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San Bernardo Vu Van Due Sacerdote e martire

Festa: 1 agosto

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Quần Anh, Vietnam, 1755 - Nam Định, Vietnam, 1° agosto 1838

Bernardo Vũ Văn Duệ nacque nel 1755, nel villaggio di Quần Anh in Vietnam, da genitori cristiani. Ordinato sacerdote, prestò servizio pastorale fino al 1832, quando, anziano e malato, si ritirò nella residenza della missione di Trung Le. Quando l’imperatore Minh Mạng proibì la pratica del cristianesimo a livello nazionale, auspicò di poter accompagnare nel martirio il vescovo che l’aveva ordinato, monsignor Clemente Ignazio Delgado Cebrián, vicario apostolico ausiliare del Tonchino Orientale, ma non poté farlo, perché troppo malato. Trascorse i giorni seguenti sperando che i soldati venissero ad arrestarlo, opponendosi anche ai tentativi che gli abitanti del villaggio di Trung Le, dove si trovava, avevano messo in atto per proteggerlo. Alla fine fu arrestato e obbligato a calpestare il crocifisso e le immagini sacre per avere salva la vita, ma si rifiutò. Fu condannato a morte il 21 luglio 1838 insieme a padre Domenico Nguyễn Văn Hạnh, dell’Ordine dei Predicatori, e con lui decapitato a Nam Định il 1° agosto 1838; aveva ottantatre anni. Padre Domenico e don Bernardo vennero beatificati il 27 maggio 1900 da papa Leone XIII e canonizzati da san Giovanni Paolo II il 19 giugno 1988.

Martirologio Romano: Nella città di Nam Định nel Tonchino, ora Viet Nam, santi Domenico Nguyễn Văn Hạnh (Diêu), dell’Ordine dei Predicatori, e Bernardo Vũ Văn Duệ, sacerdoti e martiri, decapitati per Cristo sotto l’imperatore Minh Mạng.


Un sacerdote anziano a servizio del suo popolo
Bernardo Vũ Văn Duệ nacque nel 1755, nel villaggio di Quần Anh in Vietnam, da genitori cristiani. Fu accolto nella canonica della parrocchia del villaggio, chiamata “Casa di Dio”. Molto diligente nei suoi compiti, studiò la letteratura sino-annamita e, in seguito, teologia.
Fu ordinato sacerdote da monsignor Clemente Ignazio Delgado Cebrián, vicario apostolico ausiliare del Tonchino Orientale. Per molti anni prestò il suo servizio pastorale, fino al 1832, quando, ormai settantasettenne, era così debole e malato che dovette ritirarsi nella residenza della missione di Trung Le.
Si racconta che stesse seduto o sdraiato, giorno e notte, su di una sorta di piattaforma esposta alle zanzare e ad altri insetti. Quando gli fu chiesto di prendere un letto, o almeno di proteggersi con una zanzariera, rispose: «Finora la mia vita è stata molto comoda; devo soffrire almeno questo». Passava il tempo nella preghiera e nella lettura del Vangelo.

Il desiderio del martirio
Quando l’imperatore Minh Mạng proibì la pratica del cristianesimo a livello nazionale, monsignor Delgado si nascose per qualche tempo a Trung Le. Un giorno fece visita a don Bernardo e gli chiese se intendesse andare a Nam Định per essere martirizzato. In tono serio e con prontezza, l’altro rispose: «Prego Vostra Eccellenza di permettere a suo figlio di accompagnarla il giorno in cui sarà fatta prigioniera».
Quando seppe che il vescovo era stato fatto prigioniero, pianse, perché le sue malattie gli avevano impedito di andare con lui. Pregò con insistenza di essere portato da lui, ma gli venne negato.
Gli abitanti del villaggio, temendo le conseguenze che derivavano dall’aver ospitato un sacerdote, portarono don Bernardo in una capanna in campagna, abitata da un lebbroso: se i soldati fossero arrivati a perquisire l’abitazione, avrebbero affermato che si trattava del padre o del nonno di qualcuno.
Gli ordinarono di rimanere in silenzio e di lasciarli parlare, ma lui si oppose: «Non farò una cosa del genere. In tutta la mia vita non sono mai stato il padre di un bambino. Sono un prete. Ho ricevuto l’Ordine Sacro. Se il mandarino mi chiede chi sono, lo dirò». Spesso gridava: «Cercano preti! Sono un prete! Lascia che vengano a prendermi!».

L’arresto
Un giorno, questo fatto si verificò. Appena vide i soldati, esclamò: «Eccomi, se cercate un prete, prendetemi». Non se lo fecero ripetere due volte: lo arrestarono e lo condussero a Trinh Quang Khanh, che non era lontano.
Conoscendo la sua età e il suo compito, il mandarino disse: «Sei molto vecchio: metteremo le immagini a terra, le calpesterai e io ti libererò». Immediatamente, don Giacomo replicò che non poteva obbedirgli; per il momento, non fu più tormentato.
Il giorno seguente fu condotto a Nam Định e, poco dopo portato dal mandarino, che gli offrì la libertà a condizione che lui passasse oltre la croce che era stata posta, a terra, alle porte della città. Don Giacomo rifiutò queste proposte con indignazione. Il mandarino, furibondo, lo fece mettere nella canga (uno strumento di tortura simile a un giogo) nonostante l’età avanzata e le malattie; ordinò anche che gli venissero messe le catene ai piedi.

«Non mi interessa più nulla, tranne l’eternità»
Nei due mesi seguenti, in pubblico e in privato, si cercò di convincere l’anziano sacerdote a rinunciare alla fede, ma senza esito. Seduto o sdraiato su un tappetino in un luogo umido e sporco, in un caldo soffocante, passava il tempo in preghiera, desiderando il momento in cui avrebbe avuto l’onore di versare il suo sangue per la fede.
Una volta una cristiana voleva portargli un materasso, ma lui rifiutò dicendo: «La Croce che serviva da letto a Nostro Signore Gesù Cristo era molto più dura del mio tappetino». Quando gli proposero di portarlo in un altro luogo meno umido, supplicò: «Per favore, lasciami in pace. Non mi interessa più nulla, tranne l’eternità».
Quando sentì dell’esecuzione del vescovo Domenico Henares de Zafra Cubero, Vicario Apostolico Ausiliare del Tonchino Orientale, e del catechista Francesco Do Minh Chieu, avvenuta il 25 giugno 1838, don Domenico affermò: «Credo che presto toccherà a me; non ho paura della morte. Desidero solo una cosa, cioè l’ora che la mia anima lasci il corpo, per seguire i passi del Vescovo. Scoprite quello che potete e avvisatemi, affinché io possa prepararmi».

La condanna a morte
I mandarini, vedendo che né promesse né minacce, né i più terribili tormenti, potevano ottenere da lui e dal padre domenicano Domenico Nguyễn Văn Hạnh nulla di simile all’apostasia, li condannarono entrambi a morte.
Il 21 luglio 1838, l’imperatore confermò la sua sentenza con questo decreto: «I sacerdoti nativi della religione di Gesù Cristo, Vũ Văn Duệ e Nguyễn Văn Hạnh, sono invecchiati nell’esercizio di una falsa religione. Arrestati ed esaminati, si rifiutano di calpestare la croce; sono veramente uomini ostinati e folli, solo degni di odio. Per questo ordiniamo che i due colpevoli vengano decapitati».
Anche se, secondo le leggi del Tonchino, non era permesso decapitare un uomo di età superiore agli ottant’anni, venne sottoposto alla stessa pena anche don Bernardo, che aveva superato questa età di tre anni.

Verso il luogo della decapitazione
Il 1° agosto 1838 i due sacerdoti furono condotti sul luogo dell’esecuzione, circondati da soldati armati, mentre due mandarini, uno in testa e uno in coda, seduti su due elefanti, accompagnavano il corteo. Una folla di cristiani e di pagani seguiva dall’esterno.
Don Bernardo era trasportato su di un palanchino, perché non riusciva a camminare; continuava, però, a benedire e a incoraggiare i cristiani che camminavano accanto a lui. Intanto un banditore pubblico gridava la ragione della condanna: «Questi maestri principali della religione, Duệ e Hanh, che non si sottomettono agli ordini del re, vengono condotti al luogo dell’esecuzione, lì per pagare la pena del loro crimine».
Un soldato camminava davanti a don Bernardo, portando una tavola su cui era scritto: «Quest’uomo sta per essere decapitato perché si rifiuta di calpestare la croce». Un altro soldato camminava davanti a padre Domenico, portando anche lui una tavola con una scritta.

Il martirio
Don Bernardo, vedendo che erano arrivati sul luogo dell’esecuzione, alzò la voce e disse a padre Domenico: «Siamo vicini alla vittoria: è il momento di gridare forte a Dio e otterremo tutto quello che chiediamo».
Il mandarino compì un ultimo sforzo per far apostatare i due sacerdoti. Padre Domenico, sdegnato, rifiutò, mentre don Bernardo, che per l’età era diventato sordo, non aveva capito cosa gli avessero chiesto: «Ti offrono di nuovo la libertà se passi oltre la croce», gridò l’altro. L’anziano sacerdote, a quel punto, rispose: «Mi rifiuto». Quindi entrambi si raccolsero in preghiera.
Dopo che la sua gogna fu tagliata con una sega e che gli fu tolta la catena, padre Domenico disse al carnefice, che già brandiva la sua spada: «Se mi tagli la testa velocemente, ti prometto una ricompensa. Va’ da Giuseppe Thai, che vedi laggiù, e ti darà un po’ di soldi».

Nella gloria dei Santi
Don Bernardo e padre Domenico furono beatificati il 27 maggio 1900 da papa Leone XIII, inseriti nella causa intestata a Giovanni Gabriele Taurino Dufresse, Pietro Dumoulin Borie, Clemente Ignazio Delgado Cebrián, Domenico Henares De Zafra Cubero e quarantasei compagni, sacerdoti e laici dei Vicariati Apostolici di Guizhou, Sichuan, Tonchino Occidentale, Cocincina e Tonchino Orientale.
Il 18 aprile 1986 fu emesso il decreto con cui le cause di quei martiri e degli altri beatificati il 20 maggio 1906, il 2 maggio 1909 e il 29 aprile 1951, quindi centodiciassette in tutto, confluivano in una sola. In seguito al decreto “de signis” del 5 giugno 1986, che sanciva la perdurante fama di segni e di miracoli relativi a tutti quei martiri, il Papa san Giovanni Paolo II li canonizzò il 19 giugno 1988.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2024-10-02

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