Okarche, Oklahoma, Stati Uniti d’America, 27 marzo 1935 - Santiago Atitlán, Guatemala, 28 luglio 1981
Stanley Francis Rother, nato il 27 marzo 1935 a Okarche, trascorse l’infanzia e l’adolescenza nella fattoria dei suoi genitori. Iniziò la formazione verso il sacerdozio nel Seminario Seminario di San Giovanni a San Antonio, in Texas, poi in quello dell’Assunzione nella stessa città. Tuttavia, fu dimesso perché aveva difficoltà col latino e all’epoca l’insegnamento era impartito solo in quella lingua. Fu poi accolto nel Seminario di Mount St. Mary a Emmetsburg nel Maryland e divenne sacerdote il 25 marzo 1963. Trascorse cinque anni come vicario parrocchiale, finché non domandò di essere assegnato alla missione che la diocesi di Oklahoma City e Tulsa aveva a Santiago Atitlán, nel Guatemala. Nonostante i suoi trascorsi, imparò benissimo lo spagnolo e la lingua della popolazione locale, gli tz’utujil, per poter celebrare i sacramenti. Allo scoppio della guerra civile nel Guatemala, padre Rother risultò nelle liste delle persone da eliminare. Tornò in patria, ma solo temporaneamente: sapeva che, per usare le sue stesse parole, «Il pastore non può fuggire». Il 28 luglio 1981, a pochi mesi dal suo rientro, venne assassinato da tre uomini entrati nottetempo nella sua abitazione. Il 23 settembre 2017, sotto il pontificato di papa Francesco, è diventato il primo martire statunitense ufficialmente riconosciuto in assoluto, nonché il primo uomo candidato agli altari di nazionalità nordamericana, e in più sacerdote, a essere beatificato. I suoi resti mortali sono stati traslati nel 2017 dal cimitero di Okarche a quello della Resurrezione a Oklahoma City, tranne il cuore e una fialetta del suo sangue, sepolti dopo la sua uccisione nella chiesa di San Giacomo Apostolo a Santiago Atitlán.
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I primi anni
Stanley Francis Rother nacque a Okarche, in Oklahoma, nel centro-sud degli Stati Uniti d’America, il 27 marzo 1935. Era il maggiore dei quattro figli di Franz Rother, di origini tedesche, e Gertrude Smith. Fu battezzato due giorni dopo la nascita nella chiesa della Santissima Trinità a Okarche, la parrocchia che frequentò in seguito con la sua famiglia.
S’impegnò fin da piccolo nei lavori agricoli e nello studio presso la scuola cattolica del suo paese. Prestava servizio in chiesa come ministrante ed era anche molto portato per gli sport. Ricevette la Prima Comunione il 22 aprile 1942 e fu cresimato il 4 aprile 1948.
Vocazione al sacerdozio, con qualche problema nella formazione
Mentre frequentava le scuole superiori, Stanley cominciò a interrogarsi sulla propria vocazione. Dopo un tempo di discernimento, entrò nel Seminario di San Giovanni a San Antonio, in Texas, nel settembre 1953. Proseguì gli studi dal settembre 1956 presso il Seminario dell’Assunzione, ancora a San Antonio.
Tuttavia, visto che il suo carattere era molto più incline alle questioni pratiche rispetto a quelle delle materie di studio, affrontò parecchi problemi. A peggiorare le cose, il fatto che all’epoca gli insegnamenti erano impartiti esclusivamente in latino, lingua che non riusciva a padroneggiare per nulla.
Una seconda possibilità
Così, dato che i suoi voti erano molto bassi, gli fu richiesto di lasciare il Seminario. Dopo essersi consultato con monsignor Victor Reed, vescovo dell’allora diocesi di Oklahoma City e Tulsa, Stanley ottenne una seconda possibilità: fu ammesso nel Seminario di Mount St. Mary a Emmitsburg, nel Maryland, a partire dal settembre 1959.
Tra ulteriori difficoltà, fu ordinato suddiacono il 2 giugno 1962 e diacono il 15 settembre successivo. Infine, il 25 maggio 1963, venne ordinato sacerdote nella cattedrale di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Oklahoma City.
I primi incarichi
Per cinque anni, padre Stanley prestò servizio come vicario parrocchiale. Dal 1963 al 1965 presso la parrocchia di San Guglielmo a Durant, dove fu ricordato come un uomo tranquillo e pacato, che spesso invitava i chierichetti a falciare il prato e a impegnarsi in vari piccoli lavori. Molto spesso si recava a mangiare nelle famiglie e partecipava ai campi estivi.
Dal 1965 al 1966 fu assegnato alla parrocchia di San Francesco Saverio a Tulsa. Nel 1966 fu nominato vicario parrocchiale della Cattedrale della Sacra Famiglia a Tulsa, ma nel settembre 1966 venne destinato alla parrocchia del Corpus Christi a Oklahoma City.
La chiamata alla missione
Intanto, nel 1962, il Papa san Giovanni XXIII aveva richiesto alle diocesi degli Stati Uniti un supporto per le chiese latinoamericane. La diocesi di Oklahoma City e Tulsa rispose inviando, nella primavera del 1964, un gruppo di sacerdoti, suore e laici, capeggiati da padre Ramon Carlin. La loro destinazione era Santiago Atitlán, nel sud-ovest del Guatemala: un territorio dalla bellezza sconvolgente, ancora incontaminato. Ad abitarlo, la popolazione indigena degli Tz’utujil, uno dei ventuno gruppi discendenti dagli antichi Maya, già evangelizzata nel XVI secolo e da almeno cinquant’anni priva di assistenza spirituale.
Padre Ramon Carlin, che si era dedicato alla trascrizione della lingua tz’utujil, lasciò in seguito la missione per operare nel nuovo istituto linguistico di Antigua, sempre in Guatemala. Fu quindi necessario che qualcuno lo sostituisse: a partire, nel 1968, fu padre Stanley Rother, che si offrì volontario.
Missionario in Guatemala
Padre Stanley stabilì molto presto una connessione con la popolazione di Santiago Atitlán. Dato che il suo primo nome proprio risultava difficile da comprendere, si faceva chiamare col secondo: Francisco in spagnolo, Apla’s nell’adattamento in lingua tz’utujil.
Nonostante le sue precedenti difficoltà col latino, si mise d’impegno per imparare lo spagnolo e la lingua indigena, per comunicare con i suoi fedeli: per questo motivo, scelse di vivere insieme a una famiglia del posto. Imparò tanto in fretta da terminare la traduzione del Nuovo Testamento iniziata dal suo predecessore e, in un secondo momento, quella del Lezionario e del Messale, in modo da poter celebrare la Messa in tz’utujil.
La popolazione viveva in capanne composte da una sola stanza e si manteneva con quanto riusciva a coltivare in minuscoli appezzamenti di terra. Padre Stanley, sfruttando il suo passato da contadino, aiutava personalmente nei campi, introducendo varie coltivazioni e costruendo un sistema d’irrigazione. Tempo dopo, avviò anche una cooperativa agricola.
Visitava continuamente i suoi fedeli, mangiava con loro e curava i malati, per i quali aprì un piccolo ospedale. Un’altra sua realizzazione fu una radio che trasmetteva programmi educativi e la celebrazione domenicale della Messa.
Il soffio della guerra
Negli anni del servizio di padre Stanley, in Guatemala imperversava la guerra civile. Il governo dei presidenti Fernando Romeo Lucas García ed Efraín Ríos Montt non distingueva tra guerriglieri e operatori sociali: per questo motivo, furono uccise anche migliaia di cattolici, a causa della loro missione di promozione umana.
Per qualche tempo la violenza fu ristretta nelle città, ma in poco tempo arrivò anche sulle montagne. Molti catechisti scomparvero, mentre altri fedeli furono trovati morti, con segni di tortura, ai bordi delle strade. Anche la radio fondata da padre Stanley fu saccheggiata e il suo responsabile torturato e ucciso.
Spesso la popolazione, in cerca di rifugio, arrivava a dormire nelle chiese. Fece così anche Diego Quic’ Apuchan, il capo dei catechisti di Santiago Atitlán: comparve su una delle liste delle persone da eliminare che circolavano nel Paese sul finire del 1980, ma fu rapito la sera del 5 gennaio 1981, sotto gli occhi di padre Stanley e degli altri operatori della parrocchia, accorsi in suo aiuto.
Dalle sue lettere
Nelle sue lettere di quel periodo, padre Stanley registrò la sua crescente angoscia. In quella del luglio 1980, destinata all’amica Frankie Williams, già volontaria in Guatemala, scrisse: «C’è stato un altro prete ucciso nel Quiche mentre ero via. Sono tre dall’inizio di maggio. Un altro è stato rapito, probabilmente è morto. E che cosa dobbiamo fare in questa situazione? Non possiamo fare altro che continuare il nostro lavoro, andare avanti a testa bassa, predicare il Vangelo dell’amore e della non violenza eccetera».
Pur essendo preoccupato dell’effettivo impatto della predicazione sua e degli altri missionari, concluse nella medesima lettera: «Dio si prenderà cura dei Suoi, se noi siamo in quel gruppo. Non succederà niente se non ciò che deve accadere. Fa tutto parte del Suo grande disegno».
«Il pastore non può fuggire»
Nel dicembre 1980 due giornali diocesani riportarono l’ultima lettera natalizia di padre Stanley. Conteneva un appello che era anche una dichiarazione d’intenti: «Dobbiamo stare attenti a dove andiamo e a cosa diciamo a chiunque. Un bel complimento mi è stato fatto di recente quando un presunto capo della Chiesa e della città si stava lamentando che “Il Padre sta difendendo la gente”. Mi vuole deportare per i miei peccati.
Questa è una delle ragioni che ho per restare a dispetto del danno fisico. Il pastore non può fuggire al primo segnale di pericolo. Pregate per noi, affinché possiamo essere un segno dell’amore di Cristo per questa gente, affinché la nostra presenza tra di loro li rafforzi nel sopportare queste sofferenze in preparazione alla venuta del Regno».
All’inizio del 1981, il nome di padre Stanley comparve a sua volta nelle liste di proscrizione. Per questo motivo, cercò rifugio passando da una casa all’altra, ma, per maggior sicurezza, fu obbligato a tornare per qualche tempo in Oklahoma.
I familiari e gli amici avrebbero voluto trattenerlo più a lungo, ma spesso lo sorprendevano alla finestra, con lo sguardo perso nell’orizzonte. A suo fratello Tom ribadì il concetto che aveva già espresso: «Devo tornare e basta. Il pastore non può fuggire».
Alla fine, con il permesso del suo vescovo, il missionario poté tornare a Santiago Atitlán in tempo per la Settimana Santa del 1981.
Il martirio
Nella notte del 28 luglio 1981, verso l’una, tre uomini armati entrarono silenziosamente nella casa parrocchiale e si avviarono verso la camera di padre Stanley, al piano superiore. Trovarono la stanza vuota, quindi cominciarono a girare per l’abitazione, finché non s’imbatterono in Francisco Bocel, il giovanissimo fratello di padre Pedro Bocel, collaboratore del missionario: lo minacciarono quindi di condurli da lui, o l’avrebbero ucciso.
Il ragazzo, terrorizzato, fece come gli avevano detto. Condusse i tre armati al primo piano e bussò a una porta vicino alla scala: «Padre», mormorò, «la stanno cercando». Padre Stanley si alzò dal letto e, con tutta probabilità, esaminò brevemente la situazione: avrebbe potuto scappare dalla finestra, ma se l’avrebbe fatto, Francisco sarebbe morto.
Subito dopo, aprì la porta. Mentre Francisco saliva di corsa le scale, sentì rumori di lotta e il missionario esclamare: «Uccidetemi qui». All’istante, partì prima un colpo di arma da fuoco, poi un altro.
L’uccisione di padre Stanley, quarantaseienne, lasciò sconvolti gli abitanti di Santiago Atitlán. In molti si raccolsero spontaneamente, sul piazzale della chiesa, pregando in silenzio. L’autopsia sul suo cadavere riscontrò che una pallottola gli aveva perforato la mascella, ma il colpo fatale l’aveva raggiunto alla tempia destra. I lividi sulle sue mani indicavano che aveva effettivamente lottato prima di essere ucciso.
La notizia della sua uccisione arrivò ai suoi familiari alcuni giorni dopo. I funerali si svolsero in Oklahoma e il suo corpo fu sepolto presso il cimitero della Santissima Trinità a Okarche. Il suo cuore e una fialetta del suo sangue, invece, furono seppelliti nella chiesa di San Giacomo a Santiago Atitlán, mentre la stanza dove fu ucciso venne trasformata in cappella.
La causa di beatificazione
La fama di martirio di padre Stanley rimase viva e operante sia in Guatemala, sia nel suo nativo Oklahoma. Per questo motivo fu deciso di aprire la causa per la sua beatificazione, in modo da accertare se la sua uccisione potesse essere davvero avvenuta in odio alla fede cattolica.
La diocesi di Sololá-Chimaltenango, nel cui territorio si trova Santiago Atitlán, non poté rendersi disponibile all’avvio della fase diocesana. Fu quindi ottenuto il permesso, il 3 settembre 2007, perché questa si svolgesse nella diocesi di Oklahoma City.
Un mese dopo, il 3 ottobre, iniziò la fase diocesana, che si concluse il 20 luglio 2010; nel frattempo, il 25 novembre 2009, era giunto il nulla osta dalla Santa Sede. Il decreto che convalidava i documenti dell’inchiesta diocesana porta la data del 16 marzo 2012.
La “Positio super martyrio”, consegnata nel 2014 alla Congregazione delle Cause dei Santi, è stata esaminata dai Consultori teologi il 14 giugno 2015. Infine, il 1° dicembre 2016, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui padre Stanley Rother poteva essere davvero dichiarato martire.
Il 10 maggio 2017 i resti mortali del missionario sono stati riesumati dal cimitero della Santissima Trinità a Okarche, sottoposti alla ricognizione canonica e infine sepolti nuovamente in una cappella nel cimitero della Resurrezione, nella parte nord-occidentale di Oklahoma City.
La beatificazione è stata celebrata il 23 settembre 2017 presso il Cox Convention Center di Oklahoma City. A presiedere il rito, in qualità di delegato del Santo Padre, il cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
Padre Stanley risulta quindi essere il primo martire statunitense ufficialmente riconosciuto in assoluto, nonché il primo uomo candidato agli altari di nazionalità nordamericana, e in più sacerdote, a essere stato beatificato.
Autore: Emilia Flocchini
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