Dati biografici
Cándido Castán San José nacque a Benifayó, provincia e diocesi di Valencia, il 5 Agosto del 1894. Era un padre di famiglia che da svariati anni viveva con moglie e figli a Pozuelo de Alarcón (Madrid), nella colonia di San José.
Impiegato delle ferrovie della Compagnia del Nord della Spagna, aveva studiato al liceo nel colleggio dei F.lli del Sacro Cuore a Miranda de Ebro, dove sue padre era stato mandato come Capostazione. In seguito affrontò gli studi specialistici relativi all’ambito ferroviario. Nel 1936 prestava servizio nela suddetta compagnia come capo ufficio. Aveva due figli,Teresa, 15 anni, e José María, 7.
Cristiano coerente, militante cattolico, era a quel tempo Presidente della Confederazione Nazionale di Operai Cattolici. Così come era Presidente dei ferrovieri cattolici, sezione di Madrid-Nord, e affiliato all’Adorazione Notturna. Come si unì al “martirologio oblato”? Perchè fu portato via da casa sua e recluso, insieme con altri laici cattolici, nel convento dei Missionari Oblati, tempestivamente trasformato in prigione, e assassinato con il primo gruppo di Oblati. Tra i suoi discendenti figurano un nipote sacerdote e una nipote religiosa.
Detenzione e martirio
Il 18 luglio subisce nella propria casa una prima perquisizione. Sua figlia Teresa fu testimone diretta della sua detenzione e ce ne rende una viva descrizione: “Si presentarono in casa alcuni miliziani, con il pretesto di trovare delle armi, che ovviamente non esistevano… quando terminarono, gli ordinarono di non muoversi da casa. ”Quattro giorni dopo, il 23 luglio, verso mezzogiorno, fu obbligato da un gruppo di “Miliziani del comitato rivoluzionario di Pozuelo” ad abbandonare la propria casa”.
Fu condotto come prigioniero nella casa dei Missionari Oblati. Rinchiuso nel convento degli stessi, al tramonto del 23 Luglio ricevette la visita della moglie che gli portava da mangiare. Quella stessa notte tra il 23 e il 24 luglio venne portato via dal convento con altri 7 Oblati e giustiziato con loro a Casa de Campo, un parco situato tra Pozuelo e Madrid.
Testimonianze
Interessantissima e dettagliata la testimonianza di sua figlia. Riportiamo alcuni paragrafi:
“I miei genitori si sposarono il 4 giugno del 1919. L’ambiente familiare era staordinario e laddove andavano i miei genitori, andavamo io e mio fratello. Siamo stati educati in un clima di amore e religiosità, dove nella familia, da parte dei miei genitori, ci venne insegnato di pregare e amare Dio sopra ogni cosa e a compiere opere di carità. Ho un vivo ricordo della grande immagine del Sacro Cuore di Gesù che avevamo sia nella casa di Madrid che in quella di Pozuelo. Ricordo che da piccola, quando non mi comportavo bene, mio padre mi mandava a inginocchiarmi davanti al Sacro Cuore e chiedergli perdono.
Preoccupati per la nostra educazione religiosa, i miei genitori ci portarono a scuole religiose, sia a Madrid che a Pozuelo.
Anche in casa mia si viveva un clima profondo di religiosità. Mio padre pregava il rosario tutti i giorni ed era devotissimo alla Santissima Vergine, insegnandoci che era la nostre Madre Celeste. Nel pomeriggio visitava il Santissimo. Molte volte io lo accompagnavo, in altre occasioni diceva di essere stato in questa o quella Chiesa.
Era membro della Adorazione Notturna. Moltissimo devoto al Sacro Cuore di Gesù, lo intronizzò solennemente in casa mia. Questa religiosità mio padre non solo la viveva nella sua intimità, ma è stato anche un divulgatore della fede Cattolica.
Quando ci trasferimmo a Pozuelo, ricordo che promosse , in collaborazione con altri vicini, la costruzione di una cappella, che esiste ancora oggi, in onore di San Giuseppe, per ascoltare la messa la Domenica. Dovevamo portarci le sedie perchè non solo non c’erano i banchi, ma neppure il pavimento.
In vista della brutta piega che le cose stavano prendendo, ricordo che mia madre propose a mio padre (a seguito dell’arresto domiciliare) di fuggire a Benicarló, con la famiglia di mia madre, e si nascondesse lì. Mio padre si rifiutò dicendo che non doveva affatto nascondersi perchè non aveva fatto nulla di male.
Il 23 luglio, verso mezzogiorno, si presentarono di nuovo i militanti per arrestare e portar via mio padre. In casa c’eravamo solo lui ed io, poiché mia madre era uscita a fare la spesa, accompagnata dal mio fratello piccolo. Mio padre mi diede la fede nuziale e le chiavi di casa dicendomi di consegnarle a mia madre. Lo portarono al convento dei Padri Oblati e nel tragitto incontrò mia madre e mio fratello che stavano ritornando dalla spesa. Mia madre gli preparò la cena e la portò al convento. Il giorno dopo gli preparò la colazione ma quando gliela portò, già non c’era più.
In casa mia, mia madre considerò sempre mio padre un martire, perchè sapeva che l’unica causa della sua morte è stata la Religione.
Martire della fede o avversario politico?
Questo è un interrogativo che alcuni Consulenti del Tribunale Vaticano prospettarono. Questo diede al Postulatore l’occasione di studiare più a fondo questa Causa per cancellare questo dubbio. Ammettiamo che le testimonianze dei suoi figli , “per sentito dire”, lascino uno spiraglio di dubbio. In effetti Candido Castàn era stato “nominato” (non eletto) “assembleista” durante la dittatura del Generale Primo de Rivera e aveva svolto la funzione di Consigliere interno supplente nel Comune di Madrid. Tuttavia, non era iscritto a nessun partito, nè fondò alcun sindacato cattolico: il Generale aveva soppresso i primi e sospeso questi ultimi. Forse faceva parte o frequentava qualche Circolo Cattolico di ferrovieri, per la sua formazione Cristiana. Ad ogni modo, dal momento in cui si trasferì con la sua famiglia a Pozuelo, nel 1930, e dopo le dimissioni e l’auto-esilio del Generale, si allontanò totalmente da tutti gli incarichi sociali che avesse potuto svolgere precedentemente nel Municipio di Madrid. Vi soono inoltre dei documenti che attestano che il Comitato rivoluzionario di Pozuelo, che lo arrestò e lo uccise, non era a conescenza di queste informazioni, dato che nella lista dei giustiziati compare sempre e solo come “impiegato ferroviario” e apolitico.
Candido Castàn era molto conosciuto a Pozuelo, località che allora contava massimo duemila abitanti. Il quartiere della stazione, in cui viveva e la cui Chiesa frequentava, non raggiungeva i mille abitanti. Tutti lo conoscevano come controllore dei treni che circolavano da Pozuelo a Madrid.
Era sicuramente conosciuto per essere un praticante e fervente cattolico. Dato che non poteva partecipare all’Adorazione Notturna, come quando viveva a Madrid, visitava il Santissimo tutte le sere nella Cappella del Carmelo (oggi Parrocchia) nel quartiere della Stazione. Nella Clina di San José, in cui viveva con la sua famiglia, fu uno dei più attivi promotori per la costruzione di una piccola cappella in onore di San José, che rendesse più facile al circondario partecipare alla Messa domenicale. I Gesuiti di Madrid, con cui Candido aveva un buon rapporto, collaborarono alla realizzazione di questa opera, donandogli ornamenti e contenitori di vetro sacri.
Educato nel Collegio dei religiosi dei Sacri Cuori, a Miranda di Ebro (Burgos), dove suo padre era Capostazione, conservò pure con loro l’amicizia e un buon rapporto.
Nel 1931, durante la prima ondata della persecuzione religiosa, in cui vennero bruciati chiese e conventi, accolse in casa sua tre membri della ormai sciolta Compagnia del Gesù: due sacerdoti e un fratello.
Frequentava il collegio di San José de Cluny, in cui studiavano le sue figlie. Partecipava con la sua famiglia agli eventi culturali e alle feste che avevano luogo nel convento degli Oblati, quando, in occasione delle festività più importanti, gli scolastici rappresentavano “Atti Sacramentali”.
Possiamo ipotizzare che frequentasse pure il gruppo di cattolici praticanti che si riuniva insieme al Servo di Dio P. José Vega. Questo zelante e quasi “temerario” sacerdote Oblato, sfidando la tragedia che sembrava imminente, li incorggiava a restare saldi nella fede, remando controcorrente nel clima antireligioso della II Repubblica.
Era un grande devoto del Sacro Cuore, che aveva solennemente intronizzato nella sua casa, la cui festa celebrava con i vicini proprio nella sua dimora.
Il corpo del delitto
Quando i miliziani del Comitato Rivoluzionario di Pozuelo andarono a perquisire la sua casa “in cerca di armi” (pretesto che usavano come scusa per entrare in conventi e case), trovarono quello che cercavano, il corpo del delitto: una grande immagine del sacro Cuore di Gesù, affiancata da due immagini più piccole, di San Giuseppe e di Santa Teresa, verso i quali professava una particolare devozione.
È chiaro che era uno spiccato e conosciuto “nemico” che bisognava sconfiggere per la sua fede profonda e per le sue pratiche religiose, ben conosciute in tutto il vicinato.
Tramite un serio studio della documentazione, il Postulatore della Causa manifestava il frutto della sua indagine con queste parole:
“Posso concludere in coscienza che, a mio giudizio, il Servo di Dio Cándido Castán San José è stato un laico cattolico coerente con la sua fede, di fervente pratica religiosa. Di conseguenza, questo Servo di Dio fu giustiziato, così come i 22 presunti Martiri Oblati, a causa della sua fede e per la sua conosciuta pratica religiosa di questa stessa fede cristiana, e non per ragioni politiche”.
Più di uno ci ha chiesto perchè gli Oblati hanno incluso nella Causa dei propri Martiri questo padre di famiglia, non essendo egli un religioso e non facendo parte del loro Istituto. La risposta del Postulatore è chiara e severa: la vigilia del suo martirio lo rinchiusero nel convento degli Oblati, lo fucilarono quella stessa notte con il primo gruppo di religiosi e, senza dar luogo a dubbi, per lo stesso motivo: “in odium fidei”, per la sua chiara testimonianza di coerenza con la fede che professava e viveva. Se non fosse stato incluso, sarebbe stata una ingiustizia imperdonabile. E uno si domanda: Non potrebbe essere proclamato “laico oblato associato”? E magari loro patrono e protettore.
Fonte:
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www.martiripozuelo.wordpress.com
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