Il 27 dello stesso mese (di agosto) facciamo memoria del santo glorioso megalomartire “apparso da poco” Fanurio. Questo splendido atleta del Signore, martire invitto, in quale epoca e con quali Imperatori ronani fu soldato e subì il martirio, non abbiamo potuto sapere; poiché anche (il racconto del) la sua vita ha subìto dei guasti a causa del tempo trascorso. Per questo mancano parecchie notizie, rimaste ignote o scomparse. Solo questo abbiamo saputo: all’epoca in cui i Saraceni dominavano la celebre isola di Rodi, colui che fu governatore dell’isola volle ricostruire le mura della zona, che antecedentemente i nemici avevano demolito. Dalla parte esterna alla Rocca c’erano alcune abitazioni in rovina che – si dice – fossero proprio l’antico Castro che sorgeva esattamente alla distanza di uno stadio dal lato Sud dell’attuale Fortezza; a queste rovine, dunque, il saraceno ammassò le pietre per la ricostruzione. Scavando lì e liberando quel luogo, trovano una bellissima chiesa, solo in parte rovinata. Togliendo, allora, lo sterro fino al pavimento, trovano anche alcune immagini, ma rovinate e cancellate, tranne quella di S. Fanurio, intatta e originale, come se qualcuno l’avesse dipinta proprio allora. Trovata perciò questa augusta chiesa, con quelle sacre icone dipinte, venne l’eccellentissimo vescovo del luogo, di nome Nilo, uomo santo e dotto, il quale lesse l’iscrizione dell’immagine che diceva “San Fanurio”. Lo schema del dipinto era il seguente: il Santo portava insegne militari, era molto giovane d’età e teneva, nella mano destra, una Croce, in cima alla qu c’era una candela accesa. Tutt’intorno all’icona del santo vi sono raffigurate dodici scene di martirio: – il Santo interrogato dal governatore; – il Santo in mezzo a soldati che lo colpiscono con sassi sulla bocca e in testa; – poi, steso a terra, mentre soldati lo flagellano; – mentre seduto, nudo, gli stessi gli rischiano le carni con uncini di ferro; – è gettato in prigione; – di nuovo in piedi, è interrogato alla presenza del tiranno, – altrove è bruciato da torce; – viene torchiato da un mangano; – viene messo in balìa delle bestie feroci; – è schiacciato da un enorme macigno; – è portato avanti alle statue degli idoli tenendo in mano carboni ardenti, mentre la figura del diavolo, in aria, come se piangesse e si lamentasse; – sta in piedi in una fornace, con le mani levate al cielo come in preghiera. Da queste dodici raffigurazioni di martirio dipinte attorno alla figura del Santo, l’arcivescovo dedusse che fosse un martire. Subito, quel bravo, pio arcivescovo inviò una delegazione ai Governatori dell’isola, perché facessero donazione della chiesa al fine di restaurarla; ma essi non vollero. L’arcivescovo allora inviò un monaco a Costantinopoli, che riportò il permesso di ricostruzione, e fu così restaurato come ancora appare, fuori città.
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