In una città cosmopolita come Londra ha fatto del dialogo la parola chiave del suo ministero: Vincent Gerard Nichols, arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, è infatti uno dei principali promotori dell’impegno ecumenico, in primo luogo con gli anglicani, e del dialogo tra le religioni, soprattutto con ebrei, musulmani e indù. Uno stile che segna anche il rapporto con il mondo della politica e dell’economia, caratterizzato da un’attenzione pastorale verso i settori più svantaggiati della società.
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In un’intervista al Times nel 2007 aveva confessato con semplicità di avere avvertito con chiarezza la chiamata al sacerdozio nel corso di una partita di calcio all’età di 18 anni, e di calcio è ancora tifoso (“vorrei tanto andare alle partite: perché non potrei essere solo uno tra la folla?”), ma ora alle soglie dei 69 anni Vincent Nichols è l’11° arcivescovo di Westminster a Londra che diverrà cardinale.
Una scelta in un certo senso attesa da parte dei cattolici inglesi “orfani” nell’ultimo conclave di un cardinale elettore (per la raggiunta soglia degli 80 anni compiuti dal card. Cormac Murphy O’Connor) e per la nomina nel mese di dicembre di mons. Nichols nella Congregazione per i Vescovi.
Pastore di lunga esperienza in parrocchia, nell’insegnamento in scuole cattoliche e seminari, in prima fila nel dialogo ecumenico con gli anglicani prima col primate Williams e oggi con Justin Welby (senza dimenticare i leader ebraici, islamici e indù), sensibile alle nuove sfide che interpellano attualmente la società inglese ed europea, osservatore attento della situazione internazionale, Nichols è riconosciuto un interlocutore significativo anche a livello politico.
Nato nel 1945 nella cittadina di Crosby (Lancashire), ha studiato nel Collegio Inglese a Roma dove è ordinato prete nel 1969 (e incardinato nella diocesi di Liverpool) e ottiene la licenza in filosofia e teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Prosegue col dottorato presso l’università di Manchester, mentre presta servizio in parrocchia e insegna nella St. Peter High School. Varca l’oceano nel ’74 per un dottorato alla Loyola University di Chicago e nel 1980 diventa direttore dell’Upholland Northern Institute, dove si occupa di formazione del clero e pastorale.
Segretario generale della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles dal 1984, nel 1992 è nominato vescovo ausiliare di Westminster e 6 anni dopo ha rappresentato i vescovi europei al Sinodo dell’Oceania, mentre nel 1999 è stato segretario speciale del Sinodo dei vescovi sull’Europa. Arcivescovo di Birmingham dal 2000, l’anno successivo dirige la Commissione per la protezione dei minori dagli abusi del clero, dal 2008 è presidente della Commissione per l’educazione e la catechesi delle conferenze episcopali d’Europa (CCEE). Nel 2009 è arcivescovo di Londra ed è subito eletto per acclamazione presidente della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles.
“Chiedo umilmente la preghiera di tutti perché possa adempiere al mio incarico” è stato il suo commento a caldo all’annuncio di domenica scorsa. E sembra essere proprio l’umiltà la qualità universalmente riconosciuta a Nichols: schivo, lontano dai riflettori, è abituato a scelte in coscienza. Un esempio sono le celebrazioni per la comunità di omosessuali e lesbiche cui aveva destinato la chiesa del quartiere di Soho (continuando nella linea del suo predecessore): dopo un richiamo esplicito da parte del Vaticano decise per uno “spostamento” presso la chiesa dei gesuiti di Farm Street.
E’ soprattutto nei confronti di una Chiesa più inclusiva che ha concentrato le sue energie pastorali di questi ultimi anni e nell’omelia di Natale ha parlato della condizione di povertà in cui versano oggi troppi inglesi, ma anche delle sofferenze dei cristiani in Siria e in tutto il Medio Oriente. Nel 1996 aveva giocato un ruolo di primo piano nella preparazione del documento "Common Good" in cui i vescovi cattolici condannavano l'ideologia dell’economia di mercato, un documento interpretato come un appoggio al New Labour del di lì a poco premier Tony Blair, ma nella sua omelia all’insediamento a Westminster aveva soddisfatto anche i conservatori parlando della dimensione pubblica della fede. Nonostante questo la sua linea è sempre stata all’insegna del dialogo e della distinzione Chiesa-Stato, anche nel corso dell’ultimo dibattito in merito all’approvazione delle nozze gay da parte del governo Cameron: pur nel solco dell’insegnamento della Chiesa, non ha mai nascosto la sua approvazione per le unioni civili. “Il matrimonio è un bene pubblico, non un affare privato” aveva detto in occasione delle nozze tra il principe William e Kate Middleton, ricordando come il 57% dei bambini inglesi nasce da genitori conviventi.
Conferenziere apprezzato, Nichols interviene spesso a dibattiti pubblici organizzati da enti di beneficenza, istituti bancari e imprese e non si sottrae ai media. Welfare, crisi economica, diritti dei lavoratori, problemi degli immigrati, ruolo degli anziani e opportunità per i giovani sono il cavallo di battaglia di chi si è occupato fin da giovane prete di carità e volontariato. Lo scorso anno nella Cattedrale di St. Paul ha parlato della situazione della città di Londra: “Sono le persone che fanno una città, ma che tipo di città vogliamo costruire?”. Il suo modello urbano è una comunità di persone “in relazione”, di solidarietà.
Tra le sue ultime iniziative che hanno lasciato il segno l’invito ad una preghiera comune lo scorso ottobre, insieme al primate Welby, alla Torre di Londra luogo dell’esecuzione di Thomas More nel 1535 e la collaborazione con il governo per la commemorazione della strage di Srebrenica l’11 luglio. “La fede getta una luce sulla comune umanità di tutti noi, si propone costantemente a noi come via per la riconciliazione, ci dice che dobbiamo imparare l'umiltà, il pentimento, il dolore. Insiste sul fatto che dobbiamo affrontare anche i nostri fallimenti e che dobbiamo parlare e ascoltare”.
Autore: Maria Teresa Pontara Pederiva
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