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Beato Stefano Douayhy Vescovo

Festa: 3 maggio

Ehden, Libano, 2 agosto 1630 – Kanoubin, Libano, 3 maggio 1704

Estephan Douayhy nacque a Ehden, in Libano, il 2 agosto 1630. Incline agli studi e molto religioso, fu inviato al Collegio Maronita di Roma per prepararsi al sacerdozio. Il 25 marzo 1656, tornato in patria, fu ordinato sacerdote. Svolse l’apostolato in diverse parrocchie del Libano e della Siria, dedicandosi all’assistenza dei poveri e contribuendo al dialogo tra le Chiese Orientali e la Chiesa Cattolica, anche come missionario di Propaganda Fide. L’8 maggio 1668 fu ordinato Vescovo della diocesi Maronita di Cipro. Due anni dopo, il 20 maggio 1670, fu eletto alla sede patriarcale di Antiochia come cinquantasettesimo Patriarca dei Maroniti, confermato da papa Clemente X l’8 agosto 1672. Svolse un’intensa attività intellettuale, pubblicando importanti scritti sulla liturgia e storia maronita, sui misteri della fede cattolica, sermoni e altre opere di carattere filosofico e teologico. Morì a Kanoubin il 3 maggio 1704. Fu beatificato nel Palazzo Patriarcale di Bkerké in Libano il il 2 agosto 2024, sotto il pontificato di papa Francesco.


I primi anni
Estephan Douayhy nacque a Ehden il 2 agosto 1630, nel giorno in cui la Chiesa Maronita commemora la traslazione del protomartire Santo Stefano. I suoi genitori, Mikhail e Maryam, ebbero un altro figlio oltre a lui, Musa. Estephan fu battezzato il 10 agosto 1630 nella chiesa di San Mamante a Ehden.
Perse suo padre quando aveva appena tre anni. Ricevette una prima istruzione nella scuola del villaggio, dove fu inviato dalla madre: imparò le basi delle lingue siriaca e araba e apprese i principi della fede, della morale e della pratica dei rituali di vendita.

Vocazione e studi a Roma
Fin dalla più tenera età, Estephan apparve molto incline agli studi e altrettanto religioso. Per queste ragioni, i Superiori della Chiesa Maronita decisero d’inviarlo a Roma, al Collegio Maronita, perché studiasse in vista del sacerdozio. Prima di partire, in un rito specifico, gli furono tagliati i capelli, come segno della sua totale dedizione a Dio e della rinuncia al mondo.
Quando arrivò a Roma, dunque, Estephan aveva undici anni. Si dedicò allo studio e alla preghiera, primeggiando sui suoi compagni: di lui si diceva che era «come un'aquila che vola sopra tutti gli uccelli» e che «andava tra gli scolari come il sole tra le stelle». Padroneggiava il latino, il greco e l’ebraico ed eccelleva in filosofia, matematica ed eloquenza.

Malattia agli occhi e guarigione
Tuttavia, la fatica e l’intensità dello studio gli causarono la perdita della vista. Per rimanere in pari con gli altri, chiedeva a un compagno di recitargli le lezioni che aveva perso. Ciò nonostante, fu chiaro che il preside del Collegio aveva deciso di rimandarlo in Libano.
A quel punto, Estephan cominciò a pregare intensamente di fronte a un’icona della Vergine Maria, anche la notte, spesso tra le lacrime, e formulò un voto della cui natura non svelò mai nulla, neanche ai suoi cari. Alla fine, riacquistò la vista, anzi, ci vedeva meglio di prima.

Dottorato in Teologia, Ordini minori e ritorno in Libano
All’inizio del 1655 Estephan conseguì il Dottorato in Teologia. I suoi dibattiti filosofici e teologici ebbero vasta eco negli ambienti accademici romani, tanto che uno dei nobili di Roma, insieme ai Gesuiti del Collegio Maronita e ai Padri del Santo Sinodo maronita, insistette affinché rimanesse in Occidente e insegnasse Filosofia e Teologia a livello universitario. Il giovane studente, però, replicò di voler tornare tra la sua gente, per servire la Chiesa libanese con le conoscenze che aveva acquisito.
Non potendo partire immediatamente per il Libano a causa della mancanza di compagni di viaggio, iniziò a esplorare le biblioteche e gli istituti di Roma alla ricerca di notizie sulla storia della Chiesa Maronita e della sua liturgia, trascrivendole per consultarle in seguito. Prima della partenza, ricevette gli Ordini minori, il 3 aprile 1655.

I primi tempi del suo sacerdozio
Il 25 marzo 1656, nel monastero dei Santi Sarkis e Bacco a Ras El-Nahr presso Ehden, Estephan venne ordinato sacerdote. Iniziò a insegnare ai bambini, a servire la parrocchia, a predicare al popolo, a condurre gli Esercizi spirituali e a dedicarsi alla ricerca e alla scrittura. Divenne famoso per l’ampiezza e la profondità della sua conoscenza, l’elevatezza delle sue virtù e la sua santa condotta.
Risiedette nel monastero di San Giacomo l’Etiope a Ehden, da lui stesso fatto restaurare: vi condusse una vita ascetica e di preghiera. Fondò anche una scuola dove insegnava ai bambini il siriaco e l’arabo, ma anche le basi della fede e della morale: su quaranta studenti, dodici divennero sacerdoti.
 
La prima volta ad Aleppo
Nel 1658 Girgis Al-Bisbali, Patriarca di Antiochia dei Maroniti, volle inviarlo ad Aleppo insieme al vescovo siriaco di Aleppo Andrea Akhijian, futuro primo Patriarca dei Siro-Cattolici. Lì padre Estephan predicò ai siriaci che erano in comunione con la Santa Sede, celebrò la Messa nella chiesa maronita di Sant’Elia e vi tenne alcune omelie.

Missionario di Propaganda Fide
All’inizio dell’estate del 1658, rientrato in Libano, padre Estephan venne nominato missionario in Oriente dalla Sacra Congregazione “de Propaganda Fide”: un incarico delicato, che comportava da parte sua inviare alla Santa Sede rapporti esaurienti sulla vita delle comunità cristiane, in cambio di uno stipendio annuo.
Tuttavia, a causa del dominio dei Turchi nel nord del Paese, concentrò la sua attività vicino ad Aintoura, dove insegnava discipline umanistiche, liturgia e lingua siriaca a una quindicina di studenti. Nelle domeniche e nei giorni festivi aiutava nelle parrocchie vicine, soprattutto con la predicazione.
Il suo impegno era tale che quando, nel 1659, la gente di Ehden scrisse al Patriarca perché lui venisse ordinato vescovo, rifiutò: gli sarebbe risultato difficile continuare quell’opera se non fosse stato più un semplice sacerdote.

Visitatore Patriarcale nel sud del Libano
L’anno dopo, nel 1660, il Patriarca Al-Bisbali lo incaricò d’intraprendere un viaggio nelle regioni a sud del Libano, lontane dalla sede patriarcale, i cui residenti erano in maggior parte turchi e drusi. I maroniti risultavano in minoranza ed erano in disaccordo con gli altri cristiani, anch’essi minoritari, su questioni come la comunione con Roma, il digiuno e la Pasqua.
Padre Estephan visitò le parrocchie maronite, cercando di risolvere le controversie e spiegando la dottrina cristiana. Al termine dei tre mesi di quella visita, presentò una dettagliata relazione al Patriarca, il quale gli chiese di restare a Kanoubin, accanto a lui, per gestire una scuola intitolata a San Giacomo l’Abissino.
Nello stesso anno ricevette per lettera un invito da parte del console francese ad Aleppo, François Beckett: voleva che lui si stabilisse in India. Padre Estephan gli spiegò di dipendere da Propaganda Fide e dal Patriarca per partire e che, in ogni caso, ignorava la lingua e i costumi del Paese.

A servizio della comunione
Negli anni seguenti, padre Estephan tornò ad Aleppo per predicare e ricondurre alla verità della fede i cristiani giacobiti, nestoriani e armeni, guidandoli a riconoscere l’autorità del Papa di Roma, il ruolo dello Spirito Santo e la dottrina del Purgatorio. Si meritò quindi l’appellativo di “secondo Crisostomo”.
Quando il Patriarca Akhjian e i suoi seguaci dovettero affrontare prove materiali e morali a causa della loro unione con la Chiesa Cattolica, lui rimase al loro fianco e difese la dottrina delle due nature in Cristo contro coloro che credevano che avesse l’unica natura divina (monofisismo).
I cristiani maroniti di Aleppo erano più di tremila: anche per loro, oltre che per quanti vivevano in città per ragioni commerciali, padre Estephan predicava incoraggiando l’unità con Roma; le sue predicazioni nella chiesa di Sant’Elia lasciarono una profonda impressione.
Fondò anche la Scuola Maronita di Aleppo, dalla quale uscirono sacerdoti e studiosi fondati nella dottrina e pronti a insegnarla ai fedeli. Vi si dedicò fino al 1655, quando chiese di poter tornare in Libano, ma la risposta tardava ad arrivare per le questioni politiche in corso nel Paese: ci riuscì solo tre anni più tardi e dopo aver chiesto aiuto a Propaganda Fide.

Vescovo e cinquantasettesimo Patriarca dei Maroniti
L’8 maggio 1668, poco dopo il ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa, padre Estephan fu ordinato Vescovo della diocesi Maronita di Cipro, nella quale, l’anno dopo, tenne una visita pastorale.
Due anni dopo, il 20 maggio 1670, fu eletto vescovo di Antiochia, quindi cinquantasettesimo Patriarca dei Maroniti, nonostante le sue resistenze e i tentativi di nascondimento; aveva appena quarant’anni. A causa dei conflitti in corso in Libano, la nomina fu confermata da papa Clemente X solo l’8 agosto 1672.

Il suo governo in tempi di persecuzione
Il suo operato a favore dei poveri del Paese, che spesso non potevano pagare le tasse, lo rese oggetto di una vera e propria persecuzione, tanto dal pascià di Tripoli (il Libano era al tempo parte dell’Impero Ottomano), quanto per le tirannie e le estorsioni dei governatori Hamadé, che lo condussero a spostarsi di città in città. Ad esempio, nel 1703 lo sceicco Issa Ibn Ahmed Hamada lo schiaffeggiò perché si era rifiutato di pagare una tassa ingiusta; lui non replicò al male col male, ma denunciò ugualmente l’accaduto.
Pur dovendo spesso fuggire e soggiornare nelle regioni centrali del Libano, riuscì ad amministrare la Chiesa Maronita, promosse riforme e incentivò la de-latinizzazione dei riti e delle cerimonie maronite. Nel 1795, ormai anziano, accolse i tre fondatori dell’Ordine Libanese Maronita, provenienti da Aleppo, e concesse loro di vivere da eremiti nella Qadisha, la “Valle Santa” del Libano.

Le sue opere storiche, teologiche e spirituali
Anche in mezzo alle persecuzioni e ai frequenti viaggi, il vescovo Douahyhy riuscì a concludere numerose opere storiche, teologiche e spirituali. Tra di esse spiccano un dizionario siriaco-arabo e «Manārat al-aqdās» («I Dieci Candelabri»), scritto nel quale evidenzia la manifestazione della Santissima Trinità nella Messa siriaca appoggiandosi all’autorità dei Padri della Chiesa d’Oriente e d’Occidente.
Studiava anche scienze da autodidatta, convinto che non fosse in contrasto con la sua fede. Anzi, stimolava lo studio anche nei giovani sacerdoti: inviava i più promettenti tra di essi al Collegio Libanese di Roma, com’era accaduto a lui stesso.

Segni prodigiosi già in vita
Nel corso del suo episcopato, gli furono attribuiti numerosi segni prodigiosi, principalmente interventi sulla natura: la fine di piogge torrenziali e un devastante incendio, ma anche la mancata caduta di alcuni massi.
Alla sua preghiera venne anche attribuita la guarigione di un bambino malato, che divenne poi sacerdote e a sua volta Patriarca di Antiochia: Philippe Gemayel.

La morte
Il 26 aprile 1704, dopo aver lasciato Keserwan il 19 precedente, il patriarca Douayhy arrivò a Kanoubin; appena giunto, cadde a terra. Al diacono che l’assisteva disse: «È arrivata l’ora della nostra partenza», quindi ringraziò Dio per aver accontentato la sua preghiera di morire proprio in quel luogo. Arrivò apposta da Tripoli un medico esperto, che lo lasciò dopo averlo visitato, per andare a prendere delle medicine, che arrivarono dopo la morte del paziente.
Il 2 maggio ricevette la sua ultima Comunione. Morì all’alba di sabato 3 maggio 1704, ripetendo: «Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nel più alto dei cieli…». Alla sua cerimonia funebre parteciparono molti vescovi, monaci, sacerdoti e fedeli maroniti. Il suo cadavere venne deposto nella grotta di Santa Marina, come aveva desiderato.

La causa di beatificazione e canonizzazione
La Chiesa Maronita ha sempre tenuto in altissima considerazione il patriarca Douayhy, sia per il suo ruolo a favore del sentimento nazionale libanese, sia per la santità della sua vita. Le fasi preliminari della sua causa di beatificazione e canonizzazione sono iniziate negli anni ’80 del 1900 e hanno visto la costituzione dell’Associazione Patriarca Douayhy, per lo studio della sua vita e delle sue opere.
La Santa Sede concesse il nulla osta per l’avvio della causa il 5 dicembre 1996. L’inchiesta eparchiale si svolse nell’eparchia di Antiochia dei Maroniti dal 13 dicembre 2000 al 7 marzo 2002; gli atti dell’inchiesta furono convalidati l’8 novembre 2002.
Presentata la “Positio super virtutibus” nel 2006, si tenne la sessione dei Consultori Storici, il 24 gennaio dello stesso anno. Il 12 febbraio 2008 i Consultori Teologi si pronunciarono a favore dell’esercizio in grado eroico delle virtù cristiane da parte del Servo di Dio. Analogo parere positivo venne dalla Sessione Ordinaria dei cardinali e dei vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, il 17 giugno 2008.
Il 3 luglio 2008, ricevendo in udienza il cardinal José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Benedetto XVI autorizzò la promulgazione del decreto sulle virtù eroiche del patriarca Douayhy.

Il miracolo per la beatificazione
Tra i numerosi asseriti miracoli attribuiti alla sua intercessione fu preso in esame, perché dotato di maggiore documentazione medica, il caso di Rosette Zakhia Karam. Nata nel 1958, sposata e madre di tre figli, nel 2010 aveva iniziato ad avvertire una sintomatologia dolorosa accompagnata da stanchezza e difficoltà nei movimenti. I successivi accertamenti clinici e strumentali rilevarono un’importante poliartralgia con grave limitazione funzionale.
Due anni dopo, visto che le condizioni peggioravano, la donna fu visitata dal Direttore del dipartimento di reumatologia dell’ospedale universitario Hôtel Dieu de France che confermò la diagnosi di “poliartrite sieronegativa” e prescrisse una nuova terapia farmacologica, che Rosette decise di non seguire, perché esausta da tutte quelle inutili visite mediche.
Il 7 settembre 2013, viste le sue condizioni disperate, fu portata a Ehden, dove i suoi parenti avevano una casa. Per iniziativa di una vicina, che fu aiutata da alcuni membri della Fraternità dell’Immacolata Concezione, la malata venne portata davanti alla statua del patriarca Douayhy, non lontana da entrambe le case.
Sempre la vicina invitò Rosette a bere del caffè, nel quale era stata mescolata della terra raccolta ai piedi della stessa statua. In effetti, in Libano si usa raccogliere la terra vicina al sepolcro di alcune figure sante e mescolarla al cibo o alle bevande dei malati, ottenendo in molti casi delle guarigioni. È accaduto così anche in questo caso: la donna avvertì un forte bruciore, si alzò e iniziò a camminare autonomamente verso la statua.
Poco tempo dopo, volle comunicare personalmente la notizia della sua guarigione a sua sorella, camminando per circa un chilometro e mezzo fino a casa sua. Da allora non ebbe più alcun sintomo riconducibile alla patologia pregressa.

Il processo sul miracolo
L’Inchiesta eparchiale sul presunto miracolo fu aperta ad Antiochia dei Maroniti nel 2017 e conclusa il 1° agosto 2019. Il decreto di validità giuridica fu emesso il 4 ottobre 2019.
Dalla riunione della Consulta Medica del Dicastero delle Cause dei Santi, il 30 marzo 2023, emerse che la prognosi era riservata “quoad valetudinem”; la terapia insufficiente ed inefficace; la guarigione istantanea, completa e duratura, non spiegabile scientificamente.
Il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi del medesimo Dicastero, il 19 ottobre 2023, ebbe esito affermativo circa il nesso tra l’invocazione al patriarca Douayhy e l’asserita guarigione. Analogamente si pronunciarono i cardinali e i vescovi del Dicastero, nella loro Sessione Ordinaria del 6 febbraio 2024.

La beatificazione
Il 14 marzo 2024, ricevendo in udienza il cardinal Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto relativo al miracolo, aprendo la via alla beatificazione del patriarca Douayhy.
La Messa con il Rito della Beatificazione venne celebrata il 2 agosto 2024 nel Palazzo Patriarcale di Bkerké in Libano, presieduta dal cardinal Marcello Semeraro come rappresentante del Santo Padre.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2024-08-02

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