Presentazione di mons. Santoro
La storia di Edimar è la testimonianza di un cambiamento radicale di vita, documentato dalla sua morte, segnalata nel registro della polizia di Brasilia; e allo stesso tempo è il proclama di qualcosa di più grande di questa vita e che da senso alla vita stessa. Per questo ha un significato esistenziale e un significato teologico.
Un menino de rua (ragazzo di strada) che diventa il capo di una banda di piccoli banditi e a partire dall'incontro con un'insegnante e altri amici comincia a percepire un altro mondo, un altro modo di trattarsi e di essere in questo mondo. Per questo incontro e per questo nuovo mondo, Edimar consegna la sua vita. Non ha capito subito che questa novità era Cristo, ma lentamente si è avvicinato agli amici che gli comunicavano questa strana presenza e non li ha più lasciati.
Il cambiamento si è mostrato in tanti piccoli segni, quasi impercettibili, che sono esplosi nel miracolo finale della sua vita. Edimar è il segno che in qualsiasi luogo, anche nelle situazioni più disperate e difficili, la presenza di Cristo può cambiare e cambia la vita quando viene incontrata nel segno concreto di un volto e di un'amicizia. In qualsiasi luogo è possibile annunciare la presenza del Signore come significato e ragione piena della vita, e promessa di cambiamento, già su questa terra, per chiunque e in tutte le situazioni.
Il significato teologico della testimonianza di Edimar consiste nel fatto che ha cambiato vita decidendo di non ammazzare più nessuno e, soprattutto, nel fatto che questo ha comportato la sua morte, perché ha visto qualcosa; Edimar ha visto qualcosa nella sua professoressa e nei suoi amici. Nel suo mondo, che era il mondo della miseria urbana, del crimine e della violenza, ha visto qualcosa: «Dopo aver guardato a lungo il cielo in cerca di te, i miei occhi, da scuri che erano, sono diventati azzurri».
Ha visto, nell'abbraccio di Sêmea e di Gloria, di padre Marcos e degli altri amici, i segni umani della presenza del cielo. Come nel mattino di Pasqua Maria Maddalena ha visto, Pietro e Giovanni e gli altri hanno visto, così anche Edimar ha visto. Il Risorto si lascia vedere fisicamente, non semplicemente si sogna o si sente. «Quello che abbiamo visto e udito», diceva san Giovanni nella sua prima lettera.
E anche noi diciamo: «Quello che abbiamo visto e udito» nel volto di questo menino de rua, nel suo cambiamento, nella consegna della sua vita all'ideale incontrato, «lo annunciamo a voi». La Chiesa ha il compito di analizzare e giudicare i termini di questo processo di conversione e di definire la natura di questo martirio, ma è evidente che, dove meno possiamo aspettarcelo, il Mistero mostra carnalmente il Suo volto per salvarci e per manifestare la Sua gloria.
Filippo Santoro
Vescovo di Petrópolis - Brasile
Samambaia
Brasilia è una città che ha meno di 50 anni di storia. Ancor oggi ci sono spazi non occupati nei quartieri residenziali previsti dal Piano Pilota [1], ai margini del quale sono invece sorte e continuano a sorgere le cosiddette città satellite, piccoli nuclei urbani in cui sono distribuite circa 1.600.000 persone, quasi l'80% della popolazione totale di Brasilia. Anche se molti trovano lavoro nel Piano Pilota, quasi il 40% della gente vive nelle città satellite con meno di 300 reali al mese (circa 80 euro).
A 11 anni, nel 1989, Edimar si trasferisce con il padre a Samambaia. La nuova città satellite nasce per accogliere parte della popolazione di Ceilândia, altro sobborgo di Brasilia, dove rimane a vivere la madre di Edimar. La sua famiglia, già povera, vive in condizioni ancora più precarie dopo la separazione dei genitori. Polvere e caldo segnano l'inizio di Samambaia. Non ci sono né energia elettrica né negozietti si sparpagliano poco alla volta nei lotti di terra che il comune, per favorire il nuovo insediamento, dona a chi vi si trasferisce. A Samambaia, dove cominciano a delinearsi gli isolati (quadras, in brasiliano) tra le strade di terra rossa, è normale vedere lenti carri trainati da cavalli, utilizzati per i traslochi. Anche il padre di Edimar è un vetturino e possiede un carretto che il ragazzo impara a usare, e che non abbandonerà neanche quando sarà coinvolto nel traffico di droga. Edimar svolge piccoli trasporti accompagnato a volte da Sergio o Leandro, due amici vicini di casa.
Edimar fu la prima persona che Leandro conobbe quando la sua famiglia si trasferì da Ceilândia a Samambaia. La somiglianza fisica tra i due ragazzi - carnagione scura, lineamenti delicati, occhi neri, il fisico alto e sottile -, lo stesso modo "malandrino" nel camminare e nella danza della capoeira [2] , erano lo specchio dell'amicizia che li legava.
Menino de rua
Tra gli undici e i dodici anni, Edimar diviene un menino de rua (ragazzo di strada). All'inizio passa alcuni giorni senza rientrare a casa, poi ritorna per sparire di nuovo, fino al giorno in cui non torna più. Suo padre, alcolizzato ed ex detenuto, aveva accessi di violenza contro la moglie e i figli, cosa che il ragazzo non sopportava. Dopo il trasferimento a Samambaia, il padre non si interessa di Edimar, e poiché con nessuno dei suoi fratelli ha un rapporto significativo (né di amicizia né di inimicizia), Edimar non trova più alcun motivo per continuare a vivere con loro.
Un ragazzo di strada può andare a scuola, giocare, incontrare gli amici come un ragazzo qualsiasi, ma prima e dopo le lezioni vaga per la città, chiede l'elemosina ai semafori, vende dolci o piccoli oggetti (nella maggioranza dei casi queste attività sono organizzate da adulti ai quali va tutto il guadagno). A volte il menino de rua svolge piccoli lavori, come Edimar col suo carretto, o ruba. Di notte il grande divertimento dei ragazzi sono i bailes funks, feste molto violente organizzate nei quartieri o in appositi spazi per la danza. Il lavoro più redditizio e violento è il traffico di droga. I sogni e i progetti dei meninos de rua non sono quelli di una vita "normale" (la gente "normale" è chiamata anche prego, che è sinonimo di stupido); i meninos de rua sognano di spostarsi nelle grandi città per entrare nelle bande più organizzate dei trafficanti di droga[3].
Edimar, chiamato col diminutivo di Edimarzinho, è considerato parte della famiglia di Leandro, diventa amico di Sergio, Ivan e di sua sorella Andreia. Il tempo libero offre la possibilità di fare gite coi cavalli del padre di Edimar. Un giorno lui e Sergio vanno fino a Lago Sud, uno dei luoghi più belli di Brasilia, per poi tornare a Samambaia a piedi, tirando i cavalli e ridendo a crepapelle, perché, dopo la cavalcata di un'ora senza sella, nessuno dei due riesce più a cavalcare.
La Banda dell'Adidas
Bianco di carnagione, magro, solo di qualche anno maggiore di Edimar, ma invecchiato per l'uso della droga, temuto in Samambaia, Tiào era il capo di una banda di trafficanti. Non si sa con certezza come Edimar lo conobbe, ma da subito si creò tra loro una fiducia reciproca. Tiào dava a Edimar l'appoggio quasi paterno di cui questi aveva bisogno e ammirava la furbizia e l'intelligenza del ragazzo. Edimar si sposta a casa sua e comincia a far uso di droga. Quando Tiào finisce in prigione, Edimar ruba per mantenergli la famiglia e pagare l'avvocato.
Gli amici, Sergio e Ivan, fanno parte della stessa banda, mentre Leandro, che per Edimar sarà sempre come un fratello minore, ne resta fuori.
Le bande che si contendono i punti vendita della droga in Samambaia e nelle altre città satellite si distinguono dalla divisa: quella di Edimar è conosciuta come la "banda dell'Adidas".
Abiti della stessa marca, liti per la strada, consumo quotidiano di merla (pasta di cocaina) o marijuana, scontri armati con la polizia, cattiva fama a scuola erano la vita di Edimar quando conobbe Gloria, sua insegnante di geografia, alla fine del 1992.
Quadra 120
Nel 1990 la scuola del quadra 120 non ha ancora le mura. C'è solo un'insegnante di storia, Sêmea, che ha iniziato a lavorarvi in giugno, prima dell'inaugurazione ufficiale, mentre gli altri insegnanti arrivano in novembre (l'anno scolastico in Brasile comincia in febbraio e si conclude in dicembre).
Gloria e Sêmea si conoscono alla fine del 1992. Sêmea ha concluso le lezioni di storia previste dal programma e cede le sue ore a Gloria, che ne ha bisogno per terminare il proprio. Le due insegnanti diventano amiche. Propongono agli studenti di frequentare la scuola anche il sabato e i ragazzi accettano volentieri, soprattutto perché dopo la lezione Sêmea, Gloria ed altri amici offrono la merenda ai ragazzi, ascoltano musica insieme e giocano a calcio nel campetto.
Edimar, iscritto alla quinta classe, non tarda ad accorgersi che Gloria, la sua insegnante di geografia, è diversa dagli altri adulti che conosce; seduto vicino a lei a guardare i compagni giocare a calcio, le chiede: «Perché ti preoccupi dei ragazzi?». «Io mi preoccupo per ognuno di voi, Edimar». «Anche di me? Se tu sapessi quello che sono, non ti piacerei più». «Non farebbe differenza».
Edimar continua a parlare appoggiandosi a Gloria.
Dopo questo dialogo Gloria si interessa ancora di più a lui, ma non può evitare le accese discussioni tra Edimar, gli altri studenti e gli insegnanti. Alcuni mesi dopo, Edimar entra in un'aula per picchiare un ragazzo, ma è sorpreso da Sêmea, che, bloccandolo per la maglia, gli dice: «Se fai un'altra volta una cosa del genere, le prendi da me!». Edimar la guarda e se ne va in silenzio. Gli altri alunni avvisano l'insegnante: « Sêmea, tu sai chi è quello lì? È Edimar, un bandito. E tu vai a metterti contro di lui?». Nella stessa settimana Edimar ha una discussione con un'altra insegnante e cambia turno. Frequentando i corsi del pomeriggio diventa alunno di Sêmea.
Nella vita della 120, Gloria grida, si arrabbia, tenta di risolvere i problemi dei suoi ragazzi cercando in tutti i modi di tenerli occupati affinchè non rimangano per la strada. L'insegnante iscrive alcuni di loro a corsi professionali offerti da istituti statali. Per aiutare Edimar, Gloria pensa anche alla possibilità di adottarlo, ma il marito non accetta l'idea.
A Sêmea, più giovane di Gloria, i ragazzi più liberamente raccontano quello che fanno e le obbediscono se chiede loro di non portare a termine qualche "progetto". Quando arrivano a scuola Sêmea li abbraccia... e così scopre se sono armati. Se lo sono, chiede che mettano da parte le armi durante le lezioni. Quando Edimar non si presenta a scuola perché la notte si è drogato, Sêmea manda Leandro a chiamarlo. Poco alla volta Edimar, Leandro, Sergio, Ivan, Ròmulo, Alex, Aguinaldo, Netinho e altri ragazzi cominciano a partecipare ai giochi del sabato. La scuola della quadra 120 diventa un punto di riferimento in Samambaia: è il luogo in cui i ragazzi possono vivere in pace per alcune ore, flirtare e incontrare gli amici.
In classe Sêmea osserva Edimar, l'amico di Gloria, un ragazzino magro dallo sguardo triste che non si interessa di nulla, resta là in fondo all'aula, a volte tranquillo, a volte provocando i compagni. Tutti hanno paura di lui, ma non è che un ragazzo di 15 anni. I suoi pensieri si confondono con l'argomento che l'insegnante spiega alla lavagna, poi si calmano mentre lei spiega gli esercizi agli altri alunni. Al termine della lezione Sêmea si siede a fianco di Edimar per parlare un po' con lui. Quell'anno Edimar viene bocciato, ma scopre un interesse nuovo: gli incontri di Scuola di comunità[4], che ha cominciato a frequentare su invito di Sêmea.
Edimar invita a parteciparvi anche Sergio che gli risponde: «Io non vengo, che razza di comunità è questa? Non ti ho mai visto cantare e adesso fischietti continuamente Freedom[5], schioccando le dita!». Edimar invita Leandro e altri amici. TI sabato passa da casa di Ivan e Andreia, e percorrono la strada abbracciati per andare agli incontri. A Scuola di comunità Edimar non parla, ma sta attento. Capita poi che ricordi agli amici: «Non è questo che Sêmea ha detto all'incontro!», «Non dimenticare quello che Sêmea ha detto!». Lentamente smette di frequentare i balli con gli altri ragazzi e, soprattutto, proibisce a Leandro di partecipare alle "iniziative" della banda e fare uso di droga.
Affinché i ragazzi di Samambaia non si coinvolgano in nulla di grave, Sêmea arriva a star con loro fino a notte fonda. Sta loro vicina e pensa: «Se loro incontrassero quello che io ho incontrato, cambierebbero. Se quello che ho incontrato io ha cambiato la mia vita, perché non può cambiare la loro? Ma se io non rischio, se non mostro loro una cosa bella, come potranno conoscere questa forza?».
Nel frattempo gli occhi scuri di Edimar continuano a riflettere la vita così come per lui è sempre stata: droga e furti, scontri armati con la polizia, aggredire ed essere aggredito, essere catturato e fuggire. Edimar generalmente svolge la funzione di avião [6]. Esperto e competente, non è solo l'uomo di fiducia del capo, ma quasi un figlio per Tiào. A volte Edimar, che è minorenne, si fa arrestare per evitare la prigione a un amico adulto[7]. Sergio ed Edimar diventano i capi di una piccola banda in Taguatinga. In quegli anni acquistare droga era più economico che comperare birra, ed Edimar fuma merla tutte le sere.
Eppure Sêmea vede che, allo stesso tempo, sta succedendo qualcosa nella vita di Edimar e, alla fine del 1993, decide di invitarlo a partecipare alle vacanze di gennaio degli studenti di Comunione e Liberazione [8].
Edimar fa il viaggio da Brasilia a Miguel Pereira, nello Stato di Rio de Janeiro (1.500 chilometri), seduto in fondo al pullman senza dire una parola. Sembra non voler coinvolgersi con gli altri ragazzi della sua età, provenienti da famiglie di classe media, una realtà così diversa dalla sua. Non spreca parole, gli piace starsene nel suo cantuccio e osservare gli altri fumando una sigaretta sottile. Lì in fondo nessuno può indovinare che cosa pensi o sapere che cosa abbia fatto o possa ancora fare.
Le vacanze
Edimar, sempre capace di sorprendere gli amici perché inaspettatamente, o contemporaneamente, ribelle e rispettoso, affettuoso ed esplosivo, spiritoso e triste, non immagina cosa stia per sorprendere la sua vita.
I giorni delle vacanze gli offrono una esperienza di felicità e amicizia che non aveva mai visto prima: svegliarsi, far colazione tra risate e scherzi, pregare insieme, fare una gita e giocare, poi riposarsi, dividere uno spuntino e cantare; nuovi giochi, nuovi amici. La Messa con don Marcos, un sacerdote di Minas Gerais, chiude la giornata. O dovrebbe chiuderla, se i ragazzi non inventassero ancora qualcosa. Come la notte in cui Edimar, con altri ragazzi di Brasilia, catturati dei rospi in un lago, li lanciarono dal tetto sui letti dei ragazzi di San Paolo e di Rio che dormivano: questi, con le loro grida, svegliarono tutto l'albergo!
Senza droga, Edimar è un ragazzo allegro. Il ritmo delle giornate non lascia spazio al passato e Edimar torna a essere un ragazzo di 16 anni: conosce ragazzi della sua età, gioca, vede cose belle come le cascate di Miguel Pereira, fa ridere gli amici con le sue trovate. Durante una gita, un guasto blocca il pullman costringendoli a stare per ore sotto un sole cocente: Edimar col suo gruppetto entra in un frutteto a rubare frutta per tutti. Un pomeriggio, dopo che Sêmea lo aveva mandato fuori dal gioco comune, Edimar irrompe nel campo cavalcando un vitellino!
Questo prete è diverso
Don Marcos ride e gioca coi ragazzi: evidentemente gli piace stare con loro. Edimar se ne accorge e gli si avvicina. Parlano a lungo, di tutto: «Cosa vuoi dire essere prete? E con le donne?». Edimar fa domande a bruciapelo e lui risponde senza mezzi termini: «C'è un altro modo di vivere».
Fino a quel momento era stato naturale per Edimar vivere come aveva imparato per strada, era così e basta. Ma la possibilità di una vita del tutto nuova lo travolge: tempesta di domande don Marcos, è affascinato all'idea di poter cambiare vita. Gli amici lo prendono in giro, ma lui risponde: «No, don Marcos mi ha spiegato tutto, anche la storia delle donne. Penso che vada bene per me, anch'io voglio essere prete». E loro capiscono che non è un modo di dire, sanno che quando lui dice una cosa, la dice sul serio.
Edimar, che non è mai stato a Messa, vuole mettersi in fila per ricevere la Comunione; don Marcos gli chiede di aspettare, preparandosi con la Scuola di comunità. Edimar accetta.
Oltre ai momenti comuni insieme, tre o quattro dialoghi col sacerdote avvenuti tra un'attività e l'altra cambiano la vita di Edimar: «Don Marcos, io ho già fatto tutto quello che tu puoi immaginare!». «Io posso immaginare una serie di cose...».
«Tutto quello che tu puoi immaginare di sbagliato io l'ho già fatto, tutto!».
«Tu vuoi ricevere il perdono di Dio? Se mi stai chiedendo se esiste la possibilità per te, esiste. La prima cosa è chiedere perdono a Dio per quello che hai fatto».
«Dio mi perdonerà?».
«Certo! Sei pentito di quello che hai fatto?».
«Io sono molto pentito. Se potessi tornare indietro, non farei nessuna delle cose che ho fatto e non voglio farle mai più».
Quel giorno Edimar si confessa. Don Marcos gli chiede di tentare di uscire dalla banda. È difficile, perché si tratta di un patto: rompere questa strana legge significa mettere a rischio la propria vita e quella degli amici. Edimar dice a don Marcos: «Sêmea e Gloria spesso mi chiedono cosa faccio, io vorrei rispondere, ma non posso: se parlo, rischiano la vita, possono morire se io racconto tutto». Edimar con don Marcos non pensa né a giustificare sé, né ad accusare altri: gli interessa quello che ha incontrato, una realtà nuova che inaspettatamente si è aperta a lui. «Anch'io posso essere prete?». «Puoi: prega, domanda a Dio di capire se è questo che Lui vuole per te. Chiedigli che ti illumini».
«Ma Dio come mi parlerà ?».
«Dio parla attraverso molte cose».
«Come hai fatto tu a sapere che Dio ti chiamava a essere prete?».
Don Marcos gli racconta esperienze, avvenimenti, incontri.
«Allora Dio parla davvero con noi?».
«Parla attraverso le cose che ti sto dicendo».
Gli occhi azzurri
Il lungo viaggio di ritorno da Rio de Janeiro a Brasilia è tranquillo. Edimar sta in mezzo ai ragazzi giocando, parlando, entusiasmato dalla possibilità di un cambiamento. Seduto vicino a Rose, un'altra insegnante, sente una poesia che non conosceva:
Dopo aver guardato a lungo il cielo
in cerca di te, i miei occhi,
da scuri che erano, sono diventati azzurri.
Dopo aver guardato a lungo la luna
cercandoti,
i miei occhi sono diventati
così vaghi, insondabili,
del colore della nostalgia.
E adesso nel mio petto
è una pioggia continua
che mi fa chiedere
e aspettarti
come un arcobaleno
che abbraccia la terra.
Così il mio cuore
vaga,
cercando,
ad ogni angolo,
in ogni volto,
lo Sconosciuto
che sta per arrivare [9].
Edimar raggiunge Sêmea: «Sêmea, un giorno i miei occhi diventeranno azzurri?». «Perché me lo chiedi?». «Me lo ha detto Rosilene».
«Se tu continuerai a stare nella nostra compagnia, certamente». «Un giorno voglio diventare prete, come don Marcos».
E rimane in silenzio, con la testa sulle ginocchia di Sêmea, a guardare il cielo notturno e la strada.
Nel nuovo semestre Edimar è più attento durante le lezioni; agli incontri di Scuola di comunità continua a intervenire poco, ma impara a memoria parti del testo e invita con insistenza gli amici.
Il tema preferito dai ragazzi è il perdono: «Sêmea, perché hai simpatia per noi?».
«Perché un giorno sono stata amata da qualcuno che non mi ha chiesto niente, al quale non importava come io ero, mi ha abbracciata così come ero».
«Ma io, con tutto quello che ho combinato...»: alcuni di loro sembrano rifiutare la possibilità di essere perdonati, Edimar tace.
Gli piace una canzone a cui ha cambiato il testo originale:
Sêmea, ricorderò,
il giorno in cui ti ho incontrato,
quando mi hai accolto e mi hai parlato.
Emi hai dato un nome, Edimar, per me.
E una speranza al mio vivere [10] .
I ragazzi abitano tutti vicini, a una o due vie dì distanza: uno passa a chiamare l'altro per andare a scuola, far qualcosa insieme o incontrare le insegnanti; nessuno ha il telefono, nessuno ha i soldi per l'autobus, la vita è povera, ma sta diventando migliore, e possono affrontarla insieme. A Samambaia, Edimarzinho è simpatico a tutti, è ancora il "fratello" di Leandro e il miglior amico di Ivan e di Andreia.
Un giorno, all'uscita da scuola, Gloria vede Edimar parlare con alcuni ragazzi. Edimar ritorna a salutarla. Lei gli chiede: «Cosa volevano quei ragazzi?»,
«Fumare».
«E tu cosa hai risposto?»
«Che questa vita che loro vogliono iniziare io la voglio smettere. Io con la droga ho chiuso».
Leandro corre sotto la pioggia e raggiunge l'ingresso della casa in mattoni di Tiao (è una zona povera, ma non è una favela: ci sono baracche di compensato, ma anche casette di mattoni). Entrato in casa, trova Edimar, solo - Tiao è in prigione -, che legge la Bibbia: «Leggi la Bibbia?! È tua?». «Tutti i giorni ne leggo un pezzo». E gli legge il salmo 91. Leandro non capisce ancora come sia successo, ma intuisce che Edimar ha deciso di seguire per sempre V esperienza che ha incontrato. Poco tempo dopo comincia anche lui a frequentare gli incontri del movimento.
Non è così facile
Sêmea propone a Edimar di lasciare Brasilia per uscire dal traffico di droga e lui risponde: «Se mi chiedi di andare da don Marcos, ci vado di corsa». La proposta è di andare ad abitare presso una famiglia di un'altra città, senza dare a nessuno l'indirizzo, così da poter cominciare una nuova vita. Un tale cambiamento richiede che sia lui a decidere, liberamente. Edimar chiede tempo per pensarci.
«Non aspettare troppo, Edimar. Non perdere tempo». «Non è facile Sêmea, non è così facile», non è facile tagliare i legami con la vita vissuta finora. Nei primi mesi del '94 il passato e il presente di Edimar si mescolano in modo drammatico, segnando anche la vita di Sêmea e Gloria.
Un giorno Leandro si affaccia agitato alla finestra dell'aula di Sêmea: Edimar è stato arrestato e le chiede aiuto. Nessuno sa il motivo dell'arresto. Arrivate al posto di polizia, Sêmea e Gloria si sentono dire: «Tutto sotto controllo, professoresse». Tiào e il padre di Edimar sono arrivati prima di loro. Tiào ha parlato con i poliziotti a cui ha dato delle sigarette ed Edimar è stato liberato. Il ragazzo esce, saluta velocemente Tiào e il padre, ma decide di tornare a scuola in auto, silenzioso, con le sue insegnanti.
Un altro giorno rompe il fondo di una bottiglia di vetro per aggredire Rose, una compagna di classe. Sêmea gli blocca la mano: «Se vuoi ferire qualcuno, comincia da me». Lui si dibatte, ma lei non lo molla: «Sono tutte menzogne le cose che ci siamo detti? Non valgono niente? Quello che ci siamo detto ieri a Scuola di comunità è menzogna?». Edimar non risponde e se ne va sul suo carretto con lo sguardo triste e infuocato. Ma, dopo pochi giorni, cerca Rose per chiederle scusa, e tornano amici.
Dalle vacanze, episodi come questo accadono più volte, dopo ogni scoppio d'ira Edimar chiede scusa. Tutti rimangono stupiti da questi gesti, anche se Edimar non è mai stato un tipo indifferente e ha sempre trattato tutto con rispetto. Da quando ha smesso di drogarsi, Edimar è ritornato un ragazzo dolce, capace di attenzioni e tenerezze.
Suo fratello, invece, dice che Edimar sta diventando un idiota e anche gli altri della banda si sono accorti che è cambiato: non va più ai balli, non è più così furbo e, quando deve fare un lavoro con loro, sembra farlo controvoglia; preferisce guardare le partite della Coppa del Mondo con Ivan, Andreia, Sergio e Leandro, mangiando popcorn e bevendo succhi di frutta. Tiào è in allarme, sa che Edimar ha simpatia per lui, gli è ancora fedele e gli obbedisce, ma di fatto non è più come prima: sta sempre con quell'insegnante, e non solo lui, ma anche Ivan e Sergio. Nella seconda metà di luglio, Sêmea lascia Brasilia per una vacanza; prima di partire, avendo saputo che la madre di Edimar non sta bene, gli chiede di andare a trovarla a Ceilândia. Edimar le promette di andare.
In quei giorni Edimar chiede scusa ad Andreia per una discussione avvenuta molto tempo prima, e quasi la spaventa dicendole: «Se tu mi perdoni, anche Dio mi perdonerà». Fa la stessa cosa con Ivan e chiede perdono ad altri amici per cose che nessuno più ricorda.
Intanto Tiào è in guerra con Regis, un altro boss che sa approfittare di tutto (nessuno sa perché Edimar ancora lo frequenti), ma Tiào deve starsene buono, perché è in libertà condizionata e qualsiasi accusa gli procurerebbe un lungo periodo di deten-zione.
Regis ruba un'auto e, insieme a Edimar, la nasconde nel terreno di Tiào. Quando Tiào scopre l'auto e che i due la vogliono vendere dividendosi il guadagno, ne pretende una parte. Discute con Regis e da del traditore a Edimar, perché rimane imparziale e non si mette con lui. Infine se ne va furioso, mentre Edimar rinuncia alla sua parte di denaro.
Edimar, dopo i giorni passati da sua madre, torna a Samambaia e va a stare da Ivan; ha nostalgia di Sêmea, ritornata a Brasilia.
Io non ammazzo più
«Voglio smettere di rubare per Tiào»: è il 29 luglio, una notte dal cielo sereno. Leandro si ferma in mezzo alla strada: «Cosa hai detto?». A Leandro piace Edimar, ama il suo modo di essere, con quella giacca azzurra stampata. I due amici sono soli, Edimar gli indica la stella più luminosa: «Se mi dovesse succedere qualcosa e tu non mi incontrassi mai più, guarda quella stella, io ti vedrò e tu ti ricorderai di me». Stanno insieme fino all'alba. È sabato, il giorno della Scuola di comunità alla 120. Ivan e Edimar ci vanno cantando abbracciati. Quel giorno tutti i suoi amici partecipano all'incontro, ma Edimar è più triste del solito.
Alla fine dell'incontro, mentre Sêmea sta chiudendo la sala, lo vede ritornare, Edimar le da un forte abbraccio e le comunica la sua decisione: «Io voglio andarmene davvero da Brasilia. Mi dirai tu da chi posso andare ad abitare». Edimar abbraccia ancora Sêmea, le da un bacio e se ne va. Quello stesso sabato, il 30 luglio, Leandro compie quindici anni. Edimar organizza per la notte la festa in casa dell'amico con musica e birra. Arrivano tutti: Ivan, Sergio, Patola. Tiào arriva più tardi, non entra, parla con qualcuno e se ne va a fumare uno spinello.
Edimar e Leandro, uno col berretto nero e l'altro marrone, ballano insieme, facendo ridere tutti.
Dopo un po' Edimar esce e si ferma con Leandro davanti al falò che hanno acceso all'angolo della strada. Fa freddo e la festa sta terminando, Leandro torna in casa mentre alcuni rimangono a chiacchierare attorno al falò. Tiào ritorna da Leandro sotto l'effetto della droga e invita Ivan ad andare con lui a comprare altra droga. I due escono soli. Sergio sa che nessuno dei due ha del denaro e li segue, li vede parlare al buio, in un terreno incolto. Tiào è armato. Sergio si rende conto che la situazione si sta facendo pericolosa per Ivan e li raggiunge. Ritorna con Ivan, senza correre per non eccitare Tiào, alla casa di Leandro.
Ivan avvisa Edimar che Tiào è armato e lo sta cercando. Gli altri cominciano ad agitarsi quando Tiào si avvicina al falò. Ci sono Ivan, Sergio, Patola, Tonho e Edimar. Passa Regis in macchina (aveva discusso un'altra volta con Tiào e l'aveva insultato chiamandolo "gigolò"); Tiào da la pistola a Edimar e gli ordina: «Ammazza Regis». Edimar resta accoccolato e risponde: «Io non ammazzerò Regis», «Se tu non ammazzi Regis, devi ammazzare me. Ma domani tutta la tua famiglia morirà, perché quelli della banda sanno che sono qui e cosa ci sono venuto a fare».
Edimar restituisce l'arma a Tiào e dice: «Sei come un padre per me, ma io non ammazzerò più nessuno».
Tiào lo guarda furioso: «Alza la testa quando ti parlo! Sembri mia moglie, che quando le parlo abbassa la testa!». Edimar rifiuta per la terza volta di prendere l'arma, si alza e dice: «Io me ne vado».
Tiào spara e lo colpisce al collo, Edimar cade con una gamba nel fuoco. Patola tenta di aiutarlo, gli sposta la gamba dal fuoco; gli altri gridano a Tiào di smetterla, ma lui è fuori di sé: «Chi si avvicina a lui muore!». Edimar è a terra.
Tiào urla: «Tu dovevi ammazzarmi o ammazzare Regis!». Edimar risponde qualcosa a bassa voce, e Tiào gli scarica addosso altri quattro colpi. Due alla testa. Sergio da una spinta a Ivan: «Ivan, corri, sei tu il prossimo!». E Ivan corre pensando a Edimar steso a terra, che avrebbe potuto uccidere e non ha voluto farlo, scatenando l'odio di Tiào.
Intanto Leandro, uditi i colpi di pistola, esce per raggiungere gli altri e vede Tiào che fugge puntando ancora la pistola scarica contro una ragazza. Corre al falò, e vedendo Edimar a terra scoppia a piangere.
Qualcuno si muove per chiamare il padre di Edimar.
Edimar muore durante il tragitto verso l'ospedale. Sono le quattro di mattina del 31 luglio 1994.
Al funerale sono presenti gli amici della comunità e anche molti della scuola che all'inizio avevano avuto paura di Edimar. Tiào e alcuni della sua banda moriranno in modo violento. Ma altri hanno visto cambiare la propria vita. Ivan ha detto: «Era necessario che Edimar morisse perché io comprendessi cosa vuoi dire vivere». Ora Ivan lavora nello studio di un'emittente radiofonica, Sergio è muratore, Leandro lavora in banca, Andreia è segretaria in una clinica. I genitori di Edimar hanno ripreso a vivere insieme.
Gloria racconta che suo fratello, alcolizzato, smise di bere quando lei cominciò a pregare per la sua guarigione, per intercessione di Edimar.
Don Virgilio Resi ha scritto questa breve preghiera che testimonia la novità avvenuta nella vita di Edimar, e chiede che lo stesso avvenimento diventi amicizia, gioia e speranza per tutti.
Signore Dio,
che hai chiamato Edimar alla vita di fede
e hai realizzato nella sua persona il miracolo del cambiamento, ti chiediamo:
fa' succedere nella nostra vita la novità che abbiamo visto in lui,
dacci la gioia di ricordarti presente in una compagnia di amici,
la decisione per aderire al cambiamento,
la forza per consegnarti la vita secondo il tuo disegno
e che la nostra amicizia sia testimonianza
della presenza tra noi del Tuo Figlio risorto.
NOTE
[1] II Piano Pilota è il nucleo di Brasilia. È così chiamato perché ricorda la figura di un aereo, ma ha la sua origine- ha scritto l'architetto Lucio Costa - «dal gesto primario di chi segna un luogo o ne prende il possesso, due direzioni che si incrociano ad angolo retto ossia come segno di croce. Si cercò poi di adattare alla topografia locale, al corso naturale delle acque, un orientamento migliore arcuando una delle due direzioni, al fine di contenerla nel triangolo equilatero che definisce l'area urbanizzata».
[2] La capoeira una lotta tipica realizzata tra gli schiavi; oggi è chiamata "gioco" perché mescola danza e combattimento.
[3] Le statistiche dimostrano che l'aspettativa di vita di un ragazzo di strada non supera i 2.0 anni di età.
[4] La Scuola di comunità è la catechesi - testo, meditazione personale, incontri comunitari - del movimento di Comunione e Liberazione. Le parole "comunità" e "movimento", che saranno usate nel corso del testo, si riferiscono a Comunione e Liberazione, movimento fondato da don Luigi Giussani negli anni 50.
[5] Oh freedom, oh freedom/oh freedom over me!//And before l'II be a slave,/l'll be buried in my grave/ and go home to my Lord/ and be free// No more mourning over me!// No more shouting over me!// No more crying over me!
«Oh libertà su di me!// Piuttosto che diventare schiavo, sarò sepolto nella mia tomba e andrò alla casa del mio Signore e sarò libero// Non più lamenti su di me!// Non più grida su di me!// Non più pianti su di me!».
[6] Avião è il termine usato dai trafficanti per definire la persona che trasporta armi e/o droga.
[7] Per la legge brasiliana un minore non può essere rinchiuso in una prigione comune, ma, se ne viene dimostrata la colpa, viene mandato ad uh istituto di riabilitazione. Spesso la polizia imprigiona un minore sospetto per una notte o alcuni giorni e poi lo libera.
[8] Le vacanze, uno dei momenti più importanti nella vita della comunità, sono giorni di convivenza con gite, giochi, canti, preghiere secondo la Liturgia delle Ore e approfondimenti sulla Scuola di comunità.
[9] Lo Sconosciuto, poesia di Jussara M. Santos, un'amica di alcuni della comunità di Comunione e Liberazione di Brasilia.
[10] II riferimento è alla canzone Sempre lembrarei, versione portoghese di una canzone italiana: «Sempre ricorderò/il giorno in cui ti ho incontrato/il tuo sguardo/che mi ha salvato./E mi ha dato un nome/che è troppo per me/e una speranza al mio vivere//Rit. Il cammino iniziato non lascerò/e il suo volto per me//sempre ricorderò/il giorno in cui ti ho incontrato/quando mi hai accolto/e mi hai parlato/e mi hai dato un nome/che è troppo per me/e un manto azzurro come il cielo//sempre ricorderò/il giorno in cui ti ho incontrato/la tua mano nella mia che mi guidava/e mi hai dato un nome/che è troppo per me/e una promessa per la mia vita».
Fonte:
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Tracce, lug/ago 2004
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