Leandro Loredo è morto com’è vissuto: avvicinando le anime a Dio. 45 anni, professore di Biologia in varie scuole e promotore dell’Hogar Granja Esperanza, che nella città argentina di La Plata offre rifugio a giovani e adulti con disabilità mentali che non hanno possibilità di sostentamento, era anche un attivo promotore dell’adorazione perpetua nella sua città.
Malato di leucemia, è entrato nell’Hospital Interzonal General José de San Martín il 5 novembre scorso. In 44 giorni il suo corpo ha perso quello che guadagnava il suo spirito, e nonostante la debolezza ha saputo avvicinare molte anime a Dio.
Per accompagnarlo e pregare per lui, le comunità parrocchiali in cui promuoveva l’adorazione eucaristica perpetua hanno iniziato ad assistere alla Messa nella cappella dell’ospedale alle 6.00. Da anni alla Messa non partecipava nessuno. La cappella ha preso vita mentre Leandro si spegneva. Ma non è tutto.
Molti messaggi audio circolano tra i suoi amici su Whatsapp e riflettono la serenità con cui ha affrontato i suoi ultimi giorni e la forza che trovava nella preghiera. “Sono protetto dalla medaglietta di Maria, che mi accompagna sempre. La fede muove le montagne. Noi abbiamo la medicina migliore. Si compia la sua divina volontà”, ha detto a una sua amica che ha condiviso il messaggio con Aleteia.
Leandro ha trascorso il suo ricovero pregando e meditando sul “cammino di preparazione per terminare nelle mani di Dio, ora o più avanti, o quando sia”. “È un cammino di preparazione. L’ho sempre chiesto al Signore”, diceva. La preghiera gli dava forza e coraggio, perché “Dio sa, Dio sa tutto”. “L’importante è essere all’altezza delle circostanze e abbandonarmi al suo amore, su questo non ho dubbi. E se Lui mi chiama correre tra le sue braccia”, ha riferito a un’altra amica.
Profondamente mariano, intonava canti che gli ricordavano il suo pellegrinaggio alla Virgen del Cerro a Salta, devozione che ha caratterizzato la sua vita. Allegro e trasparente, si mostrava felice con i suoi amici, godendosi ogni cosa, ogni giorno, e offrendo la sua sofferenza senza lamentarsi.
“Anche questo ha grande valore. Per le anime, per la conversione. In pace, che è ciò che conta. Si compia la volontà di Dio, che è la cosa migliore che mi può accadere. Magari tutti lo capissero, perché a volte la gente non lo comprende (…), ma voi e io sappiamo che il Paradiso esiste, e prima o poi ci incontreremo lì. Non c’è altra opzione. Bisogna perseverare fino alla fine”, diceva a un’amica.
“Scuoteva la testa di fronte a tante persone che vivono alla leggera il fatto di essere cattoliche”, ha riferito un’altra persona a lui vicina. “Noi cattolici spesso non viviamo Dio; separiamo le cose, andare a Messa, agire, vivere in comunità come pensava lui. Tendiamo molto a separare le varie cose. Non abbiamo la presenza continua di Dio nella nostra via. Leandro ce l’aveva. Per questo era tanto amato in tante comunità”. E non apparteneva a nessuna comunità in particolare, perché “vedeva ogni persona come una comunità, e dovevano essere uniti”. La fraternità, il fatto di vivere come una famiglia, come fratelli, al di là del legame di sangue, era uno dei temi che sottolineava maggiormente negli ultimi giorni.
Chi era Leandro
Paola, una sua amica del cui figlio Leandro era padrino, lo ricorda dicendo: “Lo descriverei come un uomo con la semplicità degli umili di cuore, vicino e gentile con tutti, un uomo di Dio, un innamorato di Dio che ha trovato vivo sulla collina di Salta, dove la Santissima Vergine si è fatta conoscere. Un adoratore instancabile in spirito e vita, che ha saputo contemplare il volto di Gesù non solo nell’Eucaristia che adorava, ma anche nei fratelli, a cui da ciascuno dei luoghi che frequentava portava una parola speciale, una parola di Dio”.
“Soprattutto, però, era un uomo che ha saputo vedere nel volto dei giovani della casa Granja Esperanza – giovani con disabilità e nella maggior parte dei casi senza una famiglia biologica – il volto stesso di Cristo, un Cristo semplice, allegro e tenero… Vi ha dedicato gran parte del suo tempo e ha condiviso la vita con loro. Nel corso degli anni, Leandro ha messo al centro della sua vita Cristo, e tutto il resto è stato per amore. È stato e continua ad essere testimone di dedizione e amore nei confronti del Dio dell’amore, a cui continuerà a portare anime con il suo esempio di vita, ma principalmente con la sua intercessione”.
Il chicco di grano che cade
La sua Pasqua è stata il 19 dicembre. “Se il chicco di grano cade e muore dà molto frutto”, hanno scritto gli adoratori di La Plata dopo 24 ore di adorazione nella cappella dell’ospedale. “Se Dio vuole, continueremo tutti gli ultimi fine settimana del mese a fare l’adorazione di 24 ore in cappella”, hanno annunciato, avviando una nuova iniziativa apostolica nata su impulso di Leandro.
Nell’Hogar Granja Esperanza ricordano che per i giovani “è diventato il padre che mancava loro, curandoli, preoccupandosi, accertandosi che tutto andasse bene per migliorare la loro qualità di vita, sacrificando ore e ore senza curarsi delle proprie necessità”.
“L’Hogar andrà avanti, Leonor (la fondatrice) e lui hanno gettato il proprio seme, con dentro il loro cuore. Noi insieme ai ragazzi dobbiamo mantenere e rispettare questa eredità. Ci mancherà immensamente, ma con questo dolore dobbiamo continuare a costruire l’Hogar che ha sempre desiderato. Ovunque sia, ci guiderà”, hanno scritto.
La gente non pensi che Dio non abbia ascoltato le preghiere
“Essere sacerdote ti offre questi doni di Dio: conoscere persone che Lo cercano con tutto il cuore. E Dio si lascia trovare. E il cammino è sempre lo stesso, la croce e la porta stretta. Leandro era fatto per Dio e lo sapeva. Aveva solo 45 anni e una feroce leucemia se lo è portato via in pochi giorni. Ha accettato la sua malattia e la morte con la docilità di chi ama la Volontà di Dio e sa che Egli cerca solo il nostro bene. Semplicemente perché aveva il cuore in cielo, dove dev’essere il nostro tesoro”, ha scritto padre Eduardo Pérez, che accompagnava spiritualmente Leandro da quando aveva vissuto una conversione molto forte a partire da una Confessione.
Un altro sacerdote, padre Emiliano, ha riferito che la sua grande preoccupazione era che se fosse morto “la gente avrebbe pensato che Dio non aveva fatto nulla, che non aveva ascoltato le sue preghiere”; “per questo voleva che fosse ben chiaro che era felice, che era nelle mani di Dio”.
Una sua amica ha ricordato il suo ultimo incontro con lui, caratterizzato da un sorriso: “L’ultima volta che l’ho visto si è tolto la maschera dell’ossigeno, mi ha sorriso e mi ha chiesto di sorridergli. Vedeva che ero triste e non voleva che me ne andassi così. E so che quel sorriso e quella richiesta di sorridere, che ha potuto solo fare a gesti perché praticamente non parlava, hanno dimostrato la sua generosità. Erano il suo ‘Vai via felice e contenta perché sto bene e sono felice’”.
Semplice, amante della natura al punto da riciclare i rifiuti per non danneggiare la creazione di Dio, promotore della difesa della vita, Leandro si definiva un piccolo strumento dell’amore trasformatore di Dio, di cui parlava perfino ai compleanni. Amava vedere la trasformazione delle persone che si avvicinavano a Dio. Anche per questo Leandro è morto com’è vissuto. Allegro, senza lamentarsi, fiducioso in Maria e adoratore di suo Figlio, gettando semi di santità. Farlo lo rendeva felice. Ed è morto felice.
Autore: Esteban Pittaro
|