Era il biblista per eccellenza a Gerusalemme anche se ciò gli venne riconosciuto dopo la morte di un altro “luminare”, il gesuita e cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano che nella città prediletta era di casa. Manns era frate minore (francescano), e frati erano due domenicani, Bruno Hussar e Marcel-Jacques Dubois. Vi erano giunti dalla Francia, chi prima chi poco dopo, attratti ognuno dalla sua santità e perennità e vi avrebbero lasciato il segno: Manns al Biblicum, il giovane Studium universitario del quale sarebbe divenuto anche decano (1996-2006); Hussar a Nevé Shalom, il villaggio da lui fondato (1972) per essere segno credibile della convivenza ebraica-musulmana-cristiana, in particolare israelo-palestinese; Dubois cantore del “mistero di Gerusalemme” nella quale, evento senza precedenti, lui, presbitero cattolico, sarebbe stato docente di filosofia all’Università Ebraica e poi anche il decano della facoltà; insignito nel 1996 del Premio Israele.
Le radici di Manns e di Hussar erano ebraiche (il primo nato in Croazia, il secondo in Egitto) quindi l’attrazione di Gerusalemme era assolutamente naturale. Ma se in Francia sarebbe stata filtrata dalla formazione religiosa in seminari cattolici (la stessa impartita pure a Dubois) a Gerusalemme avrebbero intrapreso lo studio della lingua ebraica, biblica e moderna, nonché della storia del popolo ebraico e della regione. Manns avrebbe poi esteso la conoscenza dell’immensa letteratura religiosa e delle tradizioni giudaiche e studiato anche l’aramaico biblico e quello targumico, il greco classico, l’arabo. Come Dubois avrebbe perfezionato la padronanza della lingua latina, in istituzioni accademiche (rispettivamente il Biblicum francescano e l’École Biblique domenicana) illuminate da esegeti del Vecchio e Nuovo Testamento, e da teologi, storici, archeologi e specialisti di parecchie altre discipline, finalizzate alla conoscenza di Gesù. Ma saranno loro due, Dubois e Manns, a impegnarsi specificamente nell’evidenziarne le profonde radici ebraiche; a dimostrare che Gesù ha compiuto in Sé stesso tutta la tradizione ebraica dei suoi padri.
Erano, come Hussar, sacerdoti incardinati nella Chiesa Madre di Gerusalemme che, nel momento più delicato della loro integrazione, era guidata dal primo patriarca latino di stirpe araba, Michel Sabbah, ben consapevole di essere palestinese di Nazareth ma anche chiamato a gestire una nuova realtà, quella di molti ebrei che hanno abbracciato il Messia, battezzati nella Chiesa latina e nello stesso tempo orgogliosi delle loro radici e tradizioni oltre che di vivere nello Stato di Israele Due popoli, l’arabo e l’ebraico, protagonisti delle guerre del 1948, 1967 e 1972, promosse e perdute tutte dai Paesi arabi della regione, bloccate da altrettanti armistizi e, ancora oggi, alla ricerca della pace.
La storia religiosa della Chiesa cattolica in Israele è stata segnata nel dopoguerra dalla costituzione (1955) dell’“Opera di San Giacomo apostolo” e dall’ approvazione pontificia della traduzione in lingua ebraica del testo latino della Santa Messa. Sua Beatitudine Sabbah, chiamato ad essere padre di tutti, sarà fra i consacranti del primo vescovo israelita nella terra di Gesù dai tempi apostolici: il suo vicario per la comunità di espressione ebraica padre Jean-Baptiste Gourion, abate del monastero benedettino di Abu Gosh (località ricordata dalla Bibbia per aver accolto l’Arca dell’Alleanza prima della sua collocazione nel non distante Tempio di Gerusalemme).
La preparazione di Manns e di Dubois non poteva non avere un completamento nell’insegnamento. Un’offerta che a Gerusalemme è parecchio diversificata e vede impegnati religiosi docenti, in particolare francescani e domenicani, gesuiti e salesiani collegati con i loro atenei romani: l’Antonianum, il San Tommaso d’Aquino, la Gregoriana, la Salesiana. Numerosi sono stati i loro allievi, per quanto gli italiani siano attratti dal Biblicum, certamente per la comune lingua madre della maggior parte dei docenti. Vivo e riconoscente il loro ricordo di padre Manns. Desidero citarne due: l’amico carissimo mons. Mauro Maria Morfino, oggi vescovo di Alghero, che ha insegnato meravigliosamente ai seminaristi di Sardegna quel che aveva studiato e maturato nel Biblicum negli anni della nostra vita a Gerusalemme; e il mio “maestro”, tale lo considero, don Francesco Giosuè Voltaggio, rettore del seminario Redemptoris Mater che i Neocatecumenali hanno costruito in Galilea, sul Monte delle Beatitudini, ed è stato inaugurato da san Giovanni Paolo II, papa pellegrino in Terra Santa nel Giubileo del 2000.
Don Voltaggio può essere, per me è già, l’erede per antonomasia di padre Manns. Da lui ricordato come “il direttore della mia tesi dottorale, un professore e una persona fantastica”. La sua preparazione, intelligenza e memoria sono dono di Dio, “di una profondità incredibile”, “illuminanti”, “interessantissime” (per testimonianza di chi l’ha ascoltato a Radio Maria, o in conferenze o ha letto i suoi libri). Come rigorosa, rispettosa, prodigiosa è la continuità del suo insegnamento. Le sue affascinanti catechesi diffuse da Radio Maria, seguite da innumerevoli ascoltatori, sono di una completezza e ricchezza uniche.
È anche suo merito aver contribuito a fare della Domus Galilaeae il centro in cui quel dialogo con i “fratelli maggiori” ebrei, instaurato da Kiko Arguello e dalla compianta Carmen Hernandez, si sviluppa e si irradia in maniera sempre più estesa, credibile e coinvolgente. Sono migliaia gli ebrei, non solo rabbini, che ne sono attratti, la loro scoperta della padronanza della lingua e della cultura religiosa ebraica si accompagna fra l’altro all’ingegnosa attrattiva visiva di testi famosi, quali il “Decalogo” e il “Discorso della Beatitudini” (dal Vangelo di Luca), e al patrimonio di una ricchissima Biblioteca.
Entriamo così nel mondo dei libri. Con una premessa: padre Manns fino al 2008 scrisse in francese, sua lingua madre. Il primo e ultimo suo libro in lingua italiana, Sinfonia della parola ed Ebreo di Nazaret, sono stati pubblicati nel 2009 e 2019 dalle Edizioni di Terra Santa. Tuttavia è stata edita nel 2005, da FMR-Arté, la Bibbia (limitata ai primi cinque libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio) con la traduzione in lingua italiana del suo saggio introduttivo, e le illustrazioni del maestro Leonardo Cremonini. Fino al 2012 ha continuato a scrivere in entrambe le lingue. Nel 2013 la Dehoniana di Bologna ha riunito in un solo volume due sue importanti opere, Il Giudaismo e L’Ebraismo di Dio, che consentono di comprendere il Vangelo alla luce del messianismo e del profetismo e di comprendere la continuità e la rottura tra Chiesa delle origini e Sinagoga.
Sempre nel 2013 l’editore napoletano Chirico ha stampato di Manns i Simboli biblici e nei due anni successivi Più forte della morte. Il Targum del Cantico dei Cantici e di Ruth, poi Il Targum di Ester e infine L’altra metà del cielo. La “questione femminile” nelle tradizioni giudaica e cristiana e Tutto è vanità. Il libro di Qoèlet nelle versioni della LXX, della Pešiṭtā e del Targum del quale sono coautori Stefano Cavalli e Massimo Pazzini. Lo stesso editore si è aperto a Voltaggio stampando la sua tesi di dottore in Scienze bibliche e archeologia conseguita al Biblicum nel 2007 summa cum laude. Relatore naturalmente padre Manns. Ha per titolo La preghiera dei Padri e delle Madri d’Israele nella tradizione ebraica alle origini del Cristianesimo. Uno studio a partire dal Targum. Fra gli altri libri di grande e meritato successo (hanno raccolto le catechesi di Voltaggio a Radio Maria) Alla sorgente della fede in Terra Santa. Le feste ebraiche e il Messia (due volumi) e inoltre Il leone si è fatto agnello. Trascurando di citare i libri di cui don Voltaggio è coautore.
Naturalmente l’Università Ebraica di Gerusalemme continua ad accogliere numerosi italiani, religiosi in particolare, desiderosi di approfondire la conoscenza della lingua ebraica. Un suo illustre allievo è certamente il francescano padre Pierbattista Pizzaballa (pure studente di teologia, e poi docente, del Biblicum), che è stato parroco della comunità di espressione ebraica di Gerusalemme nella chiesa dei santi Simeone e Anna, quindi Custode di Terra Santa dal 2004 per ben 12 anni, e dal 2016 consacrato vescovo a Bergamo (sua diocesi natale) dopo esser stato nominato da papa Francesco al vertice della Chiesa latina: per quattro anni ne è stato Amministratore Apostolico quindi Patriarca. Legato da stima e affetto a padre Manns, del quale era stato allievo, ha ricordato che “ha saputo legare l’amore per la Parola di Dio alla Terra Santa e al popolo che la abita”.
«Ignorare le Scritture è ignorare Cristo», amava ripetere padre Manns facendo eco a san Girolamo. Ai suoi semplici funerali nella chiesa parrocchiale di San Salvatore, che hanno riunito molti estimatori, religiosi, docenti, ex allievi, il Custode di Terra Santa padre Francesco Patton ha esaltato «una vita intera, cercando di comprendere le vie del Signore attraverso lo studio della Sacra Scrittura: uno studio permeato di amore e di preghiera, uno studio che ha sostenuto il suo cammino di uomo, di cristiano e di francescano, uno studio che lo ha portato a comprendere sempre più in profondità e a trasmettere con sempre maggior convinzione che “Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà / per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti”».
Autore: Graziano Motta
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