Ormai ventitrè anni fa, il 4 ottobre 2000, nella festa di San Francesco, i Padri francescani chiudono il convento della Madonna dei Colli nei pressi di Soliera. Di conseguenza viene decretata la fine di una istituzione culturale e scolastica, ma anche della secolare storia di fede, di tradizioni religiose, di presenza spirituale collegate al contiguo Santuario, noto come “la chiesa dei frati”.
Si legge nelle cronache che dove oggi sorge il santuario vi fosse in origine una maestà con l’immagine della Vergine Maria col Bambino, molto venerata, in particolare dalle fanciulle del paese. I solieresi, considerato il numeroso concorso di popolo, vi costruirono una cappella, che nel tempo divenne chiesa e santuario, grazie alle donazioni, anche di altre parrocchie, e al lavoro degli uomini e delle donne di Soliera.
È dell’11 gennaio 1657 il rogito col quale il popolo di Soliera si impegnava “a provvedere in perpetuo ai bisogni necessari e al buon governo della chiesa”, alla quale fu assegnato un cappellano per le celebrazioni liturgiche. Nei secoli successivivengono registrati numerosi miracoli operati per intercessione “di Maria Santissima, dipinta in una antica maestà”. Si racconta, per citarne uno, di un bambino di nove anni, Angelo Pasquini di Monzone, completamente cieco, che, la madre, mentre pregava udì esclamare: “O mamma, che bella immagine”. Moltissimi, poi, sono gli ex voto per particolari grazie ricevute.
Fu l’arrivo dei Padri Francescani a trasformare l’oratorio in santuario. Espulsi con atto del governo italiano, esecutivo il 15 giugno 1892, dalle pertinenze dell’ospedale di Fivizzano, dove erano arrivati nel 1438 su invito di Spinetta Malaspina della Verrucola, trovarono ospitalità, grazie a padre Fregosi e a don Paolo Taruffi, arciprete della Pieve di Soliera, prima a Caugliano, poi presso l’oratorio della Beata Vergine della Neve ai Colli di Soliera, come era anche denominato. Il terreno circostante fu messo a disposizione per la costruzione del Convento. Una parte fondamentale nella vicenda l’ebbero i compatroni, i rappresentati delle famiglie benestanti del paese, che sottoscrissero un atto che stabiliva i giorni per il culto, oltre le modalità di uso e governo dei beni.
Ben presto il convento divenne un importante centro religioso, dove venivano formati gli aspiranti al sacerdozio. In un tempo in cui le strutture scolastiche erano quasi ovunque assenti, molti furono coloro che lì acquisirono le prime nozioni del sapere. Dopo gli anni del trasferimento a San Cerbone di Lucca, causato dalla Prima Guerra Mondiale, il ritorno dei frati a Soliera fu caratterizzato da importanti novità, quale la creazione di un collegio-convitto per preparare i giovani del territorio agli studi medi. Nel 1919 furono 16 gli alunni di quarta e quinta elementare. Superate, usando carriola e badile, le distruzioni del terremoto del 1920, il collegio, diretto da padre Molini, visse una fase di grande espansione nel numero degli studenti, nell’offerta formativa, fino al ginnasio, e nell’ampliamento della struttura. Gli anni della Seconda Guerra Mondiale portarono alla chiusura del collegio nel 1943, ma non al disimpegno dei padri francescani, che si adoperarono a portare aiuto alla popolazione o, come padre Lino Delle Piane, a dare cristiana sepoltura alle vittime dell’eccidio di San Terenzo. In quel periodo il collegio ospitò anche l’ospedale di Massa. “Il collegio di Soliera è diventato il cuore della mia diocesi”, ebbe a dire mons. Giovanni Sismondo. Nel 1944 frati, medici e infermieri rischiarono di essere fucilati dalla “Monterosa”, se un loro comandante non avesse capito che non avevano ospitato partigiani. Nel secondo dopoguerra il complesso ha ospitato, oltre le scuole medie statali, le Elementari, l’Istituto Agrario con serre e laboratori.
Due date sottolinea il compianto Silvio Gerini, a cui va un grande ringraziamento per essersi dedicato a ricostruire con meticolosità e competenza le vicende del santuario e del collegio della Madonna dei Colli, ora purtroppo abbandonati. Con gioia, il 1894, anno dell’ingresso dei francescani; con tristezza, l’anno 2000, quello della chiusura del convento.
Autore: Andreino Fabiani
Fonte:
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Il Corriere Apuano
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