La nostra Congregazione ha potuto godere, solo per alcuni anni, agli inizi della sua storia, della testimonianza di una sorella che ha interpretato in modo eccellente il “tuttismo” alberioniano. E’ stato il Fondatore stesso che al momento del commiato ha definito sr Claudia Da Sois la suora del “tutto”:
“M. Claudia, da quando io l’ho conosciuta, l’ho conosciuta come la suora del tutto, una suora non per metà, ma totalmente osservante nella povertà, nella delicatezza, nell’obbedienza, nella vita comune. La suora del tutto che corrisponde all’offerta della professione religiosa: tutta mi dono, tutta mi offro, tutta mi consacro”.
Una totalità di dono e di offerta che contagiava chiunque entrava in relazione con lei. Il suo tuttismo ha edificato la Congregazione proprio mentre muoveva i suoi primi passi.
Carolina, la prima di tre figli, nacque il 9 luglio del 1921, a Puos d’Alpago, provincia di Belluno, da Luigi e Anna Funes, una famiglia profondamente cristiana. Negli anni della sua fanciullezza dovette emigrare in Francia con tutta la famiglia, e tornò in Italia negli anni precedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale. Carolina era ormai una bella ragazza, si distingueva per il carattere volitivo e intraprendente, sempre gioiosa animatrice delle sue compagne nella vita quotidiana e negli impegni parrocchiali.
Le Pastorelle avevano aperto una casa a Puos d’Alpago nel 1942. Da questo piccolo centro dell’agordino la loro missione pastorale si irradiava nei centri vicini, soprattutto quando la piccola comunità si ingrandì per l'arrivo delle sorelle sfollate da Roma a causa della seconda guerra mondiale. Alla giovane Carolina, che aveva compiuto 21 anni a luglio di quell’anno, non sfuggì il fascino di queste suore, della loro vita tutta dedicata a Gesù buon Pastore, a servizio della parrocchia, e nell’agosto dell’anno seguente entrò in Congregazione, proprio nella comunità di Puos d’Alpago, e il 29 maggio 1945 iniziò il noviziato nell’allora Casa Madre, a Genzano. Si distingueva per la sua maturità umana, per il suo profondo spirito di preghiera e per la generosa disponibilità a qualsiasi servizio.
Era schietta, gioviale, amava la Congregazione e sin da novizia desiderava che venissero tante vocazioni. Pregava molto per questo.
Il 30 maggio dell’anno seguente fece la sua Professione Religiosa con quei sentimenti di totalità nel dono di sé al Pastore Gesù, che già la distinguevano come suo tratto caratteristico. Le fu dato il nome nuovo di sr Claudia. Subito dopo la professione le fu affidato il compito di animatrice vocazionale, che sembrava tagliato su misura per lei. Si mise subito al lavoro viaggiando giorno e notte, in giro per l’Italia, per incontrare le giovani che venivano segnalate dai parroci. Visitava le loro famiglie, guidava le giovani nel discernimento vocazionale, incontrava i parroci della zona, per far conoscere l’Istituto.
Una nota interessante la descrive molto discreta nel suo zelo: quando arrivava in una parrocchia e le ore non erano opportune per visitare le persone, ad esempio quelle del primo pomeriggio, chiedeva ai parroci di lasciarle la Chiesa aperta e lei si fermava a pregare per ore, davanti al suo Gesù buon Pastore Eucaristico. Possiamo immaginare quale dialogo amoroso intratteneva con Cristo, quali non erano i suoi sentimenti di adorazione, intercessione, ringraziamento. Era tutta sua e a tutti voleva annunciare il Suo amore, tutti voleva porre al servizio del Vangelo. La suora del tutto, un totale amore che traspariva dai tratti del suo volto, luminoso di una bellezza che proveniva dall’interno.
Per volontà del Fondatore, nel 1954 fece parte del primo Governo Generale della nostra Congregazione; anche da consigliera continuò il suo ministero di vocazionista, senza risparmiarsi, anzi aggiunse lavoro a lavoro, sempre con il sorriso sulle labbra e lo zelo che le ardeva nel cuore.
Madre Claudia era esigente con se stessa e con gli altri, voleva sempre il tutto per Dio e per la missione pastorale. Era volitiva, creativa, versatile, materna con le più giovani. Non si risparmiava, anche tornando stanca dal viaggio, andava in cucina a lavare le pentole e a badare alle cose della casa. Una testimonianza di quegli anni ricorda un particolare molto bello. Davanti alla cucina di Albano c’era un’aiuola di margherite alte e belle e lei una volta, uscendo dalla cucina, le abbracciò con un gesto insolito dicendo: “Come vorrei che fossero tutte vocazioni!”. Per lei tutto e tutte dovevano essere al servizio del Signore!
Nell’autunno del 1956 cominciò a star male. A gennaio del 1957, tornando da uno dei suoi giri vocazionali, arrivò ad Albano con la febbre alta. Il Dottore diagnosticò una nefrite e consigliò il ricovero in ospedale. Madre Claudia minimizzava e non lo riteneva necessario, ma nelle sue condizioni aveva bisogno di cure immediate e soprattutto di caldo, cosa che in Casa Madre, a quell’epoca, non era nemmeno pensabile. Consegnò la sua volontà e fu portata in ospedale. A Natale del 1956 era in Sardegna, e il Fondatore le aveva scritto gli auguri: “Benedico i tuoi viaggi vocazionali. Gesù buon Pastore li annota a tuo merito e li feconderà con preziosi frutti. La Sardegna è terra di belle vocazioni. Benedizione anche alle figlie che ti ascolteranno ed alle loro parrocchie e famiglie. Paradiso!” Quel Paradiso scritto alla fine del biglietto non poté non toccare il cuore di M. Claudia. Era sfinita dalle fatiche e aveva solo 35 anni! Il Paradiso era per lei già molto vicino.
Negli ultimi giorni disse a M. Celina: “Le voglio fare una confidenza: bisogna pregare molto per le sorelle che sono in agonia, perché in quei momenti il diavolo tenta e ti vuol far credere che non c’è nulla. Le assicuro, come in confessione, che io non l’ho mai assecondato”. Nei momenti più duri pregava a voce alta, invocando insistentemente il nome di Gesù a cui univa spesso quello di Maria e di san Giuseppe.
A febbraio del 1957 il Fondatore aveva convocato ad Albano tutte le superiore di comunità per un ritiro speciale. La mattina del giorno 14 era passato a salutare Madre Claudia ormai morente, ma sempre lucida e consapevole: don Alberione ascoltò la sua confessione, le diede la benedizione papale con l’indulgenza plenaria e le fece rinnovare la Professione Religiosa. Alle 17 Madre Claudia disse insistentemente alle suore Paoline infermiere che l’assistevano: “Chiamate il Primo Maestro e la Madre, poiché questi sono gli ultimi momenti”. Il Fondatore, avuta la notizia, interruppe la predica e si precipitò in ospedale. Fece appena in tempo a darle l’ultima assoluzione e ad accompagnarla al momento del passaggio al Cielo. Così scrive Alberione nella sua commemorazione: “Madre Claudia rimase costante sempre, anche nell’ultimo combattimento, che fu cosciente, contro il male e le potestà delle tenebre; lotta che fu coronata dalla vittoria!”.
Morì serena, con il sorriso sulle labbra, così come era vissuta, donando tutto quello che aveva, la sua giovane vita, le speranze del futuro per la Congregazione, la sua sofferenza e l’accettazione della morte come ultima obbedienza. Così disse alle sorelle che passavano a darle un saluto: “Il Signore chiama a tutte le ore, bisogna partire quando Egli vuole. Prepararci a partire con entusiasmo, come quando ci si prepara quaggiù per il primo viaggio. E’ bello morire per il Signore, quando si è dato tutto per la Congregazione. Tutto per te, o Signore! Tutto per il Paradiso e perché la Madonna sia molto amata in Congregazione”.
Madre Claudia fece proprio così, visse e morì così, totalmente donata! La suora del tutto!
Autore: sr Giuseppina Alberghina, sjbp
Fonte:
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www.pastorelle.org
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