Il profilo del piccino
Chi era Livietto? Un ragazzino che amava molto il divin Redentore nella Santa Eucaristia e che, a sua volta, era ricambiato da Gesù con grazie del tutto particolari. Era un piccolo italiano, nato il 30 novembre 1910 nella villa dei suoi genitori presso Vitulazio, in provincia di Caserta.
Non aveva ancora due anni e Livietto si ammalò così gravemente, che si temette di perderlo. La madre sua, donna di pietà, fece una dolce violenza al cuore della Madre Santissima, perché le ridonasse sano e buono il suo bambino; e Maria esaudì benignamente le sue preghiere. Livietto guarì e crebbe sì bello e robusto di spirito e di corpo, che era la gioia dei suoi genitori.
Con lo sviluppo fisico si veniva manifestando in lui una tenera pietà infantile; ma allo stesso tempo si pronunciavano fortemente certe disposizioni e tendenze nient’affatto buone. L’orgoglio lo traeva a dominare sugli altri, e l’egoismo lo portava a tenere per sé tutto ciò che v’era di bello e di buono. La saggia madre lo ammoniva che un bravo bambino non deve fare così e Livietto, dotato di buona volontà, si diede subito a rintuzzare questi due difetti.
All’età di quattro anni, un giorno si fece in compagnia dei fratelli e delle sorelle che andavano in chiesa a confessarsi. Per ultimo entrò egli pure nel confessionale senza sapere, naturalmente, che cosa dire. Depose bravamente il cappello sulle ginocchia del confessore il quale lo interrogò con precisione. Lo preparò e infine gli disse di recitare in penitenza due Ave Maria. Livietto pensò tra sé: «Oh! Sarebbe ben stata sufficiente anche una sola Ave Maria!».
Nella cappella delle Suore della Speranza si trovava un giorno un piccolo gruppo di adoratori; vi si aggiunse anche Livietto, come il più piccino: aveva appena quattro anni e mezzo. Durante l’adorazione scoppiò in pianto e proruppe in singhiozzi così forti, che lo si dovette portare a casa. La mamma gli domandò amorevolmente il motivo di quel suo pianto ed egli confessò con candore: «Il sacerdote disse che i bambini cattivi e disubbidienti offendono Gesù!... Io... io sono uno di quelli!... ».
La mamma gli mise il cuore in pace ed egli parve soddisfatto.
La letterina a Gesù
Ben presto si accese in lui il desiderio della S. Comunione. Quando i fratelli e le sorelle si accostavano alla Comunione, Livietto li seguiva fino ai piedi dell’altare, s’inginocchiava e stava lì attento con le manine giunte e gli occhi sgranati. Essi lo trattenevano con bella maniera dicendo: «Stai via, Livietto; sei ancor troppo piccino e un po’ troppo ostinato».
Ma un giorno il bambino prese in disparte la sua buona mammina alla quale confidava sempre i suoi piccoli segreti.
«Senti, mamma,» le disse risoluto «scrivi con la matita ciò che ti detto: io poi ripasserò col pennino sul tuo scritto».
«A chi vuoi scrivere, amor mio?».
«Voglio scrivere al mio caro Gesù. Egli mi capirà».
«E che cosa desideri da Lui?».
«Vorrei andare in paradiso! Lassù deve essere mille volte più bello che a Posillipo».
Così nacque la seguente letterina:
«Caro Gesù!
Quando verrò in paradiso? Babbo è andato via, mamma mi ha permesso di scrivere la lettera. I fratelli e le sorelle sono a casa. Ogni giorno recito un’Ave Maria per il babbo.
Il tuo Livio».
Ebbe un bel da fare a ricalcare col pennino le parole scritte a matita. Quando ebbe finito, nascose la letterina nel camino e attese con ansia la risposta Naturalmente doveva scriverla la mamma, e le sue sagge parole dovevano essere ascoltate come parole di Gesù. E non tiene forse la mamma il luogo di Gesù? Dopo alcuni giorni Livietto trovò nel camino la risposta, e la mamma gliela dovette leggere.
Quella sua naturale energia di volontà lo rendeva talvolta ostinato e caparbio; tuttavia tendeva sempre a migliorare se stesso.
«Voglio essere buono! Devo riuscire!».
Quando mancava in qualche cosa, si rimetteva, dicendo: «Ma così non può andare!».
Però Gesù era contento di lui ed egli lo sapeva.
Un suo compagno gli aveva detto: «Che vuoi mai che faccia Gesù di te? Non potrà cavarne nulla di buono, perché sei troppo piccolo e troppo ostinato».
Che cosa gli rispose Livietto? Sentite: «I grandi sono cattivi; Gesù, nelle sue grazie, vuol essere più generoso coi piccini!... ».
Ai piedi del S. Cuore
Il giorno dell’intronizzazione del Sacro Cuore di Gesù, ci fu una bella festa di famiglia. I sei figlioli, in ordine di età, come altrettante canne d’organo, stavano in piedi, recando in mano un giglio e una candela accesa. Avevano scritti i loro proponimenti e li deposero ai piedi della statua del S. Cuore.
Anche Livietto aveva fissato sulla carta una lunga litania di buoni propositi.
1. Non mentirò mai.
2. Farò delle mortificazioni.
3. Sarò un po’ più buono che in passato.
4. Non sarò quasi mai caparbio.
5. Andrò spesso a confessarmi.
6. Cederò i giocattoli ai miei fratelli.
7. Imparerò meglio l’inglese.
8. Quando mi arriva il Corrierino, lo passerò a Bibi.
9. Vedrò di non far mai nulla di nascosto.
10. Quando Anna avrà il suo giornaletto, non glielo prenderò.
11. Non sarò quasi mai scortese.
12. Non farò quasi mai l’impertinente coi miei fratelli.
13. Non prenderò cose che non mi appartengono.
14. Non farò mai bisticci, né coi fratelli, né con le sorelle.
15. Non dirò più che i miei fratelli e le mie sorelle hanno ricevuto regali dal babbo ed io e mamma no.
16. Metterò molti fagioli nella scatola del Bene e neppur uno in quella del Male.
Infatti Livietto aveva due scatole, una buona e l’altra cattiva: se faceva un fioretto, una mortificazione o qualsiasi opera buona, era la scatola buona che riceveva il fagiolino; se invece gli accadeva di fare una scappatella o di tralasciare un dovere, allora era la volta della scatola cattiva.
Desiderio della Prima Comunione
Le letterine a Gesù continuarono.
«Caro Gesù!
Come stai? Sai che ho trovato la tua lettera? Aiutami a esser buono e ubbidiente. Farò un fioretto, perché i peccatori si convertano. Oh! Permettimi di accostarmi presto alla tua santa Comunione! Voglio fare un fioretto, perché le anime del purgatorio vengano nel tuo paradiso. Lasciami venire in cielo con te e con la tua santissima Mamma!
Il tuo piccolo Livio».
L’aspirazione di quel cuore innocente era tutta lì: ricevere il suo Gesù nell’Ostia santa.
«L’anno venturo potrai ricevere la Comunione», lo assicurò la mamma.
Una mattina Padre Aprea S. J. celebrava la santa Messa. Il vispo fanciullo gli era entrato in simpatia: lo fece venire a sé, e gli suggerì di domandare la Comunione. Livietto, un po’ intimidito dalle numerose domande del catechismo, chinò la testolina sospirando: «Sono ancora troppo piccino e testardo».
«Livietto» soggiunse il Padre «se il tuo confessore te lo permette, ti darò io stesso la santa Comunione».
Il suo cuoricino esultava; corse trionfante dal suo confessore.
«Sai che Padre Aprea mi darà la prima Comunione? Perché tu mi dici sempre di no?».
«Bene, bene,» disse il Padre «quando la vuoi ricevere?».
«Domani mattina».
«Domani?... impossibile!... Ecco: se ti prepari bene, se sarai buono e imparerai bene il catechismo, potrai riceverla a Natale».
«A Natale?!». Quella parola fu come un secchio d’acqua fredda sul suo cuore ardente; se ne partì mortificato.
Egli si diede a studiare il catechismo con tutto lo zelo, e faceva molte domande, perché voleva saper tutto.
È naturale che il suo caro Gesù venisse informato di quanto accadeva.
«Caro Gesù!
Sai? Sto imparando il catechismo. Tra poco verrò a riceverTi per la prima volta nella santa Comunione... Sai che studio con tutta diligenza in compagnia della mamma? Ho studiato anche oggi.
Il tuo Livio».
Durante il tempo della preparazione si notò un cambiamento nel piccolo Livio. Di giorno era serio e quieto come un ometto e la sera s’addormentava tardi; la mamma sedeva accanto al suo lettino, ed egli allora le faceva le sue confidenze.
«Guarda, mamma:» le disse una sera «il Bambino Gesù è qui in mezzo a noi due!».
Quando era coi suoi fratelli, anche nel fervore del gioco, lo interrompeva di tanto in tanto per ritirarsi nell’oratorio di casa e fare la sua preghierina. La mamma lo seguiva inosservata e lo vedeva inginocchiarsi sul gradino dell’altare, con le manine giunte e il viso composto a devoto raccoglimento.
La mamma gli diede un buon consiglio: «Senti, Livietto, prega il tuo confessore che ti permetta di ricevere la prima Comunione nella festa di S. Ignazio».
Il confessore acconsentì, benché il suo penitente avesse appena cinque anni e otto mesi. Anche questa novità fu spedita subito in paradiso.
«Caro Gesù!
Potrò ricevere la prima Comunione la festa di S. Ignazio... Studio con diligenza il catechismo... Ti prego, fa’ che cessi la guerra!... Ho recitato la preghiera per la pace... Mio buon Gesù, tengo due scatole: una è la buona, l’altra la cattiva.
Il tuo Livio».
Il nostro rispose molto bene all’esame di religione.
«Gesù è presente anche in una particella della S. Ostia?»
«Sì».
«Anche nella minima particella?».
«Sì, essa è sempre Gesù».
«Allora c’è anche nell’ostia che si trova in sacrestia?».
«No, perché quella non è consacrata».
Il gran giorno
Spuntò finalmente il felicissimo giorno della prima Comunione! Era il 31 luglio 1916.
Livietto era pronto e attillato prima dell’ora fissata. Oh! Come sospirava il momento solenne della visita di Gesù! Chiuso in un semplice vestitino di lino bianco, i riccioli d’oro spioventi sulle spalle, gli occhi raggianti di felicità, un candido giglio in mano, era una figurina attraente, un vero amorino.
La mamma lo chiamò a sé: «Livietto mio,» gli disse «oggi è il più bel giorno della tua vita. Gesù viene nel tuo cuore per unirsi a te; puoi chiedergli tutto! Lo so bene, hai già preparato tutte le domande che farai a Gesù, ma prima di uscir di casa, devi pregare con tutto il fervore del tuo cuoricino per una grazia importante...
«Ma io non so che cosa domandarGli!» rispose il piccino, concentrando i suoi pensieri «dimmelo tu, mamma!».
No, tesoro mio! Non te lo dico. Inginocchiati, chiudi bene gli occhi, e dopo un po’ di raccoglimento ti dirà Gesù stesso che cosa devi chiederGli».
Livio ubbidì: cadde in ginocchio davanti alla statua del S. Cuore e chiuse gli occhi Rimase alcuni istanti assorto in preghiera, poi saltò su sorridente, esclamando in uno scatto di gioia:
«Mamma, so bene adesso per che cosa tu vuoi che io preghi!... Ho detto a Gesù che io voglio piuttosto morire che commettere un solo peccato!... e non dico un peccato mortale, ma nemmeno il più piccolo...».
Tutta la famiglia si recò in corteo alla cappella dei Gesuiti, parata a festa per l’occasione. Giunto il momento tanto desiderato, Livietto si appressò alla mensa del Signore come un angelo, gli traspariva dal volto l’intima gioia dell’anima e l’ardore del suo piccolo cuore.
Nel giorno solenne egli scrisse un’altra letterina a Gesù.
«Caro Gesù!
Ti ringrazio del grande dono della santa Comunione! Sono felicissimo di poterTi ricevere. Vado ogni giorno alla santa Comunione! Assistimi, perché non Ti offenda e viva per la tua gioia!
Il tuo Livio».
A Natale del 1916 una nuova letterina prese il volo verso il cielo.
«Caro Gesù!
Come stai? Converti i peccatori! Lascia venire in paradiso le povere anime del purgatorio. Hai sentita la mia voce, quando, insieme agli altri fanciulli, ho cantato alla benedizione? Sai che nella festa del tuo Natale abbiamo avuto un buon pranzo?
Il tuo Livio».
Otto giorni dopo, ecco una seconda lettera.
«Caro Gesù!
Come stai? Scrivimi presto! Sai che nel camino non ho trovato la tua risposta? Domani incomincerà il nuovo anno e Tu devi farmi bravo e ubbidiente.
Il tuo Livio».
Ma da quel giorno egli aspettò invano una risposta alle sue lettere. Sfiduciato e angosciato domandò alla mamma da che mai dipendesse quel silenzio.
«Vedi, Livietto,» gli osservò la mamma «ora sei gia più grandicello e Gesù viene così di frequente nel tuo cuore! ...così dopo la santa Comunione risponderà Egli stesso a tutte le tue lettere».
Allora fu contento.
Abbiamo detto che era vivacissimo. Che pena per quel ragazzo, con l’argento vivo addosso, vedersi legato al tavolino quando studiava e faceva i compiti! Eppure era quello il campo delle sue piccole vittorie! Aveva appena sei anni e faceva ogni sforzo per vincersi. Attraverso la finestra sentiva il gatto far le fusa, gli uccelletti cinguettare, vedeva volteggiare nel giardino le farfalle e qualcuna sperduta svolazzare nella sua stanza. Che tentazioni piccanti per il povero Livietto! Come si sarebbe trovato a suo agio laggiù nel giardino, all’aria aperta, tra i fiori e le farfalle! Ma bisognava star lì! Prima di tutto voleva finire il compito senza il più piccolo errore.
Come nello studio, anche nei giochi vi metteva tutta l’anima. E gli piaceva inventarli e organizzarli da sé con quella sua fantasia sbrigliata che lo rendeva geniale e brillante in ogni gioco. I fratelli, benché maggiori di età, si adattavano al suo... ordine del giorno. Un filo d’erba, una formica, uno scarabeo gli bastavano talvolta per ideare un bel gioco.
Tra i fratelli e le sorelle egli faceva le parti d’intermediario e di paciere.
A lui, fiero per natura, ripugnavano le bugie e la simulazione. Gli accadeva di commettere uno sbaglio? Correva subito dalla mamma e, arrossendo, le confessava il suo torto.
«Mamma, non averne a male; ho commesso questo o quello».
«È tutto qui?».
«Sì tutto!».
Livietto intercedeva il perdono anche per i suoi fratelli.
In primavera passava le ore libere in giardino. D’estate la famiglia andava al mare: che grande gioia per lui montare sui picchi rocciosi e fare un tuffo nel mare, sentirsi coperto e flagellato dagli spruzzi scintillanti dell’acqua! Non sapeva nuotare, eppure, trascinato dall’ebbrezza del mare, s’inoltrava talvolta fino a sentirsi mancare il fondo sotto i piedi. Per fortuna c’era sempre gente che correva a trarre in salvo il temerario fanciullo.
Una volta in compagnia dei fratelli, montò su di un carretto trainato da un asino. La bestia ebbe troppa fretta d’incamminarsi prima che i fanciulli saltassero su e Livietto ne ebbe uno spintone, ruzzolò a terra e il carretto gli passò sopra. In grazia del suo buon angelo se la cavò senz’alcun danno!
Tra gli angeliUn giorno che il suo confessore era venuto in famiglia, si venne a parlare della gravissima malattia che Livio aveva superato nei primi anni di vita.
«Che peccato,» saltò su il fanciullo «ch’io non sia morto allora! Me ne sarei volato diritto in paradiso!».
«Se tu fossi morto così piccino,» osservò il Padre «avresti portato in paradiso soltanto la tua innocenza; invece, vivendo più a lungo, porterai con te anche i meriti acquistati».
Queste parole lo fecero riflettere! ...Nell’estate del 1917 poté studiare ancora con tanta diligenza da superare un esame con distinzione, ma in ottobre le sue forze cominciarono a venir meno. Si sentiva stanco e irrequieto; spesso la sera non riusciva a prender sonno, e quando si chiamò il medico, questi poté solamente constatare che Livietto era molto ammalato. La cosa pareva ancor più strana, perché mangiava con appetito, era senza febbre e non sentiva alcun dolore. Il medico curante chiese un consulto di dottori i quali non seppero determinare la malattia; ma la loro sentenza fu unanime e tristissima: «Impossibile salvare il ragazzo! La sua malattia è strana e misteriosa».
Ben presto il male s’aggravò; le labbra gli scottavano febbrilmente, il petto era affannoso e il volto aveva le contrazioni dello spasimo. Il 30 ottobre gli venne portato il santo Viatico. Livietto sapeva che la morte era vicina, ma l’aspettava come un’amica, senza ombra di paura. Il passaggio all’eternità era per lui come una passeggiata in giardino.
In quello stesso giorno il piccolo paziente doveva ricevere anche la Cresima. Egli disse alla mamma: «È vero che oggi riceverò la santa Cresima?... Perché aspetti tanto a prepararmi?».
Quando entrò il Vescovo, Livietto lo accolse con un sorriso angelico, mostrando tutta la gioia di ricevere il sacramento della Confermazione. Il Vescovo gli rivolse alcune parole di conforto, quindi gli domandò: «Vuoi fare la volontà di Dio?».
«Oh! Sì» sospirò l’ammalato.
«Bravo, Livio! ora e sempre! Ripeti di frequente: "Sia fatta, o Signore, la tua volontà!" e sarai contento anche nel dolore!».
Livio ripeté più volte con fervore: "Gesù, sia fatta la tua volontà!" e ricevette con grande pietà la grazia dello Spirito Santo.
Il giorno seguente pensava al giudizio di Dio.
«Mamma,» domandò «se uno commette un peccato mortale, ma non per cattiveria, gli perdona Gesù?».
«Stai pur tranquillo, angioletto mio! Gesù perdona tutto, specialmente quando nel peccato non vi è malizia».
E Livietto s’addormentò d’un sonno leggero.
Per lenire i dolori, doveva prendere alcune gocce d’una medicina che gli ripugnava.
Tutte le volte era un sacrificio per lui; sospirava, pregava, scongiurava che glielo risparmiassero, ma la mamma gli diceva: «È la volontà di Dio!... Hai promesso di far sempre la volontà del Signore».
A queste parole un giorno rispose singhiozzando: «Sì!... Voglio prenderla!... ma non posso davvero... sto tanto male!».
Fece uno sforzo, inghiottì la medicina, ma subito la rimise contorcendosi dai dolori e ricadde svenuto.
Venne la festa d’Ognissanti e il piccolo infermo ricevette di nuovo la santa Comunione. In quel giorno domandò che gli dessero qualcosa per giocare; gli portarono un pesciolino d’oro in un vaso di cristallo ed egli seguiva con occhio attento i guizzi, le mosse e le tinte del vispo animaluccio. Era l’ultimo giorno della sua vita: non parlava più, tanto era debole.
Il giorno dei Morti, che coincideva col primo venerdì del mese, sarebbe venuta la morte anche per lui. Dopo una notte inquieta, verso le quattro del mattino, volgendo intorno uno sguardo angosciato, posò gli occhi. sulla sua mamma che gli sedeva accanto.
«Che fai?» sospirò con un fil di voce.
«Nulla!... voglio solo star qui vicino a te».
Un leggero alito di vita gli sollevava il petto ansante; da parecchi giorni non si nutriva più.
Verso le sette, come un lucignolo che sta per spegnersi, riacquistò un lampo di vivacità, fissò la mamma colle pupille dilatate, pregandola di spalancare le finestre.
«Luce, mamma!... luce!... molta luce!».
Era la fine: la mamma recitò insieme con lui l’Anima Christi. Livio mormorò le devote invocazioni, poi si assopì. Verso le undici del 2 novembre 1917 la sua anima pura se ne volò al cielo.
Sia ringraziato il Signore che dona alla terra queste anime belle e le preserva dai contagi rovinosi del mondo!
Fonte:
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