senza per questo trascurare la scuola, dove, infatti, si diploma con la menzione d’onore. Scontato che, così intelligente e dotato, decida di proseguire gli studi: si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Valencia, laureandosi a pieni voti e vincendo, per di più, un premio straordinario come miglior studente di Diritto di tutta la Spagna. La sua religiosità dell’infanzia si irrobustisce e si consolida nella giovinezza grazie all’Azione Cattolica, che lo forma e lo prepara ad occupare cristianamente il suo posto nella società. I suoi compagni ricordano che è sua abitudine studiare davanti al crocifisso o ad un’immagine religiosa, quasi a ricevere da questi simboli motivazione e slancio nello studio. Apre uno studio da avvocato e subito lo apprezzano per la serietà, l’onestà e la dirittura morale. Il lavoro non gli impedisce di dedicare tempo ed energie alle opere di carità, alle pratiche religiose e all’apostolato. Eccolo, dunque, operoso e infaticabile, a lavorare per i poveri della San Vincenzo; eccolo abitualmente partecipare alla messa e accostarsi alla comunione, pratica giornaliera alla quale resterà fedele per tutta la vita; eccolo animatore dei gruppi cattolici di tutta la diocesi, dagli Operai Cattolici, agli Uomini di Azione Cattolica. Parla bene e si fa ascoltare volentieri; è talmente coerente nella vita di ogni giorno da risultare anche credibile. Si è sposato nel 1904 con Dolores, una ragazza che condivide i suoi ideali e la sua forte spiritualità ed è un matrimonio benedetto da ben dieci figli. Nel 1936, quando la Guerra Civile spagnola raggiunge il culmine della violenza assumendo i connotati di una e propria persecuzione religiosa, l’avvocato che “puzza troppo d’incenso” viene subito preso di mira: lui, imperturbabile, continua la sua attività di sempre, con il solito impegno, con la consueta serenità. Anzi, accetta anche di diventare l’avvocato del vescovo, incarico che tanti hanno rifiutato per paura di esporsi troppo. Rifiuta ogni consiglio di moderare il suo impegno e di limitare il suo apostolato, come pure di nascondersi: non ha paura e, contemporaneamente, non vuole abbandonare il figlio Carlo, gravemente ammalato. Lo arrestano il 25 ottobre insieme al figlio Alberto, e davanti ai giudici, alla richiesta se è cattolico, risponde con fierezza “Cattolico apostolico e romano”. Lo tengono in carcere. Sopporta la prigione con serenità, affronta le torture con estrema dignità, fino a pochi giorni prima di Natale. Alle figlie, che chiedono sue notizie, la direzione del carcere assicura che è imminente la sua liberazione. E’ proprio una di esse a scoprire, alla vigilia di Natale, a scoprire il cadavere di papà e del fratello tra i corpi ammassati nel cimitero di Valencia: fucilato come gli altri, forse quello stesso giorno, forse il giorno precedente, e poi finito con un colpo alla nuca. Perché “troppo cattolico”, perché non erano riusciti a piegarlo nel suo desiderio di restare “fedele a Dio, alla Chiesa e alla Patria”. La Chiesa ha riconosciuto autentico martirio la morte dell’avvocato Paolo Meléndez Gonzalo e Giovanni Paolo II° lo ha beatificato l’11 marzo 2001.
Autore: Gianpiero Pettiti
Pablo Meléndez Gonzalo, fedele laico, nacque a Valencia il 7 novembre 1876, primo di sette figli. Il 9 novembre 1876 ricevette il battesimo nella chiesa dell’ordinariato militare di Santo Domenico di Valencia, poiché suo padre era comandante della guardia civile. A soli quattordici anni rimase orfano di padre e divenne così l’appoggio di sua madre. Dall’anno seguente aderì a diverse associazioni cattoliche. Ottimo studente di Diritto, ottenne il premio massimo di carriera di tutta la Spagna.
Il 25 gennaio 1904 convolò a nozze con Dolores Boscá Bas e da questo matrimonio nacquero ben dieci figli. Fu direttore del giornale cattolico “La voz de Valencia”, consigliere comunale, vice sindaco di Valencia e deputato provinciale. In tutti questi incarichi Pablo Meléndez Gonzalo non mancò mai di essere strenuo difensore degli interessi della Chiesa. Avvocato dell’arcivescovo di Valencia, esercitò il gratuito patrocinio anche per alcune congregazione religiose ed opere ecclesiastiche. Fu infine il primo Presidente diocesano dell’Azione Cattolica di Valencia.
Allo scoppio della guerra civile spagnola, Pablo fu arrestato il 25 ottobre 1936 e durante la sua prigionia non mancò mai di dimostrarsi esemplare nell’esercizio della carità. Morì martire, insieme con suo figlio Alberto, il 24 dicembre 1936 presso Castellar. Papa Giovanni Paolo II lo ha beatificato l’11 marzo 2001 con altre 232 vittime della medesima persecuzione.
Autore: Fabio Arduino
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