MenĂ di Castagnaro, Verona, 9 ottobre 1911 - Madras, India, 19 maggio 1967
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Durante un’intervista, mentre era ricoverato all’Ospedale Molinette di Torino, alla domanda: “Che cosa si attende ancora dalla vita?”.
Rispondeva: “…se il Signore mi dà ancora un po’ d’esistenza, gli chiedo: Signore aumentami le anime. Dammi tanti affamati da sostenere. Dammi tanta forza di Amare i poveri… e di dedicare il resto della mia vita a loro”.
Orfeo Mantovani aveva conosciuto fin da ragazzo la povertà. Quando rivelò ai genitori il desiderio di farsi sacerdote e poi missionario, disse: “Se avrò la grazia di diventare sacerdote, vi assicuro che dedicherò tutta la mia vita per i poveri, soprattutto per chi ha fame, come me questa sera…”.
Dopo gli studi nell’Istituto missionario Card. Cagliero di Ivrea, parte missionario per l’India. Dopo un’accurata preparazione culturale e salesiana, fu inviato come Maestro dei novizi a Tirupattur (1946-1948) e a Kotagiri (1951-1952). Ma don Orfeo non era contento: non era questa la vocazione che tanto desiderava, voleva lavorare tra i poveri.
Chiesto il trasferimento, fu finalmente inviato alla periferia di Madras. Qui fondò il Centro di Sollievo Sociale. L’Opera comprendeva: Scuole Elementari diurne e serali, Clinica gratuita e Ospedale, Lebbrosario, Oratorio festivo. Tutto questo complesso caritativo iniziò con una colletta che fruttò 86 centesimi.
I ragazzi del Centro erano circa 350, gli altri variano di giorno in giorno, portati dai poliziotti o dagli spazzini, con i quali don Mantovani aveva stipulato un contratto: per ogni agonizzante portato al Centro una ricompensa in denaro pari a 500 lire italiane. La sua opera suscitò partecipazione in Italia e in India. Don Orfeo era ammirato e stimato.
È tuttavia significativa una sua affermazione: “La mia sola grandezza è di essere figlio di don Bosco che mi ha tirato su dal nulla e mi ha reso capace di fare qualcosa per i poveri nei momenti di scoraggiamento mi dicevo: guarda l’inginocchiarsi davanti all’Eucaristia e andare in estasi è cosa facile; fare una meditazione dinanzi al Crocifisso è facilissimo; fare una meditazione inginocchiato davanti a un Gesù lurido, sporco, abbandonato sulle strade, questo è difficile ma è la meditazione che vale. Con questo pensiero trovavo la forza di alzarmi in piedi e continuare”.
Ai suoi funerali, terminata la Messa, seguì l’intervento del Consigliere comunale Hindu: “…se la religione cristiana, può produrre uomini come Padre Mantovani, non può che essere divina”.
Don Mantovani ha dedicato la sua vita ai tipici poveri del Vangelo e consegna a tutti un messaggio sempre attuale: gli ultimi non sono da vedere come un carico di pietà e di dolore ben dosato, ma come un dono di Gesù da accogliere e abbracciare con bontà. Ogni uomo, non importa se il più povero, è una storia sacra.
Fonte:
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www.colledonbosco.it
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