Teodoro nacque a Cavour (Torino) il 21 agosto 1853, nella nobile famiglia dei Valfrè, Conti di Bonzo, Andonno e Borgo Sant’Agata (a seconda del ramo, Conti di Bonzo Mottera e Chialamberto). Era una famiglia di tradizione militare: il padre Giacinto combatté nelle battaglie risorgimentali, lo zio Leopoldo, Medaglia d’Oro, fu senatore del Regno. Nello stemma di famiglia, d’azzurro al leone d’argento coronato d’oro, fissante una stella posta a destra del capo, si legge il motto Bene agere et laetari. Sarebbe stato il motto del suo stemma vescovile, come di consuetudine a quei tempi: divenne il suo programma di apostolato.
Fece gli studi elementari all’Istituto Paternò dei Fratelli delle Scuole Cristiane a Torino, quindi proseguì la formazione a Roma al Seminario di S. Apollinare, poi nuovamente a Torino dove prestò servizio come chierico onorario alla Cappella Reale, frequentò il seminario da alunno esterno e il “Clero di San Filippo”, una scuola di Teologia Morale retta dal Padre Oratoriano Felice Carpignano (1810-1888) annessa ad una rinomata scuola di liturgia. Giovane studente, fu impegnato nel catechismo, in particolare a favore degli spazzacamino. Tornato a Roma, fu ordinato sacerdote il 10 giugno 1876 e conseguì, il 17 luglio, il dottorato in Sacra Teologia. Proseguì gli studi e nel 1880 si licenziò in diritto canonico. Sostenne l’esame in teologia morale il 30 gennaio, giorno della festa del beato Sebastiano Valfrè (1629-1710), suo parente alla lontana, di cui era molto devoto. Settimanalmente andava ad ascoltare le confessioni dei tubercolotici dell’ospedale di San Giacomo al Corso. Frequentò quindi la Pontificia Accademia Ecclesiastica, fondata nel 1701 su ispirazione del Valfrè per la formazione dei diplomatici vaticani. Vi studiò diritto internazionale, alcune lingue straniere e il funzionamento delle cancellerie e delle corti estere. L’ottima preparazione gli procurò la nomina a delegato apostolico della Repubblica di Costarica, dove però non andò a causa di moti insurrezionali che causarono la rottura dei rapporti con la Santa Sede.
Appena trentaduenne, il 27 marzo 1885, fu eletto vescovo di Cuneo, consacrato il 3 maggio a Torino dal Cardinale Gaetano Alimonda. Fu l’inizio di un lungo ministero che l’avrebbe portato a guidare importanti diocesi italiane in un contesto storico-politico complesso, caratterizzato dall’anticlericalismo e dal modernismo, cui rispose con un serio impegno pastorale, in particolare con la riforma dei seminari, il sostegno ai chierici di povera estrazione e le missioni parrocchiali.
A Cuneo, tra le prime incombenze, Monsignor Valfrè dovette prendere atto che otto parrocchie venivano cedute alla diocesi di Ventimiglia (decreto del 14 agosto 1886) dove era vescovo il futuro beato Tommaso Reggio, in conseguenza della ridefinizione dei confini - anche se erano trascorsi venticinque anni - dopo la cessione della contea di Nizza alla Francia. Recatosi a Roma nel mese di dicembre per la visita ad limina fece presente la questione a Pio IX che non revocò il decreto, ma lo invitò a scrivere alla competente congregazione Concistoriale perché del fatto, che tra le popolazioni interessate aveva causato non poche polemiche, restasse memoria. Purtroppo, nello stesso anno, la diocesi venne colpita da un’epidemia di colera in conseguenza della quale nacquero alcune benemerite istituzioni come l’Ospizio di Carità di Pancalieri che il presule visitò il 6 giugno 1889, presente il fondatore, beato Giovanni Maria Boccardo. Mons. Valfrè trascorreva periodi di riposo in quel piccolo borgo di campagna doveera una villa di famiglia, tuttora esistente(costruita nel 1825, abitata dai nipoti che erano imparentati con i Baroni Michaudde Beauretour).
Durante il suo episcopato visitò tutta la diocesi, compresi i villaggi più piccoli, e contribuì, attingendo anche dal proprio patrimonio, alla costruzione del Santuario del Sacro Cuore (in zona Orti).
Nel 1895 Teodoro Valfrè fu trasferito alla diocesi di Como, succedendo a Carlo Andrea Ferrari, futuro arcivescovo milanese, oggi beato. Nominato assistente al soglio pontificio, tra le altre iniziative, nel 1900 riconobbe ufficialmente l’Associazione delle Dame della Carità. In quell’anno fu vicino alla Regina Margherita dopo l’assassinio da parte dell’anarchico Bresci di Re Umberto. Sempre ebbe rapporti profondi con Casa Savoia. Nei dieci anni di permanenza nella città del lago visitò tutte le parrocchie, anche quelle sperdute nelle valli; fu attento all’opera della “buona stampa” ed ebbe modo di conoscere e sostenere, fin dagli inizi, l’apostolato di san Luigi Guanella. Rese inoltre più bello il palazzo dell’Episcopio. Nel 1904 indisse un sinodo che non si teneva dal 1686.
Il 27 marzo 1905 fu promosso alla sede metropolitana di Vercelli. Nel mese di agosto, salito a venerare la Madonna d’Oropa, benedì la linea telefonica che univa il Santuario a Biella. Nell’estate dell’anno successivo prese parte al Congresso Nazionale Giovanile e Sportivo che si tenne sempre presso il Santuario. Il 22 dicembre 1907 partecipò alla consacrazione ad arcivescovo di Bologna dell’amico Giacomo Della Chiesa - futuro Papa Benedetto XV - compagno di studi in gioventù alla Accademia dei Nobili.
Nel contesto della pastorale “di promozione della retta fede”, secondo le direttive di S. Pio X, mons. Valfrè rifondò la Pia Congregazione dei Missionari “Eusebiani”, soppressa nel 1866. Comprendeva quarantaquattro sacerdoti diocesani che predicavano le missioni al popolo con la collaborazione dei Cappuccini, dei Gesuiti, dei Passionisti e di sacerdoti di altre diocesi piemontesi. Purtroppo fu poi soppressa nel 1917. Nelle relazioni che si facevano emergono i problemi sociali del tempo: l'emigrazione contadina in città, la propaganda socialista anticlericale, le sofferenze prodotte dalla Prima Guerra Mondiale. Anche nella diocesi vercellese ebbe cura dei chierici poveri, eresse un tempio in onore del Sacro Cuore (in Borgo Belvedere, poi affidato ai Salesiani) e abbellì l’episcopio. Nel 1910 chiamò le Suore del Preziosissimo Sangue a dirigere l’Istituto educativo della Provvidenza accompagnate dalla beata Alfonsa Clerici. Nel 1914 benedì il nuovo ufficio di redazione del periodico del Santuario d’Oropa. In quell’anno scoppiava la Prima Guerra Mondiale.
Resse la cattedra eusebiana fino al 1916, quando, insignito del titolo arcivescovile di Trebisonda, il 14 settembre venne nominato dall’amico Benedetto XV nunzio apostolico presso l’Impero Austro-Ungarico. Pochi giorni dopo il suo arrivo a Vienna morì l’imperatore Francesco Giuseppe d’Asburgo. Mons. Valfrè assistette in rappresentanza del papa all’incoronazione che si fece a Buda-Pest del beato Carlo I e della consorte Zita, di cui presto conquistò stima e amicizia. In una Vienna dove scarseggiavano anche i viveri, come poté diede sollievo ai soldati italiani. Scambiò per loro plichi con lettere di parenti e amici, che altrimenti non avrebbero potuto circolare. Nell’infuriare della Grande Guerra svolse un ruolo chiave in una delle sedi diplomatiche più importanti. Fu preziosa la sua mediazione tra l’Imperatore e la Santa Sede per la nomina dei nuovi vescovi nell’Impero. Ottenne, tra l’altro, la liberazione, dopo sei mesi di prigionia, di tre crocerossine italiane il cui caso, dopo aver avuto vasta eco sui giornali, si concluse felicemente nel maggio 1918.
Tornato a Roma fu creato cardinale nel concistoro del 18 dicembre 1919 con il titolo di S. Maria sopra Minerva, la basilica che si trova proprio davanti all’Accademia dei Nobili, e fu nominato prefetto della Congregazione dei Religiosi il 6 marzo 1920. L’anno successivo pubblicò, in quanto relatore, la Positio sul processo di canonizzazione di Leonardo Murialdo. Il 29 agosto dello stesso anno tornò tra i cari monti oropensi per mandato del sommo pontefice in occasione della quarta incoronazione solenne del simulacro della Madonna, alla presenza di oltre 150.000 fedeli. Partecipò al conclave del 1922 che vide eletto Papa Pio XI che conosceva dai tempi della sua permanenza a Como, essendo stato il futuro papa Prefetto della Biblioteca Ambrosiana. Fece parte delle congregazioni del Concilio, dei Sacri Riti, degli Affari ecclesiastici straordinari, della Chiesa Orientale, fu protettore di vari ordini religiosi, tra i quali i Giuseppini del Murialdo. Ebbe le onorificenze dal Sovrano Ordine di Malta e la Commenda della Corona d’Italia. Erano gli anni delle delicate discussioni sull’astensionismo dei cattolici in politica. Apprezzato teologo e giurista, tra i suoi scritti sono da ricordare: una Lettera pastorale sul progetto di legge sul divorzio (1902), un Memoriale e ricorso in difesa dei diritti degli Enti ecclesiastici di fronte alla Legge del 29 giugno 1906 di conversione della rendita (del Debito Pubblico, 1908), Il Giornalismo: dovere dei cattolici, lettera pastorale alla diocesi di Vercelli in occasione della quaresima del 1908 e una lettera su Il tremendo male della guerra e il bene della pace. Nel suo lungo ministero di vescovo scrisse 197 lettere pastorali: 89 ai cuneesi, 53 ai comensi, 55 ai vercellesi. Il rapporto epistolare con Papa Benedetto XV è stato oggetto, nel 1991, di una pubblicazione.
Morì a Roma il 25 giugno 1923. Sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero di Bra, la salma fu poi traslata in Duomo a Cuneo.
Autore: Daniele Bolognini
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