Don Acquistapace, da tutti conosciuto come padre Mario, nato a Lodi Vecchio il 16 luglio 1906, proveniva da una famiglia molto stimata in paese. Lui stesso raccontò, nella basilica di san Bassiano, dove celebrava le rare volte che tornava in Italia in visita ai familiari, che se la mamma non fosse corsa a casa, non lontana dalla parrocchiale, sarebbe nato in chiesa durante la recita del Rosario in onore della Madonna del Carmelo… Sì, perché un tempo, nemmeno tanto lontano, il rosario si recitava ogni sera, a casa attorno al fuoco acceso o in chiesa in occasioni particolari. Il suo casato annovera illustri personaggi, come il noto maestro Giuseppe Oltrasi, fratello della mamma, organista nella basilica di Sant’Ambrogio a Milano e compositore di musiche liturgiche divenute popolari.
Missionario
Don Acquistapace con padre Massimiliano KolbeEntrò nel noviziato salesiano il 18 settembre 1921, sostenuto dal totale appoggio dei genitori i quali, benché addolorati di veder partire il figlio da casa per un’avventura suggestiva ma oggettivamente difficile, diedero il consenso e la loro benedizione. Un anno dopo con la professione dei voti religiosi a Este è salesiano. Quello che temevano i genitori avvenne puntualmente: il 26 dicembre 1925, a soli diciannove anni, Mario partì per la Cina. Sbarcò a Hong Kong il 30 gennaio del ‘26, dopo 36 giorni di viaggio. In nave, naturalmente. I Boeing 777 erano di là da venire! Tre anni dopo si consacrò per sempre con la professione perpetua e il 30 maggio 1931 viene ordinato sacerdote. Poi Macao. La piccola colonia britannica sarà il campo base del suo incredibile apostolato.
Solo nel ‘36 tornò per la prima volta in Italia a rivedere i suoi, e durante il lungo viaggio in nave ebbe la rara fortuna di incontrare e parlare a lungo con il frate conventuale polacco Massimiliano Maria Kolbe, oggi santo, martire diAuschwitz, che ebbe il coraggio di chiedere di morire al posto di un padre di famiglia. Padre Massimiliano poi, in occasione dei suoi viaggi attraverso le missioni francescane in Giappone, tornò più volte a trovarlo a Macau, per conoscere la realtà delle scuole professionali salesiane. Don Mario rimase molto colpito da tale incontro, tanto da descriverlo in una lettera che conclude: “Ci salutammo con un abbraccio. L’avevo stimato un buono. Mai avrei immaginato di ospitare e abbracciare un santo”. In effetti, seppe più tardi del suo martirio ad Auschwitz, il famigerato campo di sterminio nazista, poi lo vide proclamato santo a Roma da papa Wojtyła e riscoprì la gioia indicibile di quel lontano abbraccio.
La fama
Rimase a Macau fino al 1946, dove fu anche direttore dell’orfanatrofio, per sei anni. La sua fama cominciò a crescere proprio in quel periodo. Una fotografia del suo operato la mostra una lettera dell’allora ispettore don Braga, indirizzata al Rettore Maggiore dei salesiani, in cui il superiore provinciale descrive come la simpatia nei confronti dell’opera salesiana, proprio per merito di Don Mario, si fa sempre più viva e si concretizza in offerte, aiuti morali e incoraggiamenti gratificanti. A quel punto i superiori di Torino, ormai conquistati dalla sua saggezza, dal suo attivismo costante e calibrato, e dal non comune zelo apostolico, pensarono di mandarlo in avanscoperta nel cuore della Cina, a Pechino. Senza dubbio avevano in mente il famoso sogno/profezia di Don Bosco e credettero di avere l’uomo giusto per tentare la scalata apostolica al colosso giallo. Là doveva occuparsi, manco a dirlo, della “gioventù povera, abbandonata e pericolante”. Fu così che nacque in Cina la prima casa salesiana che aprì subito le porte alla povera gente, che all’epoca annoverava tra i suoi ranghi gran parte della popolazione. Don Mario si buttò a capofitto nel lavoro. Mirò, ovviamente, ai giovani da buon salesiano qual era, ma anche ai cristiani perseguitati, a chi soffriva, a chi aveva bisogno di consiglio e conforto. Purtroppo la cosa non durò a lungo. Era il periodo più duro della riforma agraria, quando oltre cinquemila missionari cristiani vennero espulsi e milioni di contadini e proprietari terrieri sterminati… Nel 1952 toccò ai salesiani: venne requisita la casa, e i missionari sono espulsi. Anche lui, ovviamente. Il dolore fu intenso, supportato tuttavia da una grande fede. Lasciò dunque con grande rammarico Pechino per far ritorno a Hong Kong.
Ispettore
Qui fu nominato ispettore della provincia salesiana comprendente Hong Kong, Macao, Formosa, le Filippine e il Vietnam. Furono sei anni altrettanto intensi, conclusi con la partenza per il Vietnam nel 1958, dove restò fino al 1974, subendo in pieno i terribili anni della guerra. Non si può dire, insomma, che il nostro abbia avuto una vita facile! A Saigon il “soggiorno” fu tragicomico. Infatti, data la casuale somiglianza con il terribile generale nordvietnamita, viene soprannominato don Ho Chi Minh, forse a causa della barbetta caprigna che ricopriva il mento di tutti e due. Come il generale, d'altronde, anche don Mario era sempre impegnato a far guerra, una guerra diversa però: contro la fame, la miseria, la violenza, le malattie, il sottosviluppo… E anche lui diventa quasi un simbolo. Magro, minuto, il volto sorridente, gli occhi maliziosi e vivaci, non amava parlare della sua vita, voleva solo prodigarsi per gli altri e dedicava tutto il suo tempo a questo. Andava sempre di fretta: un prete da corsa, per vincere la gara del bene. Nel 1974 tornò a Macao nell’isola di Coloane, una zona caratterizzata dalla presenza di moltissime baracche, dove tante donne si dedicavano a un complicato gioco cinese di dadi, non per divertimento bensì per guadagnare qualche spicciolo per i loro bambini. Numerosissimi. Don Mario decise di occuparsene a tempo pieno e le mamme facevano a gara per affidare i loro figli a colui che ormai chiamavano “the living Saint” (il santo vivente). Nel 1990 venne trasferito alla “Braga House” di Hong Kong per sacerdoti anziani. Lì si spegne il 25 settembre 2002, carico di anni e di buone opere. Il funerale fu un trionfo. Tantissima la folla accorsa alla veglia, la sera e al funerale la mattina. Era palpabile la carica di affetto di quella gente che da lui aveva ricevuto qualche indumento per coprirsi dal freddo, una scodella di riso, un tetto sotto il quale dormire, la sua benedizione, una carezza e la certezza di essere ogni giorno presente nelle sue preghiere. Un uomo cui il cognome, Acquistapace, non rende sufficiente giustizia, poiché lui più che acquistarla la pace è stato in grado di donarla. Sempre.
Autore: Giorgia Frisina
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