Dajc, Albania, 26 marzo 1893 - Scutari, Albania, 5 marzo 1927
Sacerdote diocesano; anche se molti sacerdoti lasciarono l’Albania, sottomessa al regime stabilito dal presidente della Repubblica Ahmet Zogu, egli restò tra la sua gente e venne arrestato. Sottoposto a un processo farsa, fu condannato sulla base di false accuse e venne impiccato a Scutari. Nonostante avesse ricevuto minacce, non volle rinnegare la sua fede ma, sia durante il processo che in punto di morte, proclamò la fedeltà a Cristo e alla Chiesa cattolica. Papa Francesco ha riconosciuto il suo martirio in data 20 giugno 2024, per poi beatificarlo il 16 novembre successivo.
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Gjon Gazulli nacque a Dajc, in Albania, il 26 marzo 1893. All’età di 12 anni entrò nel Seminario Pontificio di Scutari. Dopo aver superato alcuni problemi di salute che lo costrinsero ad interrompere il percorso formativo, nel 1919 fu ordinato sacerdote. Dopo aver guidato per due anni la parrocchia di Gjader, fu inviato a Qelez di Puka dove rimase fino al 1925, quindi divenne parroco a Koman. Ovunque riuscì a farsi amare dalla popolazione offrendo aiuto e incoraggiamento. Don Gazulli, che aveva istituito una scuola parrocchiale per l’insegnamento della religione cattolica, venne tenuto sotto controllo dal governo per la presunta attività di ostacolo all’istruzione comune di musulmani e cristiani e divenne inviso alle autorità politiche perché sul piano morale e su quello religioso esercitava un forte ascendente sulla gente del luogo e sugli altri parroci. Anche se molti sacerdoti lasciarono l’Albania, sottomessa al regime stabilito dal presidente della Repubblica Ahmet Zogu, egli restò tra la sua gente e venne arrestato il 28 dicembre 1926. Sottoposto a un processo farsa, fu condannato sulla base di false accuse e venne impiccato in piazza a Scutari il 5 marzo 1927. Morì perdonando i suoi uccisori e professando la sua fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Il martirio materiale, fu l’impiccagione sulla pubblica piazza di Scutari il 5 marzo 1927, dopo aver subito torture e vessazioni in carcere, è attestato dagli atti e dalle testimonianze processuali ed extraprocessuali. Il martirio ex parte persecutoris ha la sua causa nella difesa della sua identità religiosa e della sua gente. I cattolici, infatti, pur rappresentando una minoranza in Albania, avevano una grande influenza sul piano sociale e culturale. Attraverso le scuole cattoliche i sacerdoti e i religiosi formavano le future generazioni e questo preoccupava molto le autorità governative. Ciò impediva al governo la realizzazione di un disegno di unità della popolazione che si voleva, per scopi politici, affrancare dall’appartenenza confessionale. L’odium fidei è stato la causa della sua uccisione. L’esercizio del suo ministero sacerdotale e la sua indomita azione in difesa della fede, gli procurò l’ostilità dei suoi persecutori. Riguardo al martirio ex parte Servi Dei, gli atti confermano come, in carcere, nonostante avesse ricevuto minacce, non volle rinnegare la sua fede ma, sia durante il processo che in punto di morte, proclamò la fedeltà a Cristo e alla Chiesa cattolica. Le testimonianze sono concordi nell’affermare che sapeva di rischiare la vita per la difesa del suo popolo e accettò consapevolmente il martirio propter fidem. Il modo in cui affrontò l’ingiusta condanna e l’impiccagione risultò edificante anche per i non cattolici che avevano assistito all’esecuzione capitale. Fin da subito si diffuse la sua fama di martirio, che si accrebbe negli anni seguenti quando molte persone continuarono a recarsi presso la sua tomba chiedendo la sua intercessione e ottenendo grazie.
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