I primi anni Giovanni Girolamo Morone (o Moroni) nacque il 25 gennaio 1509 a Milano da una nobile ed illustre famiglia: il padre Conte Gerolamo Morone (1470-1529) era stato Gran Cancelliere, sotto i duchi Massimiliano (1512-1515) e Francesco II (1522-1535) Sforza, ma, a causa di una congiura fallita contro gli spagnoli nel 1525, era caduto in disgrazia presso l'imperatore Carlo V (1516-1556) ed era stato imprigionato e in seguito aveva dovuto recarsi in esilio a Modena, dove il giovane M. era stato educato. L'adolescente Morone aveva studiato con profitto giurisprudenza a Padova e nel 1529, all'età di soli 20 anni, era stato nominato vescovo di Modena, in cambio di un importante servigio reso dal padre al papa Clemente VII (1523-1534). Tuttavia la nomina fu violentemente contestata dal cardinale Ippolito d'Este (1509-1572), cui pare la sede fosse stata promessa: con l'ausilio del fratello, il duca di Ferrara, Alfonso I d'Este (duca: 1505-1534) Ippolito s'impossessò con la forza della sede vescovile e non lo cedette al M. fino al 1532 e solo dietro un vitalizio annuale di 400 ducati.
Morone in Germania Nel frattempo Morone fu impiegato da Papa Paolo III (1534-1549) in delicate missioni all'estero, soprattutto in Germania: dal 1536 fu nunzio presso Ferdinando I, re dei Romani ed in seguito imperatore (1556-1564), e legato pontificio alle Diete di Hagenau del 1540, Ratisbona del 1541 e Spira nel 1542. Fu in questo periodo che Morone imparò a conoscere da vicino il luteranesimo, ed a rendersi conto che le colpe della scissione non erano proprie tutte da addossare ai protestanti. Infatti, quando il 17 giugno 1537, il cardinale Jacopo Sadoleto scrisse a Melantone, convinto della possibilità di dialogo tra le chiese cristiane e desideroso di allacciare un rapporto con il più disponibile tra i riformatori luterani al dialogo con i cattolici, l'unico a prendere le difese del criticatissimo Sadoleto fu Morone, che gli scrisse una lettera di solidarietà.
Morone ed il Concilio di Trento Il 1 novembre 1542 Morone (creato cardinale il 2 giugno dello stesso anno), assieme ai cardinali Reginald Pole e Pietro Paolo Parisio, vescovo di Nusco (m.1545), fu incaricato da Paolo III di aprire ufficialmente i lavori del Concilio di Trento (lavori ufficiali: 1545-1563), ma questo primo tentativo di iniziare il tanto atteso concilio fu un vero fallimento. Comparvero pochissimi delegati e i lavori furono sospesi il 6 luglio 1543. All'apertura ufficiale dei lavori conciliari nel dicembre 1545, Morone non partecipò perchè era stato, nel frattempo, nominato legato pontificio a Bologna. Successivamente egli fu incaricato dal papa Giulio III (1550-1555) di organizzare il rientro dei lavori del concilio nella sede originaria di Trento, dopo il momentaneo trasferimento degli stessi proprio a Bologna.
Morone a Modena Per quanto riguarda la sua sede vescovile di Modena, egli vi rientrò nel 1542 e in settembre, avendo ricevuto allarmanti relazioni dal suo vicario Domenico Sigibaldi, obbligò i partecipanti dell'Accademia Grillenzoni a sottoscrivere un formulario di fede cattolica, redatto dal cardinale Gasparo Contarini, gli Articuli orthodoxae professionis, per allontanare il sospetto di un livello d'eresia locale talmente diffusa e incontrollabile da richiedere un successivo intervento dell'Inquisizione. Degli intellettuali riformati coinvolti, Ludovico Castelvetro si rassegnò a sottoscrivere il formulario, invece Filippo Valentini ed il professore universitario Francesco Porto (1511-1581) si rifiutarono, preferendo allontanarsi dalla città. Eppure, d'altra parte, con la nota tecnica di un colpo al cerchio e uno alla botte, M. invitò nella propria diocesi predicatori eterodossi, come il domenicano Bernardo de' Bartoli nel 1543 o il minorita Bartolomeo Golfi Della Pergola, che predicò a Modena durante la quaresima del 1544. Evidentemente l'interesse di Morone per la Riforma - lesse con grande interesse Il Beneficio di Christo di Benedetto Fontanini e gli scritti di Marcantonio Flaminio - era comunque permeato da un solido nicodemismo: fu, in questo senso, criticato nella Tragedia intitolata Libero arbitrio di Francesco Negri da Bassano. Eppure la prudenza non fu sufficiente a Morone per evitare una prima inchiesta aperta nel 1552 da parte del Grande Inquisitore Gian Pietro Carafa. Nel 1550 M. rinunciò alla sede di Modena a favore del valdesiano Egidio Foscherari in cambio di una rendita annuale, ma cinque anni più tardi Giulio III decise di nominarlo vescovo di Novara. In seguito, alla morte di Foscherari nel 1564, M. fu nuovamente proclamato vescovo di Modena.
Il processo Nel 1555 Morone fu inviato come legato pontificio alla Dieta di Augusta, ma l'improvvisa morte di Giulio III e l'elezione del fanatico Carafa, con il titolo di Papa Paolo IV (1555-1559), lo obbligò ad un rientro in Italia, seguito dallo stato di messa in accusa da parte di Paolo IV per eresia. Era l'inizio del regolamento di conti di Paolo IV nei confronti dei cosiddetti "spirituali", che tra il 1557 ed il 1558 portò in carcere, tra gli altri, Morone, l'arcivescovo di Otranto Pietro Antonio di Capua, il vescovo di Cheronissa Giovanni Francesco Verdura, il già menzionato Egidio Foscherari, il cavaliere Mario Galeota ed il nobile Bartolomeo Spadafora: Reginald Pole si salvò solo per l'intercessione della regina cattolica d'Inghilterra, Maria Tudor (1553-1558). Morone subì un processo inquisitoriale per sue idee sospette sulla giustificazione per fede e sulla venerazione dei santi e delle reliquie e incarcerato il 31 maggio 1557 a Castel Sant'Angelo. Per la verità, le accuse contro di lui decaddero poco dopo, ma l'orgoglioso cardinale pretese le scuse ufficiali del papa, che non arrivarono, e quindi egli poté essere liberato solo dopo la morte di Paolo IV il 18 agosto 1559.
Gli ultimi anni Il nuovo papa, Pio IV (1559-1565) lo scagionò completamente dalle accuse nel 1560 e nel 1563 lo invitò a presiedere ai lavori conciliari a Trento. Nel 1566 egli fu uno dei principali candidati al seggio papale, ma gli fu preferito Michele Ghisleri (un altro inquisitore!), che assunse il nome di Pio V (1566-1572) e che doveva tutta la sua carriera a Paolo IV: arrivato al potere, nel 1568 Pio V iniziò a far raccogliere da parte dell'Inquisitore domenicano Camillo Campeggi (diventato poi vescovo di Nepi e Sutri) una serie di documentazione atta ad incastrare definitivamente Morone e gli altri spirituali, ma, benché l'Inquisizione procedesse con estrema severità contro alcuni spirituali (un esempio per tutti: il rogo di Pietro Carnesecchi), non si giunse ad un nuovo processo contro Morone probabilmente per la morte di Pio V nel 1572. Finalmente la situazione per Morone ritornò normale sotto il successore Gregorio XIII (1572-1585): Morone svolse missioni all'estero, ricoprendo incarichi ufficiali, ad esempio legato pontificio alla Dieta di Ratisbona nel 1576 e cardinale protettore d'Inghilterra nel biennio 1578-79. Infine, poco prima della sua morte, avvenuta il 1 dicembre 1580, Morone fu nominato cardinale vescovo di Ostia.
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