Joaquim António Osório Dias Gonçalves, soprannominato Quim Tó, nacque a Gouveia, in Portogallo, il 10 giugno 1949.
Era un bambino molto vivace e irrequieto, a tal punto che suo padre lo chiamava “barile di polvere da sparo” e a volte “piccione”.
Nell’ottobre 1955 fu iscritto a scuola. Benché intelligente, non si applicava. Dato che era poco puntuale, il professore diceva per giustificarsi: «Picchiare, non picchia e i rimproveri non gli fanno male». Montava e rimontava tutto quello che trovava, di modo che decise di fare, da grande, l’ingegnere.
Nel dicembre 1958 apparvero i primi sintomi della malattia di cui doveva esser vittima, malattia che avanzava e gl’impedì di continuare la scuola. In mezzo ai trattamenti e alla sofferenza ogni volta maggiore, Quim Tó si trasformò, diventando più docile e, soprattutto, acquistando una vita spirituale ogni volta più intensa. Iniziò a comunicarsi quotidianamente. «Finalmente, ora sto iniziando a percepire che la sofferenza mi fa molto bene!».
Prima era tanto geloso delle sue cose, poi concesse ai suoi fratelli di giocare con i suoi giocattoli. Durante la sofferenza, inizialmente diceva: «Accetto»; alla fine diceva: «Offro».
Quim Tó diventò dolce, mansueto e accondiscendente.
Il 21 giugno 1960 ricevette la Cresima dal Servo di Dio João de Oliveira Matos, Vescovo Ausiliare della Diocesi di Guarda e fondatore della “Liga dos Servos de Jesus”. Interrogato sul dono dello Spirito Santo da lui più desiderato, il bambino rispose: «La Fortezza, per sopportare il dolore». Più tardi disse: «Sembra che lo Spirito Santo mi stia aiutando, perché sento più voglia di pregare».
Un segnale di ciò era il modo in cui viveva l’Eucaristia. Lasciò detto: «La Messa vale più della Serra de Estrela – la sotto-regione del Portogallo dov’è situata Gouveia – piena d’oro».
Il suo sogno cambiò: voleva essere ingegnere per le cose della terra e sacerdote per le cose del cielo.
Conosceva esempi di bambini che testimoniarono la loro fede e il loro amore a Dio: Antonietta Meo, Guy de Fontgalland e Domenico Savio, che prese ad esempio. S’iscrisse alla “Crociata Eucaristica dei fanciulli”, trasformandosi in un vero apostolo: offriva la sofferenza e la preghiera per le anime. Pregava il Rosario completo. Aveva un’attenzione particolare nell’evangelizzare i suoi fratelli.
Un’amica di famiglia avrebbe detto di lui: «Anche con la febbre a quaranta, i suoi occhi e il suo sorriso sono un messaggio del cielo».
Gli fu suggerito di scrivere a papa Giovanni XXIII, che stava per convocare la Chiesa per il Concilio Vaticano II. Quim Tó si rivelò pienamente in una letterina che spedì a Roma:
«Beatissimo Padre,
vengo a scrivere a Vostra Santità per dire che offro la mia sofferenza e la mia vita per il Concilio Ecumenico, per la conversione dei peccatori e per la Chiesa perseguitata.
Ho undici anni e sono ammalato da due.
Volevo fare l’ingegnere, poi il prete-ingegnere, ma ora so che devo fare la Volontà di Dio.
Vi chiedo, Vostra Santità, di offrirmi in unione con Gesù alla Santissima Trinità e vi chiedo di benedirmi.
Joaquim António Osório Dias Gonçalves.
Gouveia, agosto 1960».
Giovanni XXIII rispose con un telegramma e gli inviò una fotografia autografata. Tuttavia, Quim Tó morì prima dell’inizio del Concilio, il 30 ottobre 1960.
Autore: Emilia Flocchini
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