Discendente dalla famiglia di s. Gregorio Illuminatore e nipote di s. Iusik, Narsete nacque ca. l'a. 330 da Athanagines, figlio di Iusik e da Bambish, figlia del re armeno Tiran. Dopo avere ricevuto un'educazione corrispondente al suo stato principesco, frequentò le scuole elleniche di Cesarea. Sposato con la figlia del principe Vardan Mamikonian, Sahaktucht, ebbe un figlio che chiamò Sahak, il futuro grande Katholicos santo. Dopo tre anni, mortagli la moglie, Narsete ritornò in patria dove fu assunto dal re come suo camerlengo. Nel 350 Arshak, figlio di Tiran, succedeva al padre sul trono del regno armeno, e cominciava a ristabilire l'ordine fra i principi, affidando a ciascuno il proprio ufficio ed il posto che gli competeva per successione; Tiran, infatti, aveva usurpato tutti i loro diritti. In questa occasione anche i principi chiesero al re di ristabilire alla sede katholicossale, com'era consuetudine, un discendente della famiglia di s. Gregorio. Il re acconsenti alla proposta e, d'accordo con i principi e con il popolo, scelse il camerlengo reale, il giovane Narsete che Fausto (Storia, IV, 3) descrive: « Di statura alta e di una bellezza eccezionale, ma nel medesimo tempo timoroso di Dio ed osservante dei precetti divini, sapiente e modesto, caritatevole e misericordioso, casto e sobrio nella vita coniugale, ed esemplare nel servizio militare ». Saputo dell'acclamazione popolare e del beneplacito del re, Narsete rifiutò l'elezione e per convincerli, cominciò ad accusarsi di peccati che non aveva mai commesso. Il popolo, incredulo, si assunse tutta la responsabilità di quei peccati, mentre il re, per troncare la questione, prese la spada dalle sue mani e gli tagliò la chioma. Quindi i vescovi armeni, su invito del re, si radunarono in un sinodo per eleggerlo canonicamente Katholicos dell'Armenia; poi lo inviarono a Cesarea per l'ordinazione sacerdotale e la consacrazione episcopale, accompagnato da otto principi e da una parata militare, come era consuetudine dai tempi di s. Gregorio. Fausto afferma che a Cesarea Narsete fu consacrato dal metropolita Eusebio, e la data di tale consacrazione, come risulta dall'analisi dei dati storici, sarebbe il 353. A quest'epoca, però, secondo la Series Episcoporum pubblicata dal Gams, il metropolita di Cesarea era Dianeo (341-362); tuttavia in un documento armeno antico, che riporta la serie dei vescovi di Cesarea dall'inizio fino ai tempi di Elladio, troviamo notato per Eusebio: « Questi consacrò Nerses e rimase sulla sede per anni 19 ». Quindi essendo nota la data della morte di Eusebio (370), quella dell'inizio della sua carriera, secondo il documento, dovrebbe essere l'anno 352; tutto ciò, unito ad altri dati, confermerebbe come data di consacrazione di Narsete l'anno 353. Dopo il ritorno alla sua sede episcopale, Narsete convocò un sinodo i cui Atti non ci sono pervenuti, ma di cui Fausto ha conservato un riassunto: Narsete ordinò la costruzione di ospedali e di ospizi per i lebbrosi e per tutti i poveri della città che dovevano essere ricoverati in questi luoghi e mantenuti dalla carità dei fedeli; vietò sotto severe pene l'usanza superstiziosa di piangere i morti secondo i riti pagani; decretò leggi per regolare il matrimonio cristiano e la vita coniugale; inflisse pene contro tutti i vizi e i delitti. Esortò inoltre il re, i principi e tutti coloro che esercitavano l'autorità, ad essere miti verso i propri sudditi, e a non gravarli di tasse eccessive. Ai sudditi ordinò di rendere perfetta obbedienza e fedeltà alle autorità. Infine istituì in diversi luoghi scuole di lingua greca e siriaca, per l'educazione della gioventù ed in particolare degli ecclesiastici. Fausto loda l'ordine e la prosperità della Chiesa armena ai tempi di Narsete e scrive: « Ai suoi tempi le chiese godevano della pace e tutti i vescovi erano circondati di rispetto in tutta l'Armenia; le chiese erano colme di pompa e di magnificenza; il clero aumentava di numero, ed egli costruiva in tutto il paese nuove chiese e monasteri per i monaci. Egli stesso liberò molti dalla schiavitù; aiutava le vedove e gli orfani, ed ogni giorno ospitava molti poveri alla sua tavola. Benché avesse istituito ospizi per i poveri e gli indigenti, accettava nel suo palazzo chiunque venisse a chiedere aiuto, ed egli stesso li lavava, li ungeva e distribuiva loro il cibo » (Storia, IV, 4). Con l'istituzione degli ospizi e dei lebbrosari iniziò nell'Armenia quell'opera sociale che doveva continuare nei secoli seguenti a cura della Chiesa armena. Tutti i fedeli erano invitati ad aiutare queste opere; anzi, furono emanati anche canoni penali, che infliggevano come pena l'aiuto in denaro o in lavoro a questi ospizi. L'organizzazione fondata da Narsete è quindi una delle prime del genere che s'incontrano nella storia. Come capo della Chiesa armena, aveva anche compiti nella vita civile e politica del regno; infatti a lui era affidato il tribunale. Il re stesso lo mandò alla corte di Bisanzio per trattare con l'imperatore. La sua prima missione fu, nel 354, presso l'imperatore Costanzo II, con il quale stipulò un trattato di alleanza. Ritornò in patria riportando con sé i due nipoti del re Arshak, trattenuti presso l'imperatore come ostaggi, e la figlia di un prefetto dei pretoriani, Olimpia, come moglie per il re. Ma la collaborazione tra Narsete e Arshak non durò a lungo, poiché quest'ultimo seguiva nella vita privata e sociale soltanto i propri interessi, non dando ascolto alle ammonizioni del vescovo. Il motivo fondamentale e decisivo della rottura tra i due fu l'uccisione di Gnel, nipote dello stesso re, avvenuta nel 359. Narsete esortò il sovrano a desistere dal suo delitto, ma questi, non solo non ritirò l'ordine dell'uccisione, ma prese anche la moglie della vittima. Il vescovo allora lo scomunicò, ritirandosi dal suo ufficio. Arshak elesse al suo posto Ciunak invitando i vescovi armeni a consacrarlo, ma, ad eccezione di due, nessuno accettò l'invito. Ciunak, che non ebbe alcuna giurisdizione ecclesiastica e si accontentò di accompagnare il re, non fu preso in considerazione dai vescovi armeni i quali affidarono l'ufficio di Narsete a Iussik che rappresentò la Chiesa armena nel sinodo di Antiochia (364), come si legge tra i firmatari della lettera sinodale indirizzata all'imperatore Gioviano (cf. Socrate, Hist. Eccl., III, 25). Il ritiro di Narsete nei suoi possedimenti ad Ashtishat durò per tutto il periodo del regno di Arshak, ma quando questi fu fatto prigioniero dal re sassanide Shapuh, su invito dei principi armeni, che resistevano all'invasione persiana, verso il 367 accettò di nuovo l'incarico. Tornò allora a Costantinopoli per stringere amicizia coll'imperatore Valentiniano I (364-375) e far incoronare il figlio di Arshak, Pap, re d'Armenia. L'imperatore accettò la proposta impegnandosi ad aiutare il nuovo re. Tornato in patria dopo il felice esito della missione, portò anche aiuti militari e potè assistere alla battaglia di Zirav in cui gli armeni riportarono la vittoria ed il re Pap potè stabilirsi sul suo trono. Riprendendo il suo ufficio Narsete si dedicò interamente alla cura pastorale del popolo. Partecipò anche ai sinodi provinciali di Cesarea: nel 372 troviamo infatti il suo nome, con quello di altri due vescovi armeni, nella lettera del sinodo di Cesarea, al quale presiedette s. Basilio (Basilio, Ep. 92). Ma anche il re Pap, come suo padre, non voleva ascoltare le ammonizioni di Narsete, anzi, risentito dei suoi rimproveri, lo fece avvelenare durante una festa, alla quale lo aveva invitato col pretesto di voler riappacificarsi. Il santo vescovo mori, nel 373, dopo essere ritornato al suo palazzo, circondato dai suoi amici e dai suoi discepoli. Gli storiografi moderni non concordano circa l'uccisione da parte del re armeno, mentre il contemporaneo Fausto lo asserisce apertamente, né vi sono motivi seri per negarlo. Non sono invece accettati l'esilio di Narsete da parte dell'imperatore Valentiniano, con il quale avrebbe avuto una discussione teologica circa l'arianesimo, e la sua partecipazione al concilio di Costantinopoli nel 381, in quanto la sua morte è fissata al 373. Narsete fu sepolto a Thil, nella chiesa del villaggio di Erzerum, ove erano già stati sepolti tutti i suoi santi antenati e la tomba fu meta di pellegrinaggio fino all'invasione araba (sec. VII). In questo periodo la chiesa fu distrutta e non ci si curò più della tomba del santo fino al sec. XIII. Nel 1272, in seguito ad una visione, furono trovate le sue reliquie e il vescovo della diocesi, Sarkis, ordinò di costruire sul posto una chiesa a lui dedicata. Questa chiesa fu anche, da allora in poi, la cattedrale della sede vescovile. La Chiesa armena celebra la festa di Narsete nella settimana della quarta domenica dopo Pentecoste.
Autore: Paolo Ananian
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