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Miranda de Ebro, Spagna, 17 febbraio 1909 – Madrid, Spagna, 22 agosto 1936
José María Urruchi Ortiz nacque a Miranda de Ebro, non lontano da Burgos, il 17 febbraio 1909. Ancora ragazzo cominciò a frequentare i Redentoristi di El Espino, poco distante dal suo villaggio, ma non poteva entrare in Seminario a causa delle ristrettezze familiari. Accolto dal rettore, cominciò la sua formazione, a prezzo di gravi fatiche. Emise la professione religiosa nel 1927 e fu ordinato sacerdote il 2 ottobre 1932; tuttavia, aveva cominciato ad avere seri problemi psicologici, che gli causavano scrupoli. Nel tentativo di uscire da quella situazione, peregrinò per varie comunità, fino ad arrivare a quella del Perpetuo Soccorso a Madrid, poco prima che scoppiasse la guerra civile spagnola. Il 20 luglio 1936, padre José María lasciò la residenza insieme a fratel Massimo Perea Pinedo. Entrambi si rifugiarono in casa del signor Roberto Nandín, ma pochi giorni dopo fratel Massimo si scambiò di rifugio con fratel Pasquale Erviti Ensausti, il quale, dove si trovava, era in pericolo. Il 21 agosto, alcuni miliziani arrivarono per compiere una perquisizione e arrestarono i due religiosi e il padrone di casa. Padre José María fu martirizzato nelle prime ore del 22 agosto, mentre il suo cadavere fu rinvenuto sulla strada per l’Andalusia; aveva ventisette anni. Lo stesso giorno venne trovato, dalla Croce Rossa, il cadavere di fratel Pasquale, nella località Pradera (forse Pradera di San Isidro), sempre nei confini municipali di Madrid. Fratel Massimo venne invece ucciso il 2 novembre 1936. Durante quella persecuzione, morirono in tutto dodici Redentoristi delle case di Madrid: oltre a padre José María (il più giovane dei sacerdoti del gruppo), quattro provenienti dalla comunità di San Michele, più altri cinque da quella del Perpetuo Soccorso. Tutti e dodici furono beatificati il 22 ottobre nella cattedrale di Santa Maria la Real de la Almudena a Madrid, sotto il pontificato di papa Francesco. La loro memoria liturgica ricorre il 6 novembre, giorno nel quale le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del XX secolo.
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Gli inizi della sua vita e della sua vocazione
José María Urruchi Ortiz nacque a Miranda de Ebro, non lontano da Burgos, il 17 febbraio 1909. Come egli stesso sottolineò, era incline alla vita e alla pietà religiosa, per cui cominciò ad aiutare il parroco del paese servendo Messa. Inoltre, cominciò a frequentare la comunità redentorista di El Espino, sede del Seminario e dello juniorato redentorista in Spagna, a circa tre chilometri dal suo villaggio.
Il bilancio familiare, tuttavia, non gli permetteva di entrare in quel Seminario. Il rettore, provando compassione per lui e vedendo la sua buona disposizione d’animo, avviò le pratiche necessarie e lo accolse.
La sofferenza per gli scrupoli
Nei cinque anni seguenti, José María ebbe molte difficoltà negli studi, ma non perse mai la speranza di professare i voti e di essere ordinato sacerdote. Nel 1927 terminò il noviziato ed emise, a Nava del Rey presso Valladolid, la professione religiosa.
Continuò a faticare negli studi, più dei suoi compagni: otteneva voti inferiori ai loro, ma s’impegnò a fondo e riuscì a concluderli. Fu ordinato sacerdote il 2 ottobre 1932, ma cominciò a soffrire per una grave malattia psicologica, che gli causava seri scrupoli.
Peregrinò attraverso varie comunità: La Coruña e Cuenca nel 1934, poi Vigo nel 1935. Infine venne inviato a Madrid, sperando che padre Otero, superiore della comunità del Perpetuo Soccorso ed ex formatore, potesse aiutarlo nelle sue crisi.
Durante la guerra civile spagnola
Il 19 luglio, il giorno seguente lo scoppio della guerra civile spagnola, la comunità del Perpetuo Soccorso a Madrid, della quale faceva parte fratel Gregorio, poté celebrare le Messe sia della solennità del Redentore, sia del giorno seguente; alcuni religiosi di quella comunità pernottarono fuori.
Il 21 furono celebrate solo le prime Messe del mattino. Subito dopo, fu consumato il Santissimo Sacramento: le porte del santuario furono chiuse e lo rimasero fino alla fine della guerra. La comunità si riunì per mangiare prima dell’orario abituale. Poco dopo, tutti i religiosi, già vestiti in abiti civili, si dispersero.
Il martirio
Il 20 luglio 1936, padre José María lasciò la residenza insieme a fratel Massimo Perea Pinedo. Entrambi si rifugiarono in casa del signor Roberto Nandín, ma pochi giorni dopo fratel Massimo si scambiò di rifugio con fratel Pasquale Erviti Ensausti, il quale, dove si trovava, era in pericolo. Nei giorni seguenti, vissero come in un convento: ogni giorno, padre José María poteva celebrare Messa nella cappella di famiglia.
Il 21 agosto, alcuni miliziani arrivarono per compiere una perquisizione e arrestarono i due religiosi e il padrone di casa. Probabilmente vennero portati alla checa (prigione improvvisata) del Palacio de Rodas, in calle Españoleto 19.
La stessa notte il portiere di casa rispose alla moglie di Roberto Nandín, che gli chiese notizie dei detenuti: «Non so nulla del signor Roberto; i frati vengono uccisi stanotte». Nel Palacio de Rodas s’imbatterono nel signor Rafael Arrizabalaga, che si confessò con padre José María Urruchi; lo vide pregare fino alla fine. Da lì, a quanto pare, sarebbero stati portati fuori per essere fucilati.
Padre José María fu martirizzato nelle prime ore del 22 agosto, mentre il suo cadavere fu rinvenuto sulla strada per l’Andalusia; aveva ventisette anni. Lo stesso giorno venne trovato, dalla Croce Rossa, il cadavere di fratel Pasquale, nella località Pradera (forse Pradera di San Isidro), sempre nei confini municipali di Madrid. Fratel Massimo venne invece ucciso il 2 novembre 1936, mentre fratel Aniceto era stato catturato il 16 agosto e ucciso probabilmente due giorni dopo.
In tutto, durante quella persecuzione, morirono dodici Redentoristi delle case di Madrid: quattro dalla comunità di San Michele, più altri quattro, oltre quelli già menzionati, da quella del Perpetuo Soccorso. Tutti godettero immediatamente di fama di martiri all’interno e all’esterno della Congregazione dei Redentoristi.
La causa di beatificazione in fase diocesana
L’inchiesta diocesana della causa di beatificazione, intitolata a Vicente Nicasio Renuncio Toribio e undici compagni, si svolse a Madrid dal 19 settembre 2006 al 27 novembre 2007. Gli atti dell’inchiesta furono convalidati dalla Congregazione delle Cause dei Santi il 24 marzo 2010.
La “Positio super martyrio”, presentata nel 2019, fu sottoposta ai Consultori Storici il 29 gennaio dello stesso anno, essendo appunto la causa di natura antica o storica, perché dai fatti erano trascorsi più di cinquant’anni.
Il decreto sul martirio
Il 24 settembre 2020 i Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi emisero il proprio voto favorevole. I Cardinali e i Vescovi membri della stessa Congregazione, nella loro Sessione Ordinaria del 20 aprile 2021, riconobbero che l’odio contro la fede era l’unica ragione dell’accanimento contro i dodici Redentoristi e delle loro uccisioni.
Il 24 aprile 2021, ricevendo in udienza il cardinal Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò infine il decreto sul martirio.
La beatificazione
Padre José María (il più giovane dei sacerdoti del gruppo), fratel Pasquale, fratel Massimo, fratel Aniceto e gli altri nove furono quindi beatificati a Madrid, nella cattedrale di Santa Maria la Real de la Almudena, il 22 ottobre 2022. La Messa con il Rito della Beatificazione fu presieduta dal cardinal Semeraro come inviato del Santo Padre. La loro memoria liturgica venne fissata al 6 novembre, giorno nel quale le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del XX secolo.
La Congregazione del Santissimo Redentore aveva già visto, il 13 ottobre 2013, la beatificazione di sei suoi membri, martiri durante la stessa persecuzione, appartenuti alla comunità di Cuenca.
Autore: Emilia Flocchini
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