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† Damasco, Siria, 10 luglio 1860
A metà del 1800, nella comunità cristiana maronita di Damasco, tre fratelli godevano di vasta stima: erano Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki. Il secondo, padre di cinque figli, insegnava nella scuola annessa alla parrocchia latina di San Paolo. Con i frati del vicino convento tutti e tre, benché non cristiani latini, andavano d’accordo e collaboravano volentieri. Il 9 luglio 1860 si verificarono violenti scontri tra i musulmani drusi e i cristiani maroniti. I fratelli Massabki e altri fedeli si rifugiarono nel convento dei Frati Minori, confidando nella solidità delle mura; tuttavia, gli aggressori riuscirono a penetrare tramite una porta secondaria. Frati e laici corsero in chiesa per adorare il Santissimo Sacramento e consumare le sacre specie, quindi vennero assaliti durante la notte tra il 9 e il 10 luglio. Morirono tutti e otto i frati, a cominciare dal superiore, padre Emanuele Ruiz. Quanto ai tre fratelli, il primo ucciso fu Francesco, che si era inginocchiato davanti all’altare della Madonna Addolorata. Abdel Mooti corse da lui, ma venne fermato da alcuni uomini armati: anche lui venne assassinato dopo che ebbe dichiarato di essere cristiano. L’ultimo fu Raffaele, il cui corpo venne calpestato. La causa di beatificazione fu introdotta solo per gli otto frati; i nomi dei fratelli Massabki furono rinvenuti in seguito. A beatificazione già annunciata per i frati, papa Pio XI, stimolato dall’episcopato maronita, dispose un processo sommario, le cui conclusioni portarono alla beatificazione di tutti e undici i martiri di Damasco, celebrata il 10 ottobre 1926. Il 20 ottobre 2024 papa Francesco canonizzò i tre fratelli e i nove frati in piazza San Pietro a Roma. I resti mortali dei Martiri di Damasco sono venerati nella chiesa della Conversione di San Paolo a Bab Touma, quartiere di Damasco. Il Martirologio Romano li commemora il 10 luglio, giorno della loro nascita al Cielo, ma nel Calendario dell’Ordine dei Frati Minori la loro memoria ricorre il 13 luglio; sono festeggiati anche la domenica più vicina al 12 luglio, in maniera solenne, a Damasco.
Emblema: Palma, scimitarra
Martirologio Romano: A Damasco in Siria, passione dei beati martiri Emanuele Ruíz, sacerdote, e compagni, sette dell’Ordine dei Frati Minori e tre fratelli fedeli della Chiesa Maronita, che, con l’inganno consegnati ai nemici da un traditore, furono sottoposti per la fede a varie torture e conclusero il loro martirio con una morte gloriosa.
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Tre fratelli stimati da tanti A metà del 1800, nella comunità cristiana maronita di Damasco, tre fratelli godevano di vasta stima: erano Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki. La loro famiglia aveva un’origine molto antica: nel XIV secolo, un loro antenato era già residente in città. Anche se appartenevano a una tradizione religiosa diversa da quella dei frati, i quali invece erano cristiani latini, i tre fratelli collaboravano volentieri con loro ed erano apprezzati per la generosità con cui si prestavano all’insegnamento e ad altri servizi.
Insegnante volontario e cristiano costante Abdel Mooti (che significa “servo del Donatore”) era sposato e padre di cinque figli: Nehmeh, Youssef, Maryam, Wardeh e Hanneh; quest’ultima entrò poi tra le Suore della Carità, diventando suor Ifazia. Con loro e con la moglie, viveva a casa di Francesco, il fratello maggiore. Anche lui aveva tentato di guadagnarsi da vivere col commercio, ma, a differenza di Francesco, che l’aveva aiutato a mettersi in proprio ed era dotato di un maggior senso degli affari, era troppo generoso, quindi fallì. Da allora iniziò a insegnare nella scuola conventuale dei Frati Minori, insistendo con i suoi allievi sul fatto che dovevano amare Dio ed evitare il peccato, ma anche essere pronti a versare il sangue per Cristo, se necessario. Ogni mattina assisteva alla Messa con una delle figlie, persino sotto la neve o in condizioni meteorologiche avverse, restando in ginocchio per tutta la celebrazione. Si accostava alla Comunione ogni otto giorni e nelle solennità. Nel Triduo Pasquale, invece, trascorreva in ginocchio la notte tra il Giovedì e il Venerdì Santo, quindi trascorreva il giorno seguente nel convento dei frati; assisteva infine alla Messa di Pasqua nella chiesa maronita, dove riceveva la Comunione.
L’inizio dei massacri a Damasco La loro vita piuttosto tranquilla fu sconvolta dalla sommossa di popolo che si era scatenata a Damasco, a partire dal 9 luglio, a causa dello scontro, fomentato da interferenze straniere, tra i musulmani drusi e i cristiani maroniti. Ahmed Pascià, governatore di Damasco, non fece nulla per impedire i massacri che colpirono l’una e l’altra parte. Intorno alle otto di sera, un incendio si scatenò nel quartiere cristiano ortodosso di Damasco, presto ridotto a un cumulo di macerie fumanti. In quel momento, i fratelli erano ciascuno a casa propria: temendo il pericolo, lasciarono le rispettive mogli e i figli e corsero al convento di San Paolo. Lo stesso 9 luglio Abdel Mooti, congedandosi dai suoi alunni, li aveva esortati a non temere il martirio e a considerarlo, invece, una grazia divina.
L’accoglienza nel convento Il superiore dei Frati Minori, padre Emanuele Ruiz, aveva deciso di non rifugiarsi con i confratelli nel palazzo dell’emiro, perché le porte erano protette da lamine di ferro, mentre le mura del convento apparivano molto solide. Alle undici di sera, padre Emanuele sprangò e barricò le porte, invitando i rifugiati ad andare in chiesa. Quindi espose il Santissimo Sacramento e invitò all’adorazione i presenti, compresi i fratelli Massabki, i bambini della scuola parrocchiale e altri fedeli. Poco dopo, i religiosi sacerdoti s’impartirono l’assoluzione a vicenda e confessarono i fedeli, quindi distribuirono la Comunione e attesero lo sviluppo degli eventi. Tuttavia, dietro il convento, c’era una porticina secondaria, che nessuno aveva pensato di sprangare. Fu da quell’accesso che la folla inferocita irruppe nel convento, dopo la mezzanotte del 10 luglio.
Il martirio dei religiosi e dei tre fratelli Il primo a morire fu proprio padre Emanuele, dichiarando di essere cristiano e di voler morire da cristiano: fu decapitato dopo che, spontaneamente, aveva posato la testa sulla mensa dell’altare. Altri sette frati perirono nella stessa occasione, raggiunti dagli aggressori e dopo aver dichiarato di essere disposti a morire perché cristiani. Quanto ai tre fratelli, il primo ucciso fu Francesco, che si era inginocchiato davanti all’altare della Madonna Addolorata. L’ultimo fu Raffaele, il cui corpo venne calpestato. Abdel Mooti, invece, si trovava sulla terrazza della chiesa quando il convento cadde nelle mani dei persecutori. Si precipitò in chiesa per raggiungere Francesco, ma appena giunse presso la porta fu catturato e gli fu ordinato di rinunciare alla fede per aderire all’Islam. Lui dichiarò: «Sono un cristiano, uccidetemi, sono pronto». Il suo corpo mutilato fu lasciato presso la porta della chiesa. Uno dei suoi figli, Giuseppe, fu messo in salvo da padre Pietro Nolasco Soler Méndez, insieme a un compagno: i due ragazzi poterono quindi essere testimoni oculari del martirio di quel frate. Un altro figlio, Naame, osservò invece l’uccisione di padre Carmelo Bolta Bañuls.
L’esito della sommossa La sommossa durò dal 9 al 18 luglio, allargandosi alla valle della Békaa: si contarono le uccisioni di circa ventimila cristiani, mentre nella sola Damasco perirono tra i quattromila e i seimila cristiani. Andarono distrutte almeno undici chiese e tre conventi nella città e vennero rase al suolo tra le millecinquecento e le duemila case, insieme a circa duecento attività commerciali. Grazie all’aiuto di alcuni musulmani, tra i quali l’emiro Abd-el-Kader, molti cristiani poterono raggiungere zone più sicure del Libano, dalle quali perpetuarono il ricordo di coloro che consideravano martiri. Appena tornò la calma, nel 1861, i corpi dei religiosi e dei tre fratelli, già nascosti in un sotterraneo del convento, vennero collocati in due casse e sepolti in una medesima tomba, aperta nel pavimento della chiesa di San Francesco a Damasco. Inizialmente esclusi dalla causa Il 17 dicembre 1885 fu iniziato il processo per la beatificazione di padre Manuel Ruiz e compagni. Nella primavera del 1926, anno in cui cadeva il settimo centenario della morte di san Francesco d’Assisi, la data della beatificazione venne fissata al 10 ottobre. A quel punto, il Patriarca della Chiesa Maronita (che è in comunione con Roma) Elias Boutros Hoyek (Venerabile dal 2019) e l’intero episcopato maronita presentarono a papa Pio XI una urgente istanza affinché i tre fratelli Massabki, dei quali erano stati rinvenuti i nomi, fossero accomunati nella gloria ai francescani, come lo furono nella vita e nel sacrificio supremo.
La beatificazione Papa Pio XI, con un gesto rimasto unico nella storia della Congregazione dei Riti (l’organismo vaticano competente all’epoca per le cause di beatificazione e canonizzazione), riconoscendo legittima la richiesta, dispose un processo sulla vita e sulla morte di Francesco, Abdel Mooti e Raffaele, incaricando per questo monsignor Carlo Salotti, promotore della fede, e padre Antonio Maria Santarelli, postulatore generale dell’Ordine dei Frati Minori. Questi ultimi si recarono a Beirut e Damasco per le indagini: interpellarono tredici testimoni (nove presentati dall’episcopato maronita e quattro “ex officio”), compreso il parroco maronita, Moussa Karam, sfuggito alla strage. Raccolsero inoltre prove documentarie, stampate e manoscritte, per sostenere le testimonianze. Il 7 ottobre 1926 il Santo Padre, viste le prove raccolte, firmò il decreto “de tuto” per la beatificazione dei tre fratelli insieme a quella degli otto frati: fu celebrata il 10 ottobre seguente.
La canonizzazione Il 18 dicembre 2022 il cardinal Béchara Boutros Raï, Patriarca dei Maroniti, annunciò che per i tre fratelli era in vista la canonizzazione senza la conferma formale di un miracolo. Tale supplica era stata presentata dal Santo Sinodo dei Vescovi Maroniti, nel 2022, a papa Francesco; alla richiesta si erano associati anche i Superiori Maggiori dell’Ordine dei Frati Minori, il Ministro generale e il Custode di Terra Santa, chiedendo la Canonizzazione per l’intero gruppo degli undici Martiri di Damasco. Le motivazioni erano duplici: per i tre fratelli, offrire, mediante la canonizzazione, un messaggio di dialogo, di pace e di unità nel contesto medio-orientale; per i frati, l’imminenza dell’ottavo centenario della morte di san Francesco d’Assisi, che ricorreva nel 2026. Il 23 marzo 2023, papa Francesco autorizzò l’iter speciale per la redazione e lo studio della “Positio super Canonizatione” e, il 23 maggio 2024, approvò i voti favorevoli della Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi del Dicastero delle Cause dei Santi per la canonizzazione degli undici Martiri di Damasco. Lo stesso Pontefice li canonizzò a Roma, in piazza San Pietro, domenica 20 ottobre 2024.
La memoria e il culto Il Martirologio Romano commemora insieme gli undici martiri al 10 luglio, ma nel Calendario dell’Ordine dei Frati Minori sono ricordati il 13 luglio. A Damasco, invece, sono festeggiati sia nell’anniversario del martirio, sia, in modo solenne, la domenica successiva al 12 luglio. I loro resti mortali sono venerati nella chiesa della Conversione di San Paolo a Damasco. L’iconografia raffigura solitamente i fratelli Massabki insieme, inginocchiati davanti all’altare con l’immagine dell’Addolorata, talvolta con la scimitarra, oggetto del loro martirio. L’8 gennaio 2015 venne inaugurata una chiesa intitolata a loro nel quartiere di Kachkoul, alla periferia est di Damasco.
Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini
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