Il legame tra la città di Piacenza e santa Giustina affonda le sue radici nella notte dei tempi. Già anticamente si venerava in città una santa con questo nome, individuata con santa Giustina da Padova.
Eppure la santa le cui ossa riposano ancora oggi a Piacenza nella Cattedrale a lei intitolata, pare avere nulla a che fare con quella di Padova. Di quale santa Giustina si tratta allora?
La Chiesa riconosce diverse sante chiamate Giustina. Di queste le uniche ad avere un qualche legame con Piacenza, sono santa Giustina da Padova e santa Giustina di Antiochia.
La santa Giustina di Piacenza pare che si debba riconoscere solo inizialmente in quella di Padova. A partire invece dal ritrovamento casuale ad opera dell’antipapa Giovanni Filagato nell’anno 1000 delle reliquie di santa Giustina di Antiochia nella Basilica di santa Rufina a Roma, il culto a Piacenza si sarebbe spostato su quest’ultima. Dette reliquie furono infatti portate in trionfo a Piacenza il 17 agosto del 1001, affinché potessero riposare nella Cattedrale intitolata alla santa e da allora in poi la santa Giustina venerata a Piacenza fu identificata con quella antiochena.
Figlia di un sacerdote pagano, Giustina aveva davanti a sé un futuro ricco e tranquillo. La tradizione la vuole gentile d’animo e di modi, bella d’aspetto e nobile di carattere. Una giovnae che dalla vita avrebbe potuto avere tutto quello che una ragazza della sua età avrebbe sognato: uno sposo all’altezza, dei figli e un futuro tranquillo tra gli agi di quei tempi. A tutto volle rinunciare in nome del suo amore per Cristo. Convertitasi dopo aver ascoltato la predica di un diacono, scelse la verginità e in nome di questo suo altissimo ideale rifiutò le insistenti avances di uno spasimante sfortunato che per convincerla ad innamorarsi di lui, non esitò a ricorrere ai sortilegi del noto mago Cipriano. Questi le inviava i demoni, ma la tradizione racconta che Giustina li cacciava con un semplice soffio della sua bocca e con il segno della Croce. La potenza straordinaria di questa fragile creatura stupì il mago, che finì a sua volta per convertirsi a Colui che è il più potente di tutti: il Cristo. Cipriano comprese che la magia e i suoi sortilegi non potevano nulla sull’Onnipotente. Si lasciò allora conquistare dall’amore per Gesù, il Signore. Uniti dallo stesso amore travolgente per il Crocifisso, Giustina e Cipriano condussero due esistenze esemplari finché furono catturati nel corso delle feroci persecuzioni degli Imperatori Diocleziano e Massimiano. Morirono entrambi martiri per decapitazione sulle sponde del fiume Gallo presso Nicomedia. Correva l’anno 302.
Fin qui la tradizione. Se le cose siano andate esattamente come ce le riporta la storia, non lo sapremo mai. E non ha molta importanza: fatto sta che la figura di Giustina ha attraversato i secoli senza nulla perdere della sua freschezza. La testimonianza di vita di una giovinetta innamorata del Vangelo di Cristo, la coerenza senza tentennamenti nella scelta della verginità, la serenità nell’affrontare il martirio, sono un esempio ancora attuale della radicalità della chiamata di ciascun cristiano. L’esempio di Giustina brilla oggi più che mai come monito al cristiano del Terzo Millennio a prendere sul serio la vocazione alla santità, che è per tutti e per ciascuno.
Così fragile e così potente, verrebbe da dire, pensando a questa ragazza che col solo segno della Croce ricacciava nelle tenebre i demoni inferociti. In fondo Giustina rappresenta la bellezza della vocazione cristiana, unica capace di trasformare per effetto della grazia delle umili creature in colossi di fede, speranza, carità. Giustina vergine, Giustina martire, Giustina giovane e fragile come tante altre, resa tuttavia invincibile dalla potenza di quel Crocifisso nel cui nome spese la sua vita e accettò di buon grado di sacrificarla. Dietro all’apparente sconfitta dei martiri, si cela invece l’eterna vittoria della vita che non muore.
Autore: Gaia Corrao
Sconosciuti alle antiche fonti agiografiche e ignorati dagli antichi martirologi orientali e occidentali, furono introdotti per la prima volta da Beda nel suo Martirologio e, attraverso i martirologi storici, passarono nel Romano, dove sono commemorati il 26 sett.; i Greci, invece, li venerano il 2 ott.
Sulla personalità e l'esistenza storica di questi santi gli studiosi non sono di egual parere: mentre alcuni tra i più antichi, seguiti da qualche moderno, non dubitarono di asserire che Cipriano fu un autentico vescovo e martire di Antiochia, altri, invece, pensano che egli non sia mai esistito come personaggio storico, ma sia stato creato dalla confusione coll'omonimo famoso vescovo di Cartagine. In verità le fonti, sebbene antiche e interessanti dal lato letterario, non sono troppo chiare dal punto di vista agiografico, anzi, contengono evidenti contraddizioni.
Da un sermone di s. Gregorio Nazianzeno pronunziato probabilmente il 3 ott. 379 in onore di Cipriano, si ricava che questi, dopo essere stato un mago, dotto in filosofìa, si convertì al cristianesimo e, fatto vescovo di Cartagine, illustrò la sua Chiesa e tutto l'Occidente con le sue virtù e gli scritti; durante la persecuzione di Decio fu prima esiliato e quindi decapitato; il suo corpo fu nascosto da una donna, ma in seguito ad una rivelazione, fu recuperato ed esposto alla venerazione dei fedeli. Questa tradizione fu conosciuta anche da Prudenzio che vi accenna nel suo carme in onore di s. Cipriano di Cartagine (Peristephanon, XIII, 21-34).
Secondo un componimento poetico dell'imperatrice Eudossia scritto verso la metà del sec. V, invece, Cipriano, già mago e convertito come vuole la tradizione gregoriana, non fu vescovo di Cartagine ma di Antiochia; al tempo della persecuzione di Diocleziano fu arrestato insieme con la vergine Giustina dal prefetto Entolmio che, dopo averli fatti tormentare, li inviò a Nicomedia dall'imperatore; questi li fece decapitare presso il fiume Gallo e insieme con loro fu ucciso anche Teoctisto; i corpi di tutti e tre furono portati a Roma da alcuni marinai e in loro onore la matrona Rufina edificò una basilica presso il foro di Claudio. Il componimento eudossiano ebbe larghissima diffusione nell'antichità e nel Medioevo tanto che, oltre all'originale greco, ne sono rimaste versioni in lingua latina, siriaca, araba, etiopica, slava, ecc.
Ma se la personalità storica di Cipriano, vescovo di Cartagine, è fuori ogni discussione, non altrettanto può dirsi per quella di Cipriano di Antiochia. Il Martirologio Siriaco lo ignora; nel Geronimiano non appare; a Roma una chiesa a lui dedicata non è mai esistita e nei sinassari greci fu introdotto certamente dopo la divulgazione dello scritto eudossiano. Sembra quindi più fondata l'opinione di coloro che negano la sua esistenza storica.
Per spiegare, poi, la doppia e contrastante tradizione di s. Gregorio ed Eudossia nei riguardi di Cipriano, gli studiosi ammettono che già nel sec. IV dovette esistere una leggenda agiografica di cui Cipriano e Giustina erano i protagonisti. Tale racconto, riferito fedelmente da Eudossia e confusamente da s. Gregorio, o per negligenza, data l'improvvisazione del suo discorso, o a ragion veduta per i suoi scopi particolari, ci è pervenuto : consta di tre parti, due delle quali esistevano certamente prima del 379, perché s. Gregorio vi allude espressamente, mentre la terza dovette essere composta tra la fine del sec. IV e l'inizio del V perché è sfruttata da Eudossia. Dalla lettura di questa leggenda appare evidente come l'autore (o gli autori) abbia avuto l'intenzione di mettere in risalto l'impotenza del diavolo contro i veri cristiani, la potenza del Cristo a favore dei suoi fedeli e l'efficacia salutare del pentimento.
Il più antico dei pezzi è intitolato Conversione di Cipriano. Ad Antiochia, Giusta, ascoltando le prediche del diacono Paralio, si converte al cristianesimo e, insieme con i genitori Edesio e Cledonia, riceve il Battesimo dal vescovo Ottato, mentre il padre, poco dopo, è ordinato presbitero. Per istruirsi meglio nella nuova religione, Giusta frequenta assiduamente la scuola catechetica della città, ma, nel tragitto dalla casa alla scuola, è osservata da un certo pagano Aglaide che se ne innamora e la chiede in sposa. Ella rifiuta perché ha deciso di restare vergine e Aglaide tenta di rapirla; ma, poiché il suo tentativo è frustrato, si rivolge al mago Cipriano che, dietro un forte compenso, prepara, aiutato dal demonio, un filtro amoroso da spargere intorno alla casa della fanciulla. Questa, accortasi dell'inganno, prega e, segnandosi con la croce, mette in fuga il demonio. Cipriano tenta ancora, evocando il padre dei demoni che promette di indurre Giusta alle nozze ingannandola sulla vera santità, ma la cristiana scopre il tranello e lo scaccia col segno della croce. Egli allora vuole conoscere il motivo del suo insuccesso e il demonio confessa che il segno di croce è più potente di lui. Cipriano ne è turbato, rinunzia ai suoi incantesimi, scaccia il demonio, consegna al vescovo Antimo tutti i suoi libri di magia e si dichiara cristiano. Il giorno dopo, sabato santo, riceve il Battesimo; l'anno successivo il vescovo gli conferisce gli ordini sacri fino al sacerdozio e dopo sedici anni, sentendosi vicino a morire, lo designa come suo successore sulla cattedra episcopale di Antiochia. Durante il suo episcopato Cipriano si adopera soprattutto a combattere gli eretici, mentre Giusta, che assume il nome di Giustina, è fatta diaconessa e messa a capo di un monastero. In tale vicenda si riconosce agevolmente il tema del mago che vende l'anima al diavolo e della ragazza che trionfa del suo seduttore, caro alle leggende popolari e immortalato nel Faust di Goethe.
Ma il racconto del mago Cipriano ebbe già, come si è detto, un doppio complemento; letterario il primo, sulla falsariga degli apocrifi scritturistici, agiografico il secondo, ad imitazione delle passiones dei martiri. Nel primo, intitolato Confessione di Cipriano, il mago Cipriano racconta la sua vita precedente alla conversione, piena di sortilegi, incantesimi, rapporti col diavolo, per esaltare la misericordia di Dio ed esortare i peccatori ad aver fiducia in essa. Consacrato fin da bambino ad Apollo, a sette anni fu iniziato ai misteri di Mitra e Demetra; a quindici conosceva le « virtù » dei frutti, degli alberi, delle erbe e di tutto ciò che esiste in terra, in cielo e in mare. Educato ad Argo, Elide e Sparta, imparò l'arte della divinazione in Frigia e a vent'anni si recò a Menfi in Egitto, dove apprese la magia e i rapporti col demonio; a trent'anni, per apprendere l'astrologia, si recò in Caldea e conobbe un diavolo che gli mise a disposizione una falange di demoni. Tornato ad Antiochia, ebbe presto gran rinomanza come filosofo e mago e fu visitato da Aglaide che gli confidò il suo amore per Giustina; tutti gli sforzi per conquistare questa, della quale anche lui si era innamorato, furono vani. Allora, constatando l'invincibilità del Cristo, Cipriano rientrò in se stesso, scacciò i demoni dei quali si era servito e, persuaso da un certo Timoteo che gli fece conoscere la misericordia di Dio, confessò pubblicamente tutti i suoi delitti e misfatti. L'amico Eusebio lo confortò ancora dicendogli che egli era vissuto nell'ignoranza, ma che i suoi delitti potevano essere perdonati se faceva penitenza. Cipriano si convinse, si fece condurre nella chiesa cristiana, bruciò pubblicamente i suoi libri, ricevette il Battesimo e si mise a predicare la dottrina di Cristo.
Il secondo complemento è intitolato Passione di Cipriano e narra la fine gloriosa di Cipriano e Giustina. Arrestati dal comes di Oriente, Entolmio, essi sono condotti a Damasco; durante l'interrogatorio Cipriano racconta il suo incontro con Giustina e la sua conversione ed esorta Entolmio a convertirsi anche lui, ma questi lo fa scarnificare, mentre Giustina è flagellata. Il giorno dopo ambedue sono immersi in una caldaia di pece bollente, ma ne escono illesi. Allora Entolmio li spedisce a Nicomedia da Diocleziano che li fa decapitare insieme con Teoctisto. I loro corpi sono gettati in pasto alle fiere, ma queste non li toccano; sei giorni dopo alcuni marinai li prendono e li portano a Roma, dove una certa Rufina dà loro onesta sepoltura.
Nel Medioevo, infine, si pretese trovare quei corpi presso il Battistero Lateranense e allora la festa di Cipriano e Giustina fu introdotta nel Breviario Romano.
Autore: Agostino Amore
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