Tabina è una piccola località di S. Maria di Sala, provincia di Venezia, diocesi di Padova. La chiesa parrocchiale è a Caselle. Terra di buona gente dalla vita intessuta di lavoro e di fede. All'inizio del secolo, molti lavoravano nelle terre dei padroni del luogo, pochi in proprio. Tra questi, c'era la famiglia Sartorato, papà maniscalco, mamma casalinga. Il lavoro di fabbri ferrai e di maniscalchi si tramandava, in famiglia, da molte generazioni. Il 2 luglio 1903, in questa famiglia, nasce Mario Sartorato, primo di dieci fratelli. Il bambino cresce, intelligente e riflessivo, ricevendo dai genitori un'educazione cristiana semplice e forte: Dio, Gesù Cristo al primo posto, la preghiera quotidiana, la fedeltà alla Messa festiva, ai Sacramenti e al Rosario, il lavoro per vivere e per servire il prossimo. Mario cammina verso il suo futuro, con i fratelli che gli arrivano al fianco, con questo stile di vita. A sei anni va a scuola che frequenta fino alla terza elementare: impara a leggere, a scrivere e a far di conto e basta. Ma nella chiesa parrocchiale di Caselle, c'è una presenza che lo attira: Gesù. Per lui, Gesù è il Vivente da amare, specialmente dopo il giorno della sua prima Comunione. Il suo parroco, Mons. Pietro Simoniato, e il cappellano don Fortunato Tescari intessono tra lui e il Cristo un dolce forte rapporto di vita. Il ragazzo si sente presto interpellato da Cristo: «Se vuoi, vieni e seguimi». Lo dice in casa: Papà, mamma, vorrei andare in seminario a Padova, a farmi prete...». Il papà gli risponde: «Sei il primo dei fratelli, puoi aiutarmi nel lavoro, vedi che ho una mano malata».
Apostolo laico Mario decide di restare a casa a lavorare con il padre, ma non rinuncia a donare tutta la sua vita a Cristo. Approfondisce la sua cultura religiosa: non gli basta il catechismo di Pio X che pure sa a memoria, ma, aiutato da don Fortunato, medita il Vangelo, studia, prega intensamente, si prepara alla sua missione di domani: essere apostolo laico di Gesù. Adolescente, entra nell'Azione Cattolica. Frequenta gli incontri parrocchiali e vicariali. Si forma una forte personalità cristiana. I giovani «più grandi», in quegli anni tremendi della prima guerra mondiale, sono al fronte e combattono dal Garda all'Isonzo. Mario prega, soffre, lavora nella sua officina, si fa ben volere e stimare da tutti. La Messa non solo alla domenica, ma sempre più spesso durante la settimana, fino a ricevere ogni giorno la Comunione, anche se ciò significa alzarsi più presto degli altri, percorrere a piedi alcuni chilometri di strada, ma di Gesù non può fare a meno, perché per lui Gesù è tutto. Nasce in lui il giovane uomo «uno in Cristo»: sa che deve vivere Cristo nell'intimità del suo cuore, nella casa e sul lavoro, in parrocchia, sulla piazza, in compagnia degli amici. Intuisce che lui, laico con terza elementare, ha una grande missione da compiere: portare agli altri Gesù che è la soluzione di tutti i problemi della vita e della società. La mamma lo trova più volte nella sua stanzetta, mentre, dopo una giornata di duro lavoro, sta preparandosi sui testi che gli ha passato il parroco, all'insegnamento della dottrina cristiana o agli incontri zonali che deve tenere. Ben presto è diventato catechista, qualche tempo dopo, attivissimo nell'Azione Cattolica: il motto dell'Associazione «preghiera, azione e sacrificio» diventa il suo programma. Gesù eucaristico è la sua passione, il Rosario alla Madonna è la sua preghiera prediletta, San Luigi Gonzaga è il suo modello di vita: ne studia la figura e ne imita le virtù, specialmente la purezza, la virtù degli uomini liberi e forti, mai facile in nessun tempo, eppure il segreto della gioia. Non ancora diciottenne è nominato presidente dell'Adone Cattolica giovanile di Caselle; di tì a poco è eletto presidente vicariale per 12 parrocchie. Il sacrificio è notevole: lavora sodo tutto il giorno, poi alla sera, di domenica, nel tempo libero è presente nella sua parrocchia, nelle altre parrocchie, a Padova, per animare le attività dell'Associazione, per portare Gesù ai ragazzi, ai giovani che guardano ormai a lui come a un leader. La guerra è finita, ma il clima è aspro e difficile per le rivendicazioni sociali, per le violenze d'ogni genere. C'è bisogno di luce e di pace e questo chi la può dare se non Gesù? Mario riceve in regalo dal padre una bicicletta: così può essere presente con maggior facilità, tutte le sere in parrocchia o nelle parrocchie vicine; tutte le domeniche a Padova. Ha frequentato la 3° elementare, ma stupisce per la sua preparazione umana, sociale e religiosa. Sembra una persona colta, parla con competenza straordinaria, il sorriso sul volto, così da affascinare chiunque. Tutti sentono l'ascendente di questo ragazzo: si nota — come scriveva di sé l'apostolo Paolo — che «non è più lui che vive, ma Cristo che vive in lui» per dilatarsi tra i fratelli. Quando gli altri lo vedono silenzioso o in preghiera, intuiscono che Mario è «diverso», vive in una dimensione soprannaturale, quella degli «intimi di Dio».
Ammirato dal Card. Schuster Nel 1923 ha vent'anni. È un bel giovane, pieno di vita, dallo sguardo limpido e puro come un fanciullo. I suoi occhi profondi rivelano l'uomo che vive di Dio e ha solo l'aspirazione di amarlo e di farlo amare. È chiamato a prestare il servizio militare presso il 27° reggimento di artiglieria di campagna a Milano. In caserma gli affidano l'incarico di maniscalco. L'ambiente è difficile. Mario soffre moltissimo per la lontananza dalla famiglia e perché non può aiutare i suoi nel lavoro. Conosce tutti i lati più oscuri dell'animo umano, ma è un anticonformista, sa andare controcorrente in ogni momento, sa sfidare l'ironia di commilitoni e di ufficiali contro il suo stile cristiano di vita. Un giorno un compagno lo invita a frequentare, come fanno certi giovani sotto le armi, un postribolo. Mario gli oppone rifiuto netto e tagliente. C'è chi bestemmia o parla il linguaggio delle tane. Mario risponde con la sua limpidezza di vita, di tratto, di parole, di disponibilità verso tutti. Ben presto lo stimano, perché un giovane così «unificato» da Cristo incute rispetto e non può in fondo non farsi amare. Nel duomo di Milano Mario si reca ogni giorno per pregare davanti al Tabernacolo. Ma come fare a ricevere Gesù quotidianamente come faceva a casa? Gli capita di incontrare in duomo il Card. Schuster, il santo Arcivescovo di Milano: Mario gli espone il suo desiderio. Dopo quell'incontro, può ogni giorno recarsi in duomo alle ore tredici, per ricevere la Comunione: è digiuno dalla mezzanotte, come allora si richiedeva. Tornato in caserma, consuma il suo rancio, felice! Il Cardinale scrive personalmente ai genitori di Mario per raccontare loro la fedeltà alla Comunione eucaristica quotidiana del loro ragazzo durante il servizio militare. Così per diciotto mesi: persino un Principe della Chiesa come il Card. Schuster non può più dimenticarlo! Tornato a casa, riprende il suo umile lavoro di maniscalco e l'attività nell'Azione Cattolica... È il 1925, «anno santo», proclamato da Papa Pio XI. Ilario va a Roma con il papà e con don Fortunato: le manifestazioni di fede cui partecipa nella capitale, l'udienza e l'incontro con il Santo Padre lo rafforzano nella fede, nella dedizione a Cristo e all'apostolato: vive solo più per Lui, unica ragione di vita. Se Pier Giorgio Frassati, il ricco laureando in ingegneria di Torino, morto quell'anno in fama di santità, avesse incontrato Mario Sartorato, maniscalco dalle mani rudi, lo avrebbe sentito fratello, proprio quel Frassati che sognava di fondere in un'unica Associazione Cattolica studenti e lavoratori per essere più forti a testimoniare Cristo e a costruire una società cristiana. Al ritorno da Roma, compra, pagandola di sua tasca, una bella statua di S. Luigi Gonzaga. Non c'era nella sua Chiesa di Caselle e Mario la offre affinché San Luigi sia modello e intercessore per la gioventù del suo paese. Quel giorno si svolge una solenne processione e S. Luigi viene intronizzato nella chiesa parrocchiale in mezzo ad una folla festosa di giovani e adulti.
«Il Cristo mi aspetta» Nell'agosto del 1926 Mario si ammala di tifo. Le cure del tempo servono a nulla. Quaranta giorni di letto per prepararsi all'incontro con il Signore. Lo assistono giorno e notte e suoi genitori e don Fortunato. Mario è sereno, nonostante l'aggravarsi della malattia. Conforta tutti: «Non piangete per me: attendo il giorno felice della morte. Pregherò per voi, cari genitori, fratelli e sorelle che ho tanto amato. Spero che il Signore esaudisca le mie preghiere». Chiede a don Fortunato di ricevere Gesù, Viatico per la vita eterna, e l'Unzione degli Infermi. Prega con i suoi genitori, con gli amici che si fermano, in punta di piedi presso il letto dove il loro «presidente» va incontro al suo Dio. Quando sente che le forze lo abbandonano, chiede ad alta voce: «Papà, dammi il mio Crocifisso: è là che mi aspetta». Lo bacia come si fa con il Volto dell'Amore e spira sereno. È l'alba di domenica 5 settembre 1926. Mario ha 23 anni. Due giorni dopo un corteo interminabile di ragazzi, giovani e adulti si snoda dalla casa del giovane defunto per accompagnarlo in chiesa, a Caselle, poi all'ultima dimora, per dargli l'ultimo saluto. Molti commentano: «È morto un santo». Dopo i funerali, don Fortunato che lo conosceva meglio di tutti, pronuncia una profezia: « Tra molti anni troveranno il suo corpo intatto». Mario viene sepolto provvisoriamente nella tomba dei nonni. Un anno dopo la sua salma passa nella terra, in attesa che il padre, con notevole sacrificio, faccia erigere una cappella di famiglia: qui finalmente Mario trova definitiva sepoltura.
La profezia si avvera Passarono 61 anni. Il 18 settembre 1987 viene decisa frettolosamente la riesumazione della sua salma per far posto al fratello morto quello stesso giorno. Ci sono pochi presenti al mesto rito, ma qualcuno ricorda dentro di sé la profezia di don Fortunato: «Lo troveranno intatto». È pronta la piccola urna per raccogliere i suoi resti. Si apre il loculo: della bara di legno e zinco non ci sono che pochi frammenti. Ma tirano fuori «il giaciglio», ecco appare lui, Mario, completamente intatto, con il Crocifisso tra le mani e il distintivo dell'Azione Cattolica all'occhiello della giacca. Tra lo stupore di tutti che pensano al miracolo che stanno vedendo — la firma di Dio sotto il giovane limpido e puro — la salma di Mario viene messa in piedi contro il muro del cimitero, viene scossa con forza... tuttavia né si affloscia né tantomeno si disfa. È sempre lui, con i segni della sofferenza patita nella malattia, ma intatto, il volto sereno, gli occhi aperti quasi a fissare chi lo guarda stupito. Il suo ricordo si era conservato vivo negli anni e tutte le famiglie tenevano il suo ritratto in casa come invito alla sequela fedele di Cristo. La sua tomba era stata meta di pellegrinaggio e luogo di preghiera, anche da parte di chi aveva solo sentito parlare di lui. Dopo 61 anni, si era avverata la profezia di don Fortunato Tescari: «Lo troverete intatto, il tempo non avrà ragione del suo corpo. Mario è un santo». La sua «fama sanctitatis» è rimasta viva per decenni e lo è ora: ricomposto in una nuova bara e sepolto nella cappella dei suoi cari, è ripreso il pellegrinaggio alla sua tomba e non finisce mai, perché egli è diventato segno tangibile che — come scrisse Montalembert — «il Cristo è vivo e continua ad attirare a Sé la gioventù e l'amore».
Autore: Paolo Risso
|