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Beata Costanza di Gesù (Maria Genoveffa) Meunier Vergine carmelitana, martire

Festa: 17 luglio

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Saint-Denis, Francia, 28 magio 1765 – Parigi, Francia, 17 luglio 1794

Marie-Geneviève Meunier nacque a Saint-Denis, nel dipartimento francese della Seine, il 28 maggio 1765, in una modesta famiglia di origini contadine. Desiderava consacrarsi a Dio, ma subì pesanti contrasti da parte dei suoi parenti. Di conseguenza, dovette entrare di nascosto da loro nel monastero dell’Annunciazione di Compiègne, delle Carmelitane Scalze, la sera del 29 maggio 1788. Ricevette l’abito religioso il 13 dicembre 1788, diventando suor Costanza. La sua tranquilla vita di novizia corista fu però segnata dai tumulti della rivoluzione francese e dalle disposizioni dell’autorità civile, che arrivarono, il 29 ottobre 1789, a proibire la professione dei voti religiosi. Suor Costanza, che avrebbe dovuto professare il 15 dicembre seguente, scelse di rimanere in monastero anche quando i suoi familiari vennero a riprendersela. Tra il giugno e il settembre 1792, quando la situazione stava precipitando, la priora, madre Teresa di Sant’Agostino, suggerì alle monache di offrire la propria vita per ottenere la pace alla Chiesa e allo Stato francesi. Il 12 settembre 1792 la comunità fu obbligata a lasciare il monastero, ma la priora sistemò le consorelle e le due laiche torriere in quattro appartamenti, dove mantennero, per quanto possibile, un ritmo di preghiera e di attività simile a quello precedente. A giugno le loro abitazioni furono perquisite: tutte furono condotte all’ex monastero della Visitazione, da cui, il 12 luglio 1794, furono trasferite al carcere della Conciergerie di Parigi, dove continuarono a pregare come al Carmelo. Il 17 luglio furono sottoposte a un processo che di fatto le aveva già condannate a morte tramite ghigliottina: si avviarono al patibolo cantando. Suor Costanza fu la prima a morire, sigillando con il martirio i voti che non aveva potuto professare in vita; aveva ventinove anni e un mese. Lei e le sue compagne furono beatificate il 13 maggio 1906, sotto il pontificato di san Pio X. Il 1° febbraio 2022 la Congregazione delle Cause dei Santi ha reso nota la volontà di papa Francesco di procedere alla loro canonizzazione equipollente. I loro resti mortali sono venerati nel cimitero di Picpus a Parigi, sepolti in una fossa comune.

Martirologio Romano: A Parigi in Francia, beate Teresa di Sant’Agostino (Marta Maddalena Claudina) Lidoine e quindici compagne, vergini del Carmelo di Compiègne e martiri, che durante la rivoluzione francese furono condannate a morte per avere fedelmente osservato la disciplina monastica e, giunte sul patibolo, rinnovarono le promesse di fede battesimale e i voti religiosi. [I loro nomi sono: beate Marianna Francesca di San Ludovico Brideau, Marianna di Gesù Crocifisso Piedcourt, Carlotta della Resurrezione (Anna Maria Maddalena) Thouret, Eufrasia dell’Immacolata Concezione (Maria Claudia Cipriana) Brard, Enrica di Gesù (Maria Gabriella) de Croissy, Teresa del Cuore di Maria (Marianna) Hanisset, Teresa di Sant’Ignazio (Maria Gabriella) Trézelle, Giulia Luisa di Gesù (Rosa) Chrétien de Neufville, Maria Enrica della Provvidenza (Anna) Pelras, Costanza (Maria Genoveffa) Meunier, Maria dello Spirito Santo (Angelica) Roussel, Maria di Santa Marta Dufour, Elisabetta Giulia di San Francesco Vérolot, Caterina e Teresa Soiron.]


Una vocazione contrastata
Marie-Geneviève Meunier nacque a Saint-Denis, nel dipartimento francese della Seine, il 28 maggio 1765, in una modesta famiglia di origini contadine.
Desiderava consacrarsi a Dio, ma subì pesanti contrasti da parte dei suoi parenti. L’unico modo che le restava per essere ammessa nel monastero dell’Annunciazione di Compiègne, delle Carmelitane Scalze, era scappare di casa: lo fece la sera del 29 maggio 1788.
Con l’aiuto di una torriera, ossia di una laica addetta alle comunicazioni tra il monastero e il mondo esterno, entrò fisicamente nel Carmelo: fu la torriera stessa a rivestirla dell’abito delle postulanti e a condurla all’ingresso del monastero. Lì venne accolta da madre Enrica di Gesù, la priora.
Ammessa come novizia corista, suor Costanza, come si chiamò dopo che, il 13 dicembre 1788, aveva ricevuto l’abito religioso, apparve salda nella vocazione.

Durante la rivoluzione francese
La sua vita in convento trascorse tranquilla finché, il 26 agosto 1789, fu promulgata dall’Assemblea Nazionale Costituente, che aveva preso il potere in Francia, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Alcuni mesi dopo, il 29 ottobre, giunse la proibizione di emettere voti religiosi, considerata lesiva della libertà individuale, e contemporaneamente la soppressione degli Ordini religiosi, partendo da quelli contemplativi.
La priora del Carmelo di Compiègne, madre Teresa di Sant’Agostino, obbedì, sperando che l’intera comunità non venisse esposta a ripercussioni. In una lettera datata 15 dicembre, giorno in cui suor Costanza avrebbe dovuto emettere i voti, scrisse con rammarico: «Pregate assai per la vostra giovane compagna Costanza. Oggi avrei dovuto avere la consolazione di ricevere i suoi voti se non vi si fosse opposto il decreto, che mi è stato legalmente notificato da tre settimane. Questa povera figlia è molto addolorata».
Quasi contemporaneamente, le priore di tre monasteri carmelitani francesi inviarono all’Assemblea Nazionale un messaggio o “indirizzo”: «Alla base dei nostri voti c’è la libertà più grande: nelle nostre case regna la più perfetta uguaglianza; noi confessiamo davanti a Dio che siamo davvero felici».

La scelta di restare
Impedita di professare i voti, suor Costanza non aveva più nessun obbligo di restare in monastero. Tuttavia, continuò a vivere la sua vocazione come se nulla fosse accaduto. I familiari, che del resto si erano opposti sin dall’inizio, non capivano perché lei fosse così ostinata; inoltre avevano il presentimento che la situazione si sarebbe aggravata e che lei stessa sarebbe finita in pericolo.
Suo fratello, dunque, si diresse al Carmelo, intenzionato a riprendersela, in un modo o nell’altro, anche ricorrendo alla forza pubblica, se fosse stato necessario. Invece, suor Costanza confermò la propria decisione:
«Signori, sono entrata qui con il consenso dei miei genitori. Se vogliono farmene uscire solo perché il loro affetto si allarma per i pericoli che posso correre, li ringrazio, ma niente se non la morte potrà separarmi dalla compagnia delle mie madri e sorelle […] E tu, fratello mio, che ho ancora il piacere di vedere, forse per l’ultima volta, di’ pure ai nostri cari che il mio rifiuto d’aderire ai loro desideri non è dovuto a indifferenza e che il mio cuore sanguina nel doverli rattristare, ma debbo seguire quanto mi detta la coscienza. Pregali, supplicali di non preoccuparsi per me, perché non può succedermi altro se non quello che piacerà a Dio e io sono perfettamente tranquilla».
Dato che nemmeno il ricorso all’autorità civile servì a smuoverla, suor Costanza fu ripudiata dalla sua famiglia, che da allora non volle avere più contatti con lei. Pur in quella difficile situazione familiare, la novizia restava serena, a giudicare da un’altra lettera della priora: «Lei si considera molto felice di restare ancora qui tranquilla, nella speranza che il Buon Dio alla fine toccherà anche i cuori dei suoi parenti».

L’arrivo dei persecutori
La risposta alla lettera delle tre priore si verificò con l’invio di ufficiali municipali nei vari monasteri, per offrire, secondo il loro punto di vista, la libertà alle monache. A Compiègne, al tempo, la comunità era composta da quindici suore professe (dodici coriste e tre converse), più suor Costanza e due laiche torriere.
Gli ufficiali infransero la clausura, installandosi nella sala capitolare. Misero guardie ai due ingressi della sala, ma anche nei chiostri e vicino agli ingressi di ogni cella, per evitare che le monache comunicassero tra loro e, specialmente, non parlassero con la priora. Il 5 agosto 1790 le religiose furono convocate singolarmente, mentre un segretario annotava le loro risposte.
    
L’atto di offerta di tutta la comunità
Intanto la rivoluzione continuava, assumendo anche i toni di una persecuzione contro la Chiesa di Francia, allo scopo di separarla da Roma. Ad esempio fu varata la Costituzione Civile del Clero, a cui i sacerdoti erano obbligati a sottomettersi, pena la morte. Molti, però, preferirono entrare in clandestinità, per continuare a essere in comunione col Papa.
Anche le carmelitane di Compiègne fecero la loro parte. Nella Pasqua del 1792, madre Teresa propose alle consorelle che quante tra loro lo desiderassero si offrissero con lei «in olocausto, per placare la collera di Dio, e in modo che questa divina pace che il suo Figlio divino è venuto a portare nel mondo sia restituita alla Chiesa e allo Stato».
Quasi tutte le sorelle professe si unirono all’offerta, tranne le due più anziane, suor di Gesù Crocifisso e suor Carlotta della Risurrezione, che provavano ripugnanza al pensiero di morire sotto la lama insanguinata della ghigliottina; la sera stessa, però, aderirono anche loro. Da quel momento tutte le monache, ogni giorno, durante la celebrazione della Messa, rinnovavano la loro offerta.

L’esproprio del convento
Nei primi giorni di settembre del 1792, a Parigi, nell’ex convento dei Carmelitani adibito a prigione, vennero uccisi duecentocinquanta sacerdoti, su un totale di milleseicento vittime. A quel punto, alcuni parenti delle monache si rivolsero a madre Teresa perché le facesse tornare a casa. Quasi tutte decisero di rimanere al proprio posto.
Alcuni giorni dopo, il 12 settembre 1792, le carmelitane ricevettero l’ordine di lasciare il monastero, senza indugio. Madre Teresa, però, aveva affittato delle stanze in quattro case vicine, nella parrocchia di Sant’Antonio: lì si trasferì con le religiose, tutte vestite in abiti secolari.
Nel luogo dove abitavano lei e quattro consorelle più anziane veniva preparato il cibo, che due suore distribuivano alle altre. Facevano anche da intermediarie tra la superiora e le sottoposte: in questo modo, rimanevano unite nello spirito e nell’osservanza della Regola.
Le monache si mantenevano grazie a piccoli lavori che varie signore della città procuravano loro. In più, ricamavano scapolari e dipingevano immagini del Sacro Cuore.
Dopo la caduta della monarchia, madre Teresa e le sue figlie prestarono il giuramento di Libertà-Uguaglianza. La priora si fece anche rilasciare un certificato di civismo e pagò le tasse che lo Stato esigeva. In generale, cercava di obbedire a quelle leggi che non offendessero la religione.

La perquisizione e l’arresto
I tentativi di passare inosservate risultarono però vani: i Giacobini parigini denunciarono le monache al Comitato di Salute Pubblica, in base alla “Legge dei sospetti”, per la quale bastava il solo sospetto per condurre alla pena capitale.
Il 21 giugno 1794 fu effettuata una perquisizione nelle case delle monache, dove furono trovati oggetti che, per i rivoluzionari, erano “un segno di legame con i cospiratori”: si trattava di una reliquia di santa Teresa d’Avila; delle lettere in cui si parlava di preti, di novene, di direzione spirituale; delle immagini e un cantico al Sacro Cuore di Gesù.
Tre giorni dopo, le carmelitane furono rinchiuse in quello che era stato il monastero della Visitazione. Poterono quindi riprendere la vita comunitaria in un contesto più raccolto. Al momento dell’arresto, tre monache erano assenti: suor Enrichetta Emanuela Stanislao della Provvidenza, suor Teresa di Gesù e suor Maria dell’Incarnazione.

Il trasferimento a Parigi
Il 12 luglio 1794, verso l’ora di pranzo, le Carmelitane seppero di dover essere trasferite a Parigi, verso le due di pomeriggio. Riuscirono ad abbracciarsi un’ultima volta, incoraggiandosi vicendevolmente al martirio. Quindi si lasciarono legare le mani dietro la schiena e salirono su due carri, scortati da soldati e gendarmi, mentre venivano insultate dalla folla.
Giunsero alla prigione della Conciergerie di Parigi verso le 15 del 13 luglio, nuovamente accerchiate dalla folla. Anche alla Conciergerie le Carmelitane vissero seguendo la Regola e le preghiere quotidiane, sempre per quanto era possibile, perfino durante la notte.

La condanna a morte
Il 17 luglio, le sedici Carmelitane (anche se è improprio definirle così, dato che le due torriere, le sorelle Soiron, erano laiche) comparvero davanti al tribunale: verso le sei di sera, furono condannate alla pena di morte per decapitazione, da effettuare entro ventiquattro ore.
Salirono sulle carrette, schiacciate dagli altri condannati, che in tutto, quel giorno, furono quaranta. Subito iniziarono a cantare il Salmo 50, il Miserere, seguito dal Salve Regina. Contrariamente al solito, la folla seguì il corteo in silenzio.
Continuarono a cantare anche quando si avvicinarono alla piazza della Nazione, dov’era stata eretta la ghigliottina, elevando il Te Deum. Mentre scendevano dai loro mezzi, verso le cinque del pomeriggio, la folla, ancora in silenzio, le udì intonare il Veni Creator Spiritus.

Il martirio
Madre Teresa chiese e ottenne di morire per ultima, mentre la prima fu suor Costanza, che s’inginocchiò davanti a lei per chiederle l’ubbidienza, ossia il permesso, di andare alla morte. Aveva ventinove anni e un mese; col martirio sigillò i voti che non aveva potuto professare in vita.
Nelle mani della priora, le monache rinnovarono i voti, quindi baciarono, come anche fece la novizia, una statuetta della Vergine, che lei teneva in mano. A una a una, salendo i gradini del patibolo, completarono il canto del Laudate Dominum, iniziato da suor Costanza.
Il suo corpo e quelli delle altre vennero gettati in una fossa comune, scavata in una cava di sabbia a circa un chilometro di distanza, sede del futuro cimitero parigino di Picpus.

La causa di beatificazione
Fu immediatamente chiaro che le Carmelitane di Compiègne erano state perseguitate e uccise a causa dell’odio verso la fede e verso tutto ciò che la rappresentava, in un contesto storico permeato da ideologie apertamente anticristiane.
Oltre un secolo dopo l’accaduto, il 19 marzo 1896, il cardinal François-Marie-Benjamin Richard, arcivescovo di Parigi, diocesi nella quale era avvenuta la morte delle monache e delle laiche loro compagne, istituì il Tribunale ecclesiastico per raccogliere ed esaminare il materiale a disposizione.
Il 16 dicembre 1902, con la firma di papa Leone XIII sul decreto per l’introduzione della causa, ebbe inizio la fase romana; secondo la legislazione del tempo, le candidate agli altari furono dichiarate Venerabili. Il processo apostolico si svolse quindi dal 22 giugno 1903 al 27 gennaio 1904. Nel frattempo, si era diffusa anche una certa fama di segni a loro riguardo.

La beatificazione
Ottenuto parere favorevole dalla Sacra Congregazione dei Riti, l’organismo al tempo responsabile delle cause di beatificazione e canonizzazione, il Papa san Pio X, il 24 giugno 1905, riconobbe ufficialmente che le Carmelitane di Compiègne erano da considerare martiri, promulgando il decreto sul martirio.
La decisione pontificia fu ratificata il 14 novembre 1905, col decreto con cui la Sacra Congregazione dei Riti deliberò che si procedesse alla beatificazione. L’ultima parola del Santo Padre si ebbe il 4 dicembre 1905.
Domenica 27 maggio 1906 si svolse la solenne beatificazione nella basilica di San Pietro a Roma, presieduta dal cardinal Mariano Rampolla del Tindaro, arciprete della Basilica Vaticana. La memoria liturgica delle sedici martiri venne fissata al 17 luglio, giorno della loro nascita al Cielo.

La fortuna letteraria
Nel 1931 Gertrud von Le Fort ricavò dal racconto storico della vita e del martirio delle carmelitane di Compiègne, prendendo però alcune libertà, il romanzo «L’ultima al patibolo», la cui prima traduzione italiana uscì nel 1939.
Padre Raymond-Léopold Bruckberger, religioso domenicano, leggendolo, ebbe l’ispirazione di trarne un film. Nel 1937 affidò la redazione dei dialoghi allo scrittore Georges Bernanos, il quale iniziò il lavoro dieci anni dopo, ma non poté terminarlo perché morì il 5 luglio 1948.
L’opera fu pubblicata postuma nel 1949, col titolo «I dialoghi delle Carmelitane». Venne immediatamente adattata per il teatro da Albert Beguin, con un notevole successo. Francis Poulenc la rese un’opera lirica, la cui prima rappresentazione avvenne nel gennaio 1957 al teatro La Scala di Milano.
Il film desiderato da padre Bruckberger, diretto da lui stesso e da Philippe Agostini, uscì invece nel 1959, sempre intitolato «I dialoghi delle Carmelitane», coproduzione italo-francese.

L’esempio per altre Sante
Le Carmelitane di Compiègne furono soprattutto un esempio per molte altre credenti che s’ispirarono alle loro scelte, anche se non ebbero la stessa sorte di martiri, e come loro vennero poi proposte ufficialmente come modelli.
Ad esempio, Julie Billart (canonizzata nel 1969), da giovane visitava spesso il monastero di Compiègne e, conversando con le suore, alimentò il proprio desiderio di preghiera e sacrificio. Diventata fondatrice della Congregazione di Nostra Signora di Namur, propose le martiri come esempi di fedeltà e di fortezza in tempi di persecuzione.
Madeleine-Sophie Barat, fondatrice della Società del Sacro Cuore di Gesù (canonizzata nel 1925), era nata quattro anni dopo la loro esecuzione. La sua considerazione del loro esempio fu alimentata da padre de Lamarche, direttore spirituale suo e della già citata Julie Billart, il quale, durante il Terrore, era stato cappellano delle monache a rischio della propria vita.

Le Carmelitane di Compiègne e santa Teresa di Gesù Bambino
Nell’ambito dello stesso Ordine delle Carmelitane Scalze, infine, le sedici di Compiègne ebbero un grande influsso su Thérèse Martin, in religione suor Teresa di Gesù Bambino, appellativo cui aggiunse poi “del Volto Santo” (canonizzata nel 1925, dichiarata Dottore della Chiesa nel 1997).
Era molto devota a loro, come dimostra il fatto che custodiva alcune loro immagini nei suoi libri di preghiere. In occasione del primo anniversario del loro martirio, il 17 luglio 1894, realizzò, con altre consorelle del Carmelo di Lisieux, gli stendardi per la cappella di Compiègne, con cui il loro monastero era in stretto contatto.
Infine, nel settembre 1896, un anno prima di morire, fu entusiasta per aver ascoltato una conferenza su di loro. La tenne, presso il Carmelo di Lisieux, monsignor Roger de Teil, al tempo vicepostulatore della loro causa e, in un secondo momento, incaricato della causa della stessa suor Teresa.

Verso la canonizzazione equipollente
Vista la perdurante fama di santità delle Carmelitane di Compiègne, consolidata anche grazie alle opere letterarie e artistiche sopra menzionate, la Conferenza Episcopale Francese, coadiuvata dall’Ordine dei Carmelitani Scalzi, ha sottoposto alla Sede Apostolica la richiesta ufficiale circa la loro canonizzazione.
Il 1° febbraio 2022, la Congregazione delle Cause dei Santi ha reso nota la volontà di papa Francesco di procedere in tal senso, seguendo quindi la via della canonizzazione equipollente.


Autore:
Emilia Flocchini


Note:
Per approfondire: Gabriele Della Balda "Le Carmelitane di Compiègne. Dalla ghigliottina al Cielo" Ed. OCD

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Aggiunto/modificato il 2024-05-18

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