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Servo di Dio Vincenzo Lojali Vescovo

Festa: .

Attigliano, Terni, 1 settembre 1894 - Amelia, Terni, 14 marzo 1966


Mons. Vincenzo Lojali nacque ad Attigliano (TR) da Anselmo e Maria Costantini il 1 settembre 1894. Il sano ambiente familiare e le attenzioni educative dell’arciprete don Colombano contribuirono al sorgere della vocazione sacerdotale.
Compiuti gli studi ginnasiali al seminario di Amelia, venne inviato ad Arezzo, dove frequentò i primi due anni di liceo. Lo scoppio della grande guerra lo portò al fronte: un lungo periodo trascorso con sorprendente serenità tra la fame, il fango e la morte sempre davanti. Ne tornerà con il grado di capitano, due medaglie d’argento e una di bronzo al valor militare, claudicante a causa di gravi ferite, ma salvo “per intercessione di Maria” come sempre sostenne. Dopo un periodo di riflessione, entrò nel Seminario Romano e venne ordinato sacerdote la Vigilia di Natale del 1923.
Conseguita a pieni voti la laurea in teologia, tornò in diocesi divenendo rettore del seminario amerino. Continuerà a vivervi e a risiedervi anche da vescovo, alternando l’insegnamento alla formazione dei seminaristi, agli impegni episcopali. Amava chiamare il seminario “cuore della diocesi” e “pupilla dei suoi occhi”.
Consacrato vescovo di Amelia il 2 ottobre 1938, indicò nell’amore il criterio della sua azione pastorale all’insegna del motto paolino impendam et super impendar (Mi spenderò e sacrificherò tutto me stesso).
Le numerose iniziative pastorali, le opere realizzate nel campo della catechesi, il fiorire degli istituti religiosi, le numerosi vocazioni sacerdotali indirizzate anche verso congregazioni missionarie, recano ancora la sua impronta. Amò tutti indistintamente con cuore di padre, prediligendo in particolare i sacerdoti e le anime consacrate per le quali coltivava una profonda venerazione. Partecipò attivamente a tutti i lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II del quale però, causa la morte avvenuta a meno di un anno dalla sua chiusura, non poté contribuire a diffondere i frutti, se non con le ultime Lettere pastorali.
Povero come san Francesco, si spense improvvisamente nell’umile episcopio di Amelia la mattina del 14 marzo 1966.
È in corso la causa di beatificazione presso la Congregazione per le cause dei Santi.

Autore: Emilio Lucci

 




L’infanzia
Vincenzo Lojali nacque ad Attigliano il 1° settembre 1894 da Anselmo e Maria Costantini e fu battezzato il 9 dello stesso mese dal parroco don Colombano Mescolucci, che sicuramente esercitò  un importante influsso nella scelta vocazionale del giovane.
Nella famiglia Lojali erano presenti anche due sorelle: la primogenita Margherita e Livia Paolina.
“Mi ricordo piccolo bambino tanto amato in famiglia, in una famiglia buona, di piccoli possidenti, con il capo famiglia impiegato nelle ferrovie. Si viveva agiatamente, ma in mezzo al lavoro dei nostri genitori e soprattutto dello zio, fratello di mamma, che è voluto rimanere con la sorella, e quindi è stato la nostra fortuna.”

La vocazione sacerdotale
Il 13 gennaio 1905 entrò nel Seminario vescovile di Amelia, dove frequentò la scuola media ed il ginnasio. Fu accolto dal Rettore Can. Mons. Roberto Canepone, del quale avrebbe ereditato l’ufficio dopo l’ordinazione sacerdotale.
La sua vita seminaristica fu caratterizzata dai frequenti propositi, che lui stesso annotò in occasione di un corso di esercizi spirituali nel 1912: vita di pietà, vita di preghiera, fedeltà ai doveri religiosi, vita di obbedienza, retta intenzione e zelo.
Proseguì poi gli studi liceali e per volere del vescovo Francesco M. Berti fu inviato al Seminario Leoniano di Roma dove compì l’anno scolastico 1911-12 e successivamente, per gli anni scolastici 1912-1914 frequentò il Seminario di Arezzo.

La chiamata alle armi
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale il seminarista Lojali fu assegnato al 37° Fanteria, nella II armata impegnata sul fronte dell’Isonzo.
“Ricordo ancora una volta il dono delicato dei fiori fatto alla Vergine sull’altare dell’Annunziata dove San Luigi fece il voto a nove anni, da me e da un mio compagno seminarista appena vestiti da soldati. Ci guardavano tutti...ma quel delicato gesto di confidenza filiale ci salvò.”
Già ufficiale prima della fine del 1915, sarà congedato col grado di capitano. Fu decorato con due medaglie d’argento, una di bronzo e numerose altre onorificenze ma, quel che più conta, trovò sempre, anche nei momenti più tragici, il tempo e il modo di pregare e meditare sull’ “Imitazione di Cristo” di cui conservò per tutto il tempo del conflitto una copia.

L’ingresso nel Pontificio Seminario Romano Maggiore
“In quell’anno di attesa di congedo, quindi io pensavo al mio avvenire, ma pregavo e meditavo...non volevo però prendere una decisione netta in attesa di qualche fatto inequivocabile. Sentivo però nel fondo dell’anima che questa era la mia via e che altrove non sarei stato né felice né tranquillo, ma fingevo di non sentirla e attendevo... Sulla linea Brescia-Edolo viaggiavo in tradotta, nel mio scompartimento leggevo “S. Giovanni”. Passata la stazione di Iseo, dinanzi al panorama di Lovere ... il paesaggio del lago interrotto ogni tanto da gallerie è magnifico. Io leggevo, un versetto mi colpì di più: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”.
Alzai gli occhi e proprio in quel momento il treno entrava sotto una galleria in modo che gli occhi finirono nel buio e in mezzo al fragore del treno, intesi nettamente come se fossero state sensibili queste parole di Gesù: “ma se io ti voglio per me, c’è bisogno di tanta resistenza da parte tua? Eccomi pronto!- Chiusi il libro, scattai in piedi, e dopo in tutto il resto del viaggio io cantai, saltai, scrissi subito che ormai la mia decisione era presa e per sempre, qualunque lotta dovessi sostenere.”
Il 15 novembre del 1920 fece ingresso nel Seminario Romano per seguire gli studi teologici in preparazione al sacerdozio.

Il ministero sacerdotale
Il 22 dicembre 1923 fu ordinato sacerdote per le mani del Card. Vicario Basilio Pompili. Il giorno seguente celebrò la prima messa solenne sotto lo sguardo della Madonna della Fiducia nella Cappella del Pontificio Seminario Romano. Tornò in Diocesi e nella Pasqua 1924 celebrò la prima messa nel paese natio… “Dopo gli ultimi quattro anni di studi teologici a Roma, nel Seminario del Papa, eccomi sacerdote. Mi sorride il pensiero che c’è qualche somiglianza esterna per il sacerdozio di sant’Ignazio e il mio: capitani, feriti alle gambe, sedere a studiare insieme ai giovinetti, entusiasmo, ardore di battaglie, di conquiste...”
L’8 dicembre 1924 venne nominato Canonico Prevosto, terza dignità del Capitolo della Basilica Cattedrale di Amelia.

Il Rettore mamma
Il Rettore Lojali fu chiamato il rettore mamma. Tutte le sue premure furono per il Seminario e nulla risparmiò perché non mancasse l’assistenza spirituale, culturale e materiale ai giovani allievi, non rifuggendo anche dalla dura e impegnativa fatica dell’insegnamento. Egli tornò bambino, un bambino dai capelli grigi che si confuse con i suoi alunni. La sua fu una pedagogia fatta di amorevole comprensione, aliena da qualsiasi sistema coercitivo, perché era la pedagogia degli educatori santi. Mantenne questo attaccamento vivendo sempre in Seminario fino agli ultimi giorni, condividendo con i giovani alunni ogni momento lieto o difficile del loro cammino morale e spirituale.
Ripercorrendo negli anni della maturità le tappe del suo ministero si esprimeva: “Ho imparato a dare tutto per avere tutto, non ho neanche un centesimo mio messo da parte, tutto ho speso e mi sono speso per Gesù, per avere dei sacerdoti, il Signore mi ha esaudito. Che importa se non ho un gruzzolo per la mia vecchiaia, quando ho venticinque sacerdoti formati da me e generati da me?”
Era solito dire: “Il seminario è la pupilla degli occhi del vescovo; infatti qui ci sono le speranze della Diocesi”. E rivolto ai Seminaristi: “Voi siete i figli prediletti del vescovo, i più cari di tutta la Diocesi

Il ministero episcopale
Il 17 agosto 1938 Papa Pio XI lo elegge vescovo di Amelia. Monsignor Lojali ha quarantaquattro anni ed è il più giovane vescovo d’Italia.
La comunicazione riservata gli venne portata l’11 luglio dal vescovo di Terni e Narni Mons. Cesare Boccoleri che lo trovò mentre stava pulendo i corridoi con un gruppo di seminaristi più grandi (commenta nel suo diario che anche San Bonaventura quando ricevette il cappello cardinalizio stava lavando i piatti in cucina e ai messi papali disse di appendere il cappello a un chiodo perchè aveva le mani bagnate).
La Consacrazione episcopale avvenne il 2 ottobre nella Cattedrale di Amelia.
Nella scelta dello stemma adotta la simbologia del pellicano e per motto fa propria l’espressione paolina Impendam et super impendar. Il 24 novembre, solennità di Santa Fermina, con la presa di possesso della Diocesi, inizia ufficialmente il suo ministero.
Nella prima lettera pastorale dal titolo Pace e Gaudio dell’8 dicembre 1938, indica il programma del suo servizio episcopale: “Alla carità il Vescovo si impegna con solennità nella consacrazione, e la carità sarà tutta la ragione della sua dignità, l’unica aspirazione della sua vita, sino al punto di sacrificarla generosamente per amore delle sue pecorelle, e quindi per amore di quel Dio che gliele ha affidate... Ecco quindi il nostro ideale che seguiremo con tutto l’entusiasmo: La carità al sorriso di Maria.”

Il vescovo buono
La giornata abituale del Vescovo si svolgeva tra le pratiche di pietà, l’insegnamento in Seminario ed il contatto diretto con tutti i suoi diocesani: “Sono parroci che mi riferiscono della parrocchia, umanamente parlando, noie, contrasti, deficienze. Poi quasi ogni giorno operai per raccomandazioni, elemosine, povere donne, mamme malate, afflitte, coi loro pupi in collo, giovani, studenti, ragazze. A tutti il vescovo è debitore di pazienza, di dolcezza, di comprensione, di conforto. Tipi nervosi, verbosi, che non finiscono mai di lamentarsi contro tutti e contro tutto... Rare volte parenti, amici, coi quali si passa un po’ di tempo rievocando la nostra infanzia. Visite ufficiali delle autorità. Povere spose che vengono a piangere sulla condotta dei loro uomini, mamme che raccomandano i loro figli e piangono. Suore della Diocesi che vengono, come dicono, dal padre a metterlo a parte delle loro pene e necessità. I visitatori vogliono vedere Gesù nel loro Vescovo”.
Nella Pentecoste dell’anno 1941 apre solennemente la prima Visita Pastorale alla diocesi. Scrivendo ad una religiosa confiderà: “Non è stata mai chiusa, è sempre aperta, ma ufficialmente, con tutte le cerimonie, non è stata fatta più. Pressa a poco tutti gli anni vado in tutte le parrocchie, conosco tutti i sacerdoti perché li ho formati...conosco quasi tutti i fedeli, sono stato forse in tutte le case. Chi sa, forse non ci sarà bisogno di tutte le cerimonie, perché l’essenziale conta di più”
Per rinnovare la fede cristiana del Popolo di Dio nella sua diocesi, indice tre grandi Missioni popolari: Pro Civitate Christiana 1942, Società S. Paolo 1954, Ordine Frati Minori 1960.

La pietà eucaristica
Già negli anni della giovinezza i compaesani avevano dato al Lojali il nome di “magna Cristi” per la partecipazione alla Messa e la sua comunione quotidiana. L’eucaristia sarà il caposaldo della sua esperienza sacerdotale. “Se l’ufficio divino deve essere la mia letizia, l’eucaristia deve essere la mia vita.” L’eucaristia celebrata, donata, adorata già prefigurata nell’iconografia del “pio pellicano”, che adottò per il suo stemma episcopale.
Nella Messa entrava profondamente nella celebrazione del divino mistero perché “per mezzo del sacrificio eucaristico Gesù capo fa crescere il corpo mistico nella vita di grazia, di carità e li stabilisce nell’unità.” La sua partecipazione al sacrificio di Cristo, espressa più volte nel suo Diario spirituale: “quando alzo il calice nella S. Messa chiedo sempre dalla mia prima celebrazione di spargere il sangue per Gesù”, si concretizzò nello “spendere il suo e di più se stesso per il bene delle anime”, come il buon tralcio innestato alla vite da il suo frutto. Durante il suo episcopato celebrò il Convegno eucaristico diocesano (1950), partecipò ad alcuni Congressi Eucaristici nazionali e dedicò all’eucaristia due Lettere Pastorali: La S. Messa 1960 e Il Ponte sul Mondo 1964.

La pietà mariana
Altro pilastro della personalità umana e sacerdotale di Lojali fu la pietà mariana. La Madre di Dio fu una costante in tutti gli scritti e ad essa dedicherà tre Lettere pastorali: L’Ora della Mamma 1954, Le Visite Materne 1958 e La Madre della Chiesa 1965. Ma la sua devozione ha origini più remote: “Mi ha protetto in guerra tanto fisicamente che spiritualmente e a Lei avevo affidato la mia vocazione. Così quando sono stato doppiamente protetto da Lei, le ho offerto in un quadro le mie spalline da Capitano con la scritta: Restitutus fiducia tui! Restituito per la fiducia di Te, o Madre! A Lei ho consacrato il mio sacerdozio e il mio episcopato e ho fatto conoscere in Amelia il titolo della Madonna della Fiducia. Mater mea, fiducia mea.” Durante il suo episcopato celebrò il II Centenario dell’Incoronazione dell’Immagine dell’Assunta (1945), nel 1949 indisse in diocesi la Peregrinatio Mariae in preparazione all’Anno Santo e partecipò alla definizione del Dogma dell’Assunta (1° novembre 1950). Nell’Anno Mariano 1954 promosse la Visitatio Mariae alle famiglie e prese parte al pellegrinaggio dell’Episcopato umbro a Lourdes, che ripeté anche nel 1958, anno giubilare delle apparizioni. L’anno seguente, insieme a oltre cento vescovi, fu a Catania per la Consacrazione dell’Italia al Cuore Immacolato di Maria.

Il padre dei poveri
La sua vita di uomo, sacerdote e vescovo fu ispirata all’ideale della carità: il suo cuore, la sua casa, la sua borsa fu aperta a tutti i bisognosi. A volte preso dai ritmi dell’attività pastorale quotidiana, confessa che l’istinto naturale lo vorrebbe portare a non badare a qualcuno di loro “ ma subito un’espiazione: è Gesù stesso, lascia Dio per Dio e soccorrila subito!”.
Iniziò il suo servizio episcopale visitando tutte le famiglie ed entrò in tutte le case, consolò i poveri, i più cari tra i suoi figli. Le sue visite avvenivano per lo più nelle ore serali, indossando il vecchio mantello militare tinto di nero, sotto il quale era facile nascondere cibarie o altro, senza destare attenzione. Quanti di loro, in teorie interminabili, si sono rivolti a lui hanno sempre trovato a tutte le ore buona accoglienza, senza pretesti, ma piena comprensione e sollecito interessamento.
“I poveri sono tutti coloro, che hanno bisogno di aiuto e di confort: i bisognosi, i disoccupati, i malati, i carcerati, gli afflitti. A questi in modo speciale è aperto il cuore del pastore e del padre, e vorrei che a tutti arrivasse subito l’interesse e il soccorso dei fratelli che si trovano in grado di aiutarli in modo che la vita cristiana della nostra diocesi ricavasse da questo impegno di energia e di mezzi non peso e fatica, ma forza e santa letizia.”
Fra le iniziative del suo XXV di episcopato, nel 1964 celebrò la “Giornata del Povero” lieto di essere circondato dalla presenza dei “prediletti tra i suoi venticinquemila figlioli.”

L’amico dello Sposo
“Quante volte mi sono chiamato così nelle mie relazioni di apostolato con le anime consacrate al Signore le quali sono chiamate le Spose di Gesù; chi le dirige e le forma a buon diritto è l’Amico dello Sposo.” Così si definiva Mons. Lojali al termine degli Esercizi spirituali nel 1965.
Infatti ebbe sempre una particolare predilezione per le anime consacrate. Nel 1948, ad esse indirizza una lettera pastorale dal titolo “La Parte Migliore”, interpretato come personale dono in occasione del Venticinquesimo di sacerdozio e Decimo di episcopato. Visitava costantemente le case religiose femminili sparse in quasi tutte le parrocchie della diocesi, che operavano nel campo della carità verso gli ultimi, nell’educazione e nelle opere assistenziali, come pure i monasteri di vita contemplativa. A tutte riservò una cura singolare nella formazione e direzione spirituale, intervenendo all’occorrenza anche al sostegno economico.

Lo slancio missionario
Già nel 1927 scrivendo al Rettore del Seminario Romano, Lojali aveva confidato di lavorare indefessamente per le missioni e adottato tre seminaristi indigeni e, lo stesso anno, nel diario dell’anima aveva espresso il desiderio di “partire, convertire, amare, soffrire, dare il mio sangue. Comandami, o Signore, che io sono pronto!” La terra dove realizzerà il suo ideale missionario sarà la sua stessa Diocesi.
Eletto vescovo promuove in tutta la diocesi l’organizzazione delle Pontificie Opere Missionarie. Nei primi quattordici anni di episcopato adotta circa sessanta seminaristi indigeni dei quali trenta sono stati ordinati sacerdoti e tanti fedeli sono abbonati alle riviste missionarie. All’Azione Missionaria dedicherà la Lettera pastorale dell’anno 1952. La diocesi di Amelia, una tra le più piccole del mondo, sotto la guida del vescovo Lojali tiene il primato del movimento missionario nella regione Umbria e uno dei primi posti nella nazione.

Il Padre Conciliare
Il 12 febbraio 1961 Monsignor Vincenzo Lojali firma la sua XXVI° Lettera pastorale alla diocesi dal titolo Il Concilio Ecumenico Vaticano II: “Il mondo cattolico” scrive “vive una grande vigilia e forse poche volte nella storia si è sentiti il cuore della cristianità palpare col cuore della Chiesa, come in questo tempo... Attraverso il Concilio, la Chiesa si presenterà davanti a tutti gli uomini nel rinnovato fulgore della sua intemerata bellezza.”
Prese parte a tutte le Sessioni Conciliari da lui vissute con entusiasmo, straordinaria diligenza e spirito di osservazione. Insieme ad altri vescovi africani fu ospite nella Casa romana delle Suore Marianiste, tornando puntualmente in Diocesi nel fine settimana, per adempiere il sevizio pastorale.
Dal 1962 trattò costantemente del Vaticano II sia nel Diario dell’anima e sia in tutte le Lettere pastorali fino all’ultima, data alle stampe il 27 febbraio 1966, dal titolo La coscienza post-conciliare e che diverrà il suo testamento spirituale: “Tutti dobbiamo prendere coscienza di questo nuovo spirito che alita sulla Chiesa, destinato a trasformare la vita di ogni cristiano.”
In realtà con la sua vita umile e povera vissuta nel servizio episcopale, come padre tra figli o meglio come fratello tra i fratelli, per lui le attuazioni del Concilio non furono del tutto una vera novità, in quanto la sua missione pastorale l’aveva vissuta sempre così.

Il pio transito
Colpito dalla malattia nel maggio 1964 tornerà al suo ministero indebolito, ma abbandonato alla volontà del Signore. Nel suo Diario scrisse “Gesù non ho più la forza di prima, ma offro le mie pene per il bene della mia diocesi.”
Il 14 marzo 1966 Mons. Vincenzo Lojali moriva nel suo povero episcopio, Sorella morte gli venne incontro nelle prime ore notturne. Nei due giorni successivi, la salma fu esposta nella camera ardente allestita nel Salone dei vescovi dell’episcopio e plebiscitaria fu la dimostrazione di affetto della popolazione dell’intera diocesi nel rendere omaggio al suo padre e pastore. Come unanime fu la partecipazione al rito esequiale officiato in Cattedrale alla presenza dell’episcopato umbro e nel lungo corteo che accompagnò il feretro in Piazza XXI Settembre, dove partì alla volta di Attigliano per la sepoltura nella tomba di famiglia.

La traslazione
Nel testamento scrisse: “Aderisco al desiderio dei miei famigliari di essere tumulato in Attigliano nella tomba di famiglia; e prego il Clero, se possibile, di trasferire, quando si potrà, la mia salma nella Cattedrale.”
Il ricordo della santa vita del Vescovo Lojali restò vivo tra quanti lo avevano conosciuto.
Ne fu prova il trionfo che ebbero le spoglie mortali quando l’anno successivo, il 1° ottobre 1967, furono traslate dal cimitero di Attigliano per essere tumulate nella Cattedrale di Amelia: una vera apoteosi del Pastore buono che aveva donato tutto se stesso per il suo popolo.

Causa di Beatificazione e Canonizzazione
La vita di Mons. Vincenzo Lojali è stata sempre considerata “santa” dal popolo di Dio e non si pecca di presunzione affermare che già in vita egli godeva di fama di santità. Quanti hanno avuto la grazia di avvicinarlo, di ascoltare la sua parola, di essere da lui confortati e aiutati, hanno visto in lui un riflesso della presenza di Dio e toccato con mano la tenerezza e la misericordia divina.
Per questo nel marzo 1967, primo anniversario della morte, i sacerdoti della Diocesi invitavano a raccogliere la testimonianza viva di quanti ebbero la fortuna di conoscerlo, costituendo così un materiale prezioso per chi, un giorno, dovrà tracciarne la vita feconda.
Alla fine degli anni ’70 fu presentata istanza per l’apertura di un Processo Informativo, la richiesta fu accolta con favore, ma diverse circostanze impedirono che si arrivasse a una conclusione concreta.
Nel 1984 inizia la fase preparatoria e nel 1992 si apre la Causa diocesana che si concluderà nel marzo 2000 con la consegna della documentazione alla Congregazione delle Cause per i Santi e l’inizio dello studio della Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis del Servo di Dio.


Autore:
Comitato vicariale Mons. Lojali

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Aggiunto/modificato il 2021-11-25

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