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Beato Michele Rapacz Sacerdote e martire

Festa: 12 maggio

Tenczyn, Polonia, 14 settembre 1904 - Płoki, Polonia, 12 maggio 1946

Michał Rapacz nacque a Tenczyn, in diocesi di Cracovia, il 14 settembre 1904, da una famiglia di contadini. Entrò nel 1926 nel Seminario Maggiore di Cracovia; venne ordinato sacerdote il 1° febbraio 1931. Il suo primo incarico fu nella parrocchia della Natività della Beata Vergine Maria a Płoki, come viceparroco; due anni dopo fu trasferito a Rajcza. Tornò a Płoki nel 1937, questa volta come amministratore parrocchiale. Ebbe cura di tutti i suoi parrocchiani, anche di quanti non frequentavano la chiesa. Sotto l’occupazione tedesca, don Michał si vide impedito a esercitare ordinariamente il ministero, ma non smise di essere particolarmente attento ai giovani, ai poveri e ai malati. Per questa ragione, oltre che per il suo amor patrio, fu palesemente inviso al regime comunista che si era creato nell’immediato dopoguerra. Poco prima della mezzanotte tra l’11 e il 12 maggio 1946, don Michał fu aggredito nella canonica di Płoki e condannato a morte. Il suo cadavere venne trovato il mattino dopo, in un bosco vicino. Don Michał fu beatificato nel Santuario della Divina Misericordia a Cracovia-Łagiewniki il 15 giugno 2024, sotto il pontificato di papa Francesco. La sua memoria liturgica ricorre il 12 maggio, giorno della sua nascita al Cielo, mentre i suoi resti mortali sono venerati nella tomba posta sul retro della chiesa parrocchiale della Natività della Beata Vergine Maria a Płoki.



I primi anni
Michał Rapacz nacque a Tenczyn, paese non lontano da Myślenice e in diocesi di Cracovia, il 14 settembre 1904. Fu battezzato due giorni dopo nella chiesa di San Giovanni Battista a Lubń, coi nomi di Michał Franciszek; l’ultimo nome era in onore di san Francesco d’Assisi.
I suoi genitori, Jan e Marianna, erano contadini e gestivano un’azienda agricola. La madre era Terziaria francescana, mentre il padre educò Michał ad affrontare le difficoltà della vita senza lamentarsi. Un giorno lo portò al santuario di Myślenice, dove si ricordava l’agonia di Gesù nel Getsemani, e l’invitò a ricordare le parole del Signore in quella circostanza, ossia «Sia fatta la tua volontà»: « Ne avrai molto bisogno nella tua vita». Quindi lo condusse all’interno della chiesa, di fronte all’immagine della Madonna Addolorata, col corpo del Figlio morto tra le braccia, ed esclamò: «Figlio, dovrai passare attraverso la croce».
Michał frequentò le scuole elementari in paese, poi la scuola media Tadeusz Kościuszko a Myślenice.

Gli inizi del suo sacerdozio
Nel 1926 entrò nel Seminario Maggiore di Cracovia: erano anni in cui la Polonia stava uscendo dal periodo delle spartizioni, quindi era uno Stato indipendente. C’era molta povertà, ma anche un grande Dopo cinque anni di studio, il 1° febbraio 1931, nella Collegiata Universitaria di Sant’Anna a Cracovia, fu ordinato sacerdote da Adam Stefan Sapieha, arcivescovo di Cracovia e futuro cardinale.
Il suo primo incarico fu nella parrocchia della Natività della Beata Vergine Maria a Płoki, come viceparroco. Lì fondò un teatro amatoriale e si occupò dell’associazionismo giovanile. Fu attivamente impegnato anche nella pastorale dei malati e dei poveri.

Il periodo a Rajcza
Due anni dopo, don Michał venne inviato nella parrocchia dei Santi Lorenzo e Casimiro a Rajcza, vicino a Żywiec. La sua vicinanza ai fedeli fu tale che quattro anni dopo, quando fu annunciato che sarebbe stato di nuovo trasferito, alcuni di essi scrissero al vescovo: «Era pieno di fiducia e di affetto anche tra i meno credenti: era una roccia contro la quale crollavano i colpi di tutti gli avversari, che, sotto la sua influenza, tornarono in seno alla Chiesa e divennero fedeli servitori di Dio».

Ritorno a Płoki
Il 1° novembre 1937 ritornò a Płoki; questa volta, come amministratore parrocchiale. Lì trascorse la seconda guerra mondiale e gli anni difficili dell’occupazione tedesca, nei quali si vide impedito a esercitare in maniera ordinaria il ministero: furono infatti vietati l’insegnamento della Religione Cattolica, i matrimoni tra polacchi e tedeschi, tutte le celebrazioni e le attività pomeridiane delle parrocchie e delle istituzioni cattoliche.
Nonostante questo, don Michał s’impegnava a tenere alto il morale dei fedeli: aiutava tutti, compresi i partigiani polacchi, al meglio delle proprie possibilità, anche materiali. Continuava a dedicare molto tempo ai giovani, mentre nella sua predicazione rivendicava il primato di Dio e della Chiesa nella vita sociale.

Tutti i parrocchiani nella sua preghiera
Il legame affettivo con i parrocchiani e lo zelo pastorale di don Michał sono confermati dal suo “Liber animarum”, ossia il registro di tutte le famiglie del paese: cattoliche, di altre religioni (specie Testimoni di Geova) e persone che si dichiaravano atee.
Ogni sera si recava in chiesa, prostrandosi sul pavimento con le braccia stese in forma di croce, e pregava per ogni singola famiglia davanti al Santissimo Sacramento. Di solito terminava la sua preghiera per una famiglia specifica, facendo la Via Crucis: se la famiglia non era credente, pregava per la sua conversione; se invece lo era, per ottenerle da Dio la perseveranza.

Esigente con se stesso, devoto a Maria
Era esigente con se stesso, ma anche con gli altri. Diceva spesso: «Devo dichiararmi chiaramente, o sono cattolico o non lo sono». Aspettava per ore nel confessionale, così da poter offrire il perdono di Dio nella Confessione.
Oltre alla Via Crucis, la sua preghiera preferita era il Rosario. In un’omelia lanciò un appello ai fedeli: «La Madre di Dio, con il cuore trafitto dalle spade del dolore, ci dona il Santo Rosario affinché possa attrarci a Cristo come una corda. Non abbiamo altro modo. Ditelo ai vostri mariti, figli, nipoti e vicini. Ripetetelo loro da parte mia e da parte vostra, con cuore sincero».

Creativo nella carità
Non si risparmiava quando si trattava di esercitare la carità e insegnava a fare lo stesso: nel mese di ottobre, organizzava la Settimana della Misericordia, nella quale i giovani – gli stessi che recitavano negli spettacoli teatrali e nei presepi viventi ideati da lui – visitavano le persone malate e sole, ritiravano vestiti e cibo e raccoglievano denaro davanti alla chiesa.
La seconda guerra mondiale gli diede altre occasioni per diventare il prossimo di chi correva da lui. Un giorno bussò alla porta della canonica un fuggitivo della Pomerania che aveva perso la famiglia: fu accolto da lui nella casa parrocchiale. Di giorno o di notte, se veniva chiamato per portare i Sacramenti ai malati o ai moribondi, correva da loro.

I suoi incoraggiamenti in tempi difficili
Sempre durante la guerra, in una delle sue omelie, incoraggiò nuovamente i fedeli: «Beati voi quando siete perseguitati, quando siete insultati, quando soffrite la fame e la miseria. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene; sii costante e perseverante; nessuna fatica e nessuna buona azione rimarrà vana nel Signore».
Anche se non poteva farlo apertamente, continuava a insegnare il catechismo e a parlare del Signore ai bambini e ai giovani. In un’altra omelia affermò infatti: «Voi, genitori, avete un grande dovere, del quale un giorno dovrete rendere conto: allevare i vostri figli in modo cattolico. Per questo dovete collaborare con il sacerdote. Ogni bambino può essere allevato bene o male, cioè un bambino può essere un santo o, purtroppo, un criminale. Dipende in gran parte dalla sua educazione. Cercate quindi a tutti i costi di mandare i vostri figli in chiesa per l’educazione religiosa».

Durante il regime comunista
Don Michał amava la sua patria e cercava d’instillare quello stesso amore ai suoi compaesani. Tuttavia, dopo la fine della guerra, la Polonia si era ritrovata sotto il dominio dell’Unione Sovietica: lo stesso quartiere di Chrzanów, dove si trovava la parrocchia della Natività della Beata Vergine Maria, era diventato un forte centro comunista.
L’Ufficio di Sicurezza e il Partito dei Lavoratori Polacchi del Voivodato di Cracovia reclutarono con entusiasmo attivisti in quella zona, peraltro caratterizzata da un’intensa attività mineraria, tanto che questi arrivarono a proporre di annettere la Polonia all’Unione Sovietica.
Don Michał Rapacz dissentì da quella scelta, esprimendo con coraggio la sua opinione. Prima del referendum del 1946, cominciò a ricevere minacce, come quel giorno in cui qualcuno sparò contro la chiesa.

Il suo impegno continuava
Era inviso al regime soprattutto perché il suo impegno pastorale andava contro l’azione governativa, che era invece volta a eliminare una volta per tutte la Polonia dall’influsso della Chiesa, togliendo di mezzo i suoi rappresentanti più evidenti.
Ad esempio, dato che nelle scuole continuava a essere impedito l’insegnamento della Religione Cattolica, lui insegnava ai bambini in chiesa, tra una funzione e l’altra. Anche gli orari delle celebrazioni erano regolamentati dalle autorità statali, per cui, se gli accadeva di celebrare fuori orario per qualche gruppo di pellegrini, doveva pagare una multa; neanche quella pena pecuniaria, però, lo scoraggiava.
Sempre nell’immediato dopoguerra, il vescovo aveva raccomandato che non fosse consentito assistere al Battesimo o al Matrimonio a persone che non praticavano o addirittura erano nemiche della Chiesa. Don Michał fu fedele a quelle indicazioni, tanto da impedire a persone di questo genere di fare, ad esempio, da padrini, dato che per loro era un compito puramente esteriore, mentre la vita della fede e della Chiesa comportava l’unione con Dio.

«Non smetterò di predicare il Vangelo»
Gli fu riferito che durante una riunione di partito era stata manifestata l’intenzione di ucciderlo. Alcuni amici l’incoraggiarono ad andarsene da Płoki, ma ogni volta lui rifiutò. Durante una delle sue ultime prediche affermò: «Anche se dovessi morire, non smetterò di predicare il Vangelo e non rinuncerò alla mia croce».
Per molti mesi prolungò le sue veglie notturne, pregando che le parole che suo padre gli aveva detto si realizzassero. Era l’unico, in paese, a non avere paura. A sua sorella Katarzyna Kutryba, che lavorava in canonica come governante, riferì che, se qualcuno avesse bussato alla porta, gli avrebbe aperto subito.

Il martirio
Di fatto, sabato 11 maggio 1946, prima di mezzanotte, qualcuno bussò alla porta della casa parrocchiale: non erano partigiani, come si erano annunciati, ma venti uomini armati. Chiusero in una stanza la sorella di don Michał, quindi aggredirono il sacerdote, che aveva ancora addosso la talare: lessero di fronte a lui la sua condanna a morte. Mentre veniva condotto fuori dalla canonica, lui ripeteva: «Sia fatta la tua volontà, Signore». Fu quindi legato con una corda, trascinato intorno alla chiesa e picchiato.
Il cadavere fu ritrovato, verso le 7.30 di domenica 12 maggio, da Augustyn, un pastore che stava portando il bestiame a pascolare in un bosco distante circa un chilometro dalla canonica. Portava evidenti segni di percosse alla nuca e due fori di proiettile: uno all’altezza degli occhi e uno sulla fronte, a distanza ravvicinata. I fedeli arrivarono sulla scena del delitto, appena la notizia si diffuse; alcuni intinsero i propri fazzoletti nel sangue del sacerdote.
L’Ufficio di sicurezza avviò un’indagine sull’omicidio, ma non fu mai possibile identificare gli esecutori materiali. Era il tipico modo di agire del regime comunista, messo in atto anche per altri sacerdoti della diocesi di Cracovia e non solo, allo scopo di nascondere i fatti com’erano accaduti e il movente che li aveva scatenati.

La fama di santità e le prime fasi della causa di beatificazione e canonizzazione
Dopo la cerimonia funebre a Płoki, la salma fu sepolta nella tomba di famiglia, nel cimitero parrocchiale di Lubń. Sempre a causa del regime, per molti anni non fu possibile ricordare pubblicamente don Michał, ma i suoi parrocchiani continuarono a considerarlo un martire.
Nel 1980, sull’onda del risveglio del movimento di resistenza e della fondazione del sindacato autonomo “Solidarność”, si tentò di avviare la sua causa di beatificazione per l’accertamento del martirio in odio alla fede. Il primo passo fu l’esumazione, il 29 ottobre 1980, dei suoi resti mortali, traslati, il 2 novembre, in una tomba sul retro della chiesa parrocchiale della Natività della Beata Vergine Maria a Płoki.
Negli anni 1986-1987, il vescovo ausiliare di Cracovia Julian Groblicki, incoraggiato da papa Giovanni Paolo II, iniziò a raccogliere documenti e testimonianze riguardanti la vita e il presunto martirio di don Michał: furono raccolte ventuno testimonianze oculari.

L’inizio della causa
Il 26 novembre 1992 la Conferenza Episcopale Polacca si espresse a favore dell’inizio della causa. Il 23 gennaio 1993 l’arcivescovo di Cracovia, il cardinal Franciszek Macharski, chiese alla Congregazione delle Cause dei Santi a Roma di acconsentire al processo: il nulla osta fu emesso il 10 marzo 1993.
Il 23 agosto 1993 fu istituito il Tribunale diocesano, la cui prima sessione pubblica si tenne il 3 settembre 1993 e l’ultima il 9 novembre 1993. Gli atti dell’inchiesta furono aperti il 13 gennaio 1994, ma vennero riscontrate carenze formali e sostanziali.

La ripresa e la conclusione della fase diocesana
Il 29 settembre 2005 il nuovo arcivescovo di Cracovia, il cardinal Stanisław Dziwisz, riprese il processo nominando un nuovo postulatore. Il 6 gennaio 2006 fu istituito un nuovo Tribunale, che integrò i lavori con una nuova relazione della Commissione Storica e una valutazione teologica degli scritti del Servo di Dio, ma anche ascoltando nuovi testimoni.
L’8 febbraio 2017 fu allegato agli atti del processo il parere dell’Istituto della Memoria Nazionale, ente che esaminava i crimini contro la nazione polacca. Il 30 giugno 2017 l’inchiesta suppletiva fu conclusa dal nuovo arcivescovo di Cracovia, monsignor Marek Jędraszewski. Gli atti vennero trasferiti alla Congregazione delle Cause dei Santi, che il 16 marzo 2018 emise il decreto di convalida.

Il decreto sul martirio e la beatificazioneDal 2018 al 2024 si susseguirono la riunione dei Consultori Storici, il congresso dei Consultori Teologi e infine la Plenaria dei Cardinali e dei Vescovi membri del Dicastero delle Cause dei Santi: tutti espressero pareri positivi, riconoscendo che la morte del Servo di Dio era un martirio in odio alla fede.
Il 24 gennaio 2024, ricevendo in udienza il cardinal Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto sul martirio di don Michał.
La Messa con il Rito della Beatificazione fu celebrata nel Santuario della Divina Misericordia a a Cracovia-Łagiewniki sabato 15 giugno 2024, a conclusione del Congresso Eucaristico Diocesano, presieduta dal cardinal Semeraro come inviato del Santo Padre. La memoria liturgica del nuovo Beato fu fissata al 12 maggio, giorno della sua nascita al Cielo.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2024-06-15

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