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Servo di Dio Umberto Terenzi Sacerdote e fondatore

Festa: .

Roma, 30 ottobre 1900 - 3 gennaio 1974

Umberto Terenzi è nato a Roma il 30 ottobre 1900, undicesimo di dodici fratelli. È stato ordinato sacerdote nel 1923 dopo i suoi studi presso il Seminario Romano Minore e Maggiore, di cui ha assunto il lavoro di prefettura nei suoi primi anni di ministero. Nel 1930 fu nominato rettore del Santuario del Divino Amore, un sogno che coltivava nel cuore da molto tempo e che si è trasformato in una realtà felice. Da quel momento, si dedicò all'imitazione della Vergine, che divenne sua madre, insegnante e mediatrice. Ha impiegato tutte le sue energie spirituali, intellettuali, morali e fisiche rimanendo nel santuario – che è fiorito – accompagnato nella sua crescita spirituale da San Luigi Orione e da San Giovanni Calabria. Fondò la Congregazione delle Figlie della Vergine del Divino Amore e l'associazione dei Sacerdoti Oblati della Vergine del Divino Amore, che attualmente svolgono il loro lavoro in Asia e in Sud America. A lui si deve anche l'istituzione del celebre pellegrinaggio notturno al santuario ogni sabato, da Pasqua a fine ottobre. La sua fede inalterabile alla presenza dello Spirito Santo nella Chiesa, l'amore illimitato e obbediente al Papa, alla diocesi di Roma e ai vescovi, anche nei momenti di grande sofferenza e nella "notte buia" dell'incomprensione. Sono momenti in cui i pellegrini portano ai piedi della Vergine le loro intenzioni e le esigenze e la missione della Chiesa a Roma. Padre Terenzi, morto il 3 gennaio 1974 Che era stato per molti anni camarlengo dei parroci della diocesi, indebolito dal diabete e dalla stanchezza di un apostolato continuo, generoso e senza tregua, ha lasciato serenamente la terra per diventare intercessore della sua opera in il cielo. La sua causa di Beatificazione è iniziata il 23 gennaio 2004 con l'apertura della fase diocesana, il processo è attualmente a Roma e sta procedendo con successo.



Nato a Roma il 30 ottobre 1900, undicesimo di dodici figli, alcuni deceduti neonati, crebbe in una famiglia cristiana di Guarcino, ridente paese della Ciociaria in provincia di Frosinone. Ben presto manifestò il desiderio di farsi sacerdote. Trovò nel servo di Dio don Pirro Scavizzi un padre spirituale ricco di virtù, discernimento ed esperienza. Da lui, oltre che dalla mamma, grata alla Madonna del Divino Amore per aver guarito il figlio Armando ancora bambino, ricevette l’impulso a venerare, amare e imitare la Madonna.
Frequentò il seminario Minore e quello Maggiore. Alunno disciplinato, studioso, era felice di ricoprire, tra gli altri incarichi, quello di sagrestano per stare più vicino a Gesù Eucaristico e alla Madonna, invocata come ‘Madonna della Perseveranza’ al Minore e ‘Madonna della Fiducia’ al Maggiore. Fu ordinato sacerdote il 31 marzo 1923 e celebrò la prima Messa il 1° aprile dello stesso anno nella chiesa parrocchiale di S.Eustachio.
Risulta che fosse destinato al servizio diplomatico della Santa Sede, ma, disposto a fare la volontà di Dio, pregava intensamente di poter realizzare la sua vocazione nella Parrocchia. Fu prefetto al seminario Minore e poi a quello Maggiore, dal 1926 viceparroco a S.Eusebio. Dì lui così parla Mons. Guglielmo Motulese, già Arcivescovo di Taranto: “Quando nel 1923 noi, piccoli seminaristi del Seminario Romano, fummo affidati ad un sacerdote, scoprimmo subito che si trattava di un prete buono, che amava i ragazzi, che sapeva giocare con loro, che sapeva instradarli sulla via del bene. L’arrivo di don Umberto fu come l’aprirsi davanti a noi di una visione di un prete buono, di un prete che sapeva stare con noi… Ricordo ad esempio che, il sabato, la mamma gli mandava la biancheria con dentro una tavoletta di cioccolata o qualche altra cosa che subito don Umberto dava a noi ragazzi. E ci educò, ci avviò alla vita sacerdotale. Da allora, 1923, egli fu presente sempre nella mia vita”.
Il 29 dicembre 1930 fu nominato Rettore del Santuario della Madonna del Divino Amore in Roma, dove consacrò tutta la sua esistenza terrena al servizio della sua Dolcissima Madre e delle sue Opere, fino al ritorno alla Casa del Padre, avvenuto nel cuore della notte del 3 gennaio 1974.
Vorrei ora percorrere brevemente, insieme con voi, alcune tappe significative della sua vita e del suo Apostolato, tutto mariano.

Il Rettore del Santuario
Il 10 luglio 1930 don Umberto aveva fatto il primo sopralluogo al Santuario, con don Pirro Scavizzi, allora parroco di S. Eustachio. Così si espresse in quella occasione: “Il Santuario ed adiacenze presentano un aspetto veramente indecente. Tanto che sull'Altare della Madonna, dove si conserva anche Il SS.mo Sacramento, per tenere i fiori si adoperano i barattoli della conserva. Notai ancora che fino ad oggi nessuno si è curato di riparare le aperture fatte dai ladri sacrileghi per entrare in Chiesa nel furto che fecero nel maggio scorso. Indecentissimi gli arredi sacri, tanto da non trovare neppure un purificatoio pulito a disposizione.”
Questa triste visione era stata come un pugnalata al cuore di don Umberto desideroso di dedicarsi al servizio della Madonna, tanto che nel pellegrinaggio a Lourdes, il 31 agosto 1930 aveva scritto: “Ho pregato tanto per il tuo Santuario del Divino Amore ed ora depongo sul tuo cuore ogni affanno e pensiero per l'avvenire di questa idea. Accetto fin d'adesso la tua volontà. Lascio ai tuoi piedi una tua immagine del Divino Amore. Don Pirro vi ha scritto che supplica per me e per il Santuario. lo aggiungo: don Umberto Terenzi ti offre, o Vergine Immacolata, cuore, forze, vita, danari, tutto pel tuo Santuario del Divino Amore, se verrà come questo. (cioè come quello di Lourdes!) (Diario, 31.08.1930)
La Madonna gradì la sua oblazione. Il 29 dicembre dello stesso anno don Umberto fu nominato Rettore del Santuario, dipendente dalla parrocchia di S. Sebastiano. Le prime settimane non furono facili anche a causa di qualche incomprensione di vario genere, inevitabile all’inizio di un nuovo incarico, ma un anno dopo don Umberto scriveva: “Ci vorrebbe un volume per dire tutto quanto è accaduto in questi mesi di intenso lavoro di pellegrinaggi. Quante grazie, quante emozioni, prediche, tridui nei paesi, discorsi al Santuario, vicende delle pratiche col governo per il ricupero del Santuario e terreni connessi, sospensioni politiche per l'ordine di chiusura di tutti i Circoli Cattolici da parte del governo, poi un po' di barlume di speranza, titubanze, incertezze... rimango o no in questa solitudine? Dovremmo fare la parrocchia... si farà? quando?” (Diario, 03.07.1931)
Il dinamico e instancabile Rettore ripristina il celebre pellegrinaggio notturno a piedi. Pubblica il bollettino “La Madonna del Divino Amore", il giornale “Parrocchia", la rivista di cultura Mariana “Ia Madonna", ed avvia il "Collegamento Mariano Nazionale" tra i vari Santuari d’Italia. Riesce ad avere l'acqua potabile per l’agro romano, il servizio postale, la stazione dei carabinieri, la stazione ferroviaria "Divino Amore" sulla linea Roma - Napoli. Il Santuario diventa il centro propulsore di tutte le iniziative per “conoscere e far conoscere, amare e far amare la Madonna, costi quello che costi”, come amava ripetere spesso.
Apre una scuola materna, accoglie delle orfanelle, distribuisce il pane della Provvidenza a tutto l'agro romano. Fonda la Congregazione femminile delle "Figlie della Madonna del Divino Amore" il Seminario dei "Piccoli Figli" e l'Associazione dei Sacerdoti Oblati "Figli della Madonna del Divino Amore". Le une e gli altri hanno come distintivo un carisma tutto Mariano che zampilla dalle parole dell’Annunciazione "Ecco l'ancella del Signore, sia fatto di me secondo la tua parola" (Lc, 1,38); il che significa la totale disponibilità alla volontà di Dio ed ai Vescovi per tutta la vita, costi quello che costi, come Maria e per mezzo di Maria. Grazie a loro può aprire case in Italia e all'estero, cominciando dall’America Latina.
E’ tutto un pullulare di desideri, di iniziative e di opere, a volte facilitate, altre volte contrastate; ma il suo motto rimane sempre "Ave Maria e... coraggio!" Colui che era stato per molti anni il camerlengo dei Parroci della Diocesi, indebolito dal diabete e dalle fatiche di un apostolato continuo, generoso e senza risparmio di forze, lascia serenamente la terra il 3 gennaio del 1974, per diventare l’intercessore della sua Opera in cielo. Ora il suo corpo riposa nella quiete della Cripta del Santuario in attesa della risurrezione finale.
Attualmente milioni di pellegrini, romani e romei, salgono al Santuario antico e a quello nuovo, tanto da lui desiderato, ma costruito 26 anni dopo la sua morte, per pregare, riconciliarsi, ricevere i Sacramenti. Lì trovano una cittadella, composta di parecchi servizi religiosi e umanitari, realizzata secondo le intuizioni carismatiche del caro don Umberto.

Prete Romano e Parroco della parrocchia “Santa Maria del Divino Amore”
Il Santuario è eretto a parrocchia il primo dicembre 1932; l’8 dello stesso mese don Umberto è nominato economo - parroco con sede nel Santuario stesso. Il 21 giugno 1937 sarà nominato Parroco. Così scrive nel suo fedele diario: “Ecco l’ideale della mia vita è raggiunto: esser parroco. Ma la Madonna mi ha voluto sempre per sé, ed allora eccomi Parroco nel Suo Santuario; mi ha sempre ispirato di rivolgere le mie fatiche agli umili, ed eccomi Parroco nell’agro romano!” (Diario, 16.12.1932).
Lo fa in modo mirabile. Visita una ad una tutte le famiglie del grande territorio della sua Parrocchia, segnato dalla povertà, dalla malaria, dall’analfabetismo. Per questo distribuisce il pane della Provvidenza a tutto l'agro romano, apre una stazione sanitaria contro la malaria, fonda una scuola materna, organizza colonie marine per i bambini e le bambine, accoglie delle orfanelle. Nessuna persona bisognosa bussa alla sua porta senza ricevere un aiuto. Manifesta sempre un cuore di padre sensibile ad ogni forma di indigenza sia materiale che spirituale. Portato naturalmente verso gli altri, dotato di notevole sensibilità e delicatezza, sa unire la forza tipicamente maschile di un papà a tanta tenerezza. E’ molto disponibile all’ascolto e chi lo avvicinava sente che Don Umberto si dedica totalmente a lui ed ai suoi bisogni.
Nel 1955 è nominato Camerlengo dei parroci di Roma (27.04,1955), incarico che conserverà volentieri per tutto il resto della sua vita. Mi fa piacere concludere queste prime osservazioni con un lusinghiero giudizio espresso dal compianto Cardinale Vincenzo Fagiolo su don Umberto: “A me sembra che se vogliamo cogliere nel più profondo delle sue ispirazioni e delle sue intenzioni l’autentico Sacerdote romano, primo Rettore del Santuario del Divino Amore, dobbiamo scavare nel cuore “papale” e “mariano” di don Umberto. Il Vicario di Cristo e la Madre di Cristo, il Vescovo di Roma e la Madonna a Roma venerata; la Basilica del Principe degli Apostoli e il Santuario del Divino Amore; il ministero petrino e il ministero mariano. Per questi due poli batteva il cuore di don Terenzi… La stima e la paterna considerazione che soprattutto Pio XII aveva per don Umberto non va minimizzata né vista solamente in una semplice prospettiva o dimensione umana. Si trattava, a mio avviso, di una soprannaturale comunione di fede e di carità, arricchita dallo Spirito Santo con i suoi doni, che spingeva il pastore supremo e l’umile devoto di Maria ad innalzare da Roma un inno, un santuario, un movimento che aiutasse il centro della cattolicità a ben comprendere che Papa e Maria sono inscindibili nella storia della Città eterna, perché sede del Vicario di Cristo che così ha voluto la sua Chiesa” (24.06.1999).

Fondatore
Don Umberto capì ben presto che al Santuario c’era bisogno di aiuto non solo di Sacerdoti, ma anche di Suore per il servizio del medesimo e per le opere che si sviluppavano. Si convinse che era necessaria un’Opera. Sempre consigliato dai suoi padri spirituali: il servo di Dio don Pirro Scavizzi, S. Giovanni Calabria, S. Pio da Pietrelcina e soprattutto S.Luigi Orione, considerato il ‘profeta’ dell’Opera, si impegnò, superando non pochi ostacoli e pazientando parecchi anni, a formare prima la Congregazione femminile delle Figlie della Madonna del Divino Amore", poi il Seminario dei "Piccoli Figli" e in seguito l'Associazione Clericale dei Sacerdoti Oblati “Figli della Madonna dei Divino Amore". Il loro carisma, tutto mariano, sgorga dalle parole di Maria nell’Annunciazione: "Ecco l'ancella del Signore, sia fatto di me secondo la tua parola" (Lc, 1,38); come in Maria, la caratteristica dei Figli e delle Figlie della Madonna del Divino Amore dovrà essere la piena e continua disponibilità alla volontà di Dio ed ai suoi rappresentanti, costi quello che costi, in spirito di profonda unità e piena collaborazione. Disponibilità sempre mediata da Lei, che don Umberto ha scelta come Madre, Maestra e Mediatrice per sé e per l’Opera.
L’indefessa dedizione all’Opera comporta per don Umberto una gestione impegnativa e oculata dei tre incarichi: rettore, parroco e fondatore. L’uno poteva, a volte, prevalere sull’altro, in questo caso si lasciava guidare dalla volontà di Dio e dal consiglio dei suoi padri spirituali. Questo triplice impegno richiedeva in lui molte energie spirituali e fisiche. Le prime, le ricuperava nelle ore notturne di preghiera, adorazione e meditazione che faceva in ginocchio al finestrino della sua cameretta, il quale gli permetteva di vedere all’interno del Santuario il Tabernacolo e l’immagine della Madonna. Le seconde, essendo sofferente di diabete, le curava con l’aiuto dei medici e soprattutto con la forza, che riceveva in continuazione, come dice lui stesso, dallo Spirito Santo e dalla sua Sposa Maria (cf medit. 30.04.1957 e alias).
L’innamorato della Madonna, per estendere la devozione altrove e rendere servizio anche ad alcune diocesi in Italia e all’estero, fondò parecchie case nella nostra penisola, ed altre in Colombia e Nicaragua. Attualmente, secondo il suo profetico “sogno missionario”, i Figli e le Figlie operano in Italia, in Francia, in Colombia, in Nicaragua, in Brasile, in Perù, nelle Filippine e in India. Il suo motto: “ portare il Divino Amore usque ad extremum terrae” (fino alle estremità del mondo), continua a realizzarsi.

L’uomo innamorato di Dio, della Madonna e del suo prossimo
Don Umberto, il ‘rosariante’ (nei tempi liberi recitava sempre il Rosario) era un prete con una grande fede in Dio, nella sua Provvidenza, nella potente intercessione di Maria, di S. Giuseppe, S. Michele arcangelo e altri santi e sante La sua sorgente di luce interiore era lo Spirito Santo che scopriva meditando la Parola di Dio soprattutto nelle letture bibliche della liturgia del giorno. Il suo nutrimento spirituale era l’Eucaristia, celebrata ogni giorno. Una delle sue suore ha detto: “Quando celebrava la Santa Messa nella cappella di Casa Madonna, era molto raccolto. Per lui era il tempo più importante della giornata. Al momento della consacrazione egli si trasformava nel volto, perché si rendeva conto che agiva in Persona di Gesù” (Madre Giovanna Mancini , 12.09.1998). Il suo riposo, anche fisico, era l’adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Qui “il tempo - dice lui - trascorre tra un atto di amore ed un altro. Si passa di contemplazione in contemplazione, di godimento in godimento” (med. 19.03.1955).
Egli andava da Gesù sempre con la Madonna, perché la vita con Lei è la più semplice, la più facile, ed anche la più desiderabile e felice (med. 31.12.1973) E’ affascinato dalla sua Maternità divina, si immerge in essa a tal punto da dire: Io e la Madonna siamo una cosa sola. (m 30.10.1957) Di qui fiorisce il suo desiderio instancabile di imitarla in tutte le sue virtù, soprattutto nella sua ‘immacolatezza’ e nella sua disponibilità ad amare, come un vero ‘padre’, ogni creatura.
Egli vuole che questo suo rapporto così intimo con Maria si trasfonda anche nei Figli e nelle Figlie. La prega dicendo: “Come io e te, o Madonna mia, siamo una cosa sola, così tutti quelli, che si uniranno a me e a Te, siano tra loro una cosa sola nel tuo amore e nell'impegno, fino alla morte, di compiere con zelo fervorosissimo tutte le opere del Tuo Amore (m 30.10.1957). Qui emerge il distintivo del suo carisma, che è ad immagine della vita trinitaria e della sua stessa unità. Altrove dice: Quando manca l’amore vivo alla Madonna, manca anche la carità e, se manca la carità, manca anche l’amore vivo alla Madonna (med. 16.03.1967).
"Nella confessione era un Padre dolce, comprensivo. Chi si avvicinava a lui si sentiva protetto. Era lui stesso un piccolo Santuario mariano" (Parole della prof. ssa Eleonora Federico Buzzanga, 03.01.1999). Amava tutti, prediligeva i sacerdoti, soprattutto quelli anziani, malati o in crisi di vocazione. Egli resta ‘mariano’ sino alla fine della sua vita. Nell’ultimo incontro con i suoi sacerdoti la sera del 2 gennaio 1974, un giorno prima di morire, raccomanda loro di restare uniti, di prodigarsi con ogni sforzo per la diffusione del Divino Amore e della devozione mariana e di non tralasciare mai il pellegrinaggio notturno, di circa 15 chilometri, da farsi a piedi partendo da Roma alla mezzanotte del sabato per arrivare al Santuario alle prime luci dell’alba della domenica.
Approfondendo la sua personalità e la sua maturazione umana e soprannaturale possiamo riscontrare, tra gli altri, questi due aspetti significativi.
1° La sua fede inalterabile sulla presenza dello Spirito Santo nella Chiesa, nelle sue opere da lui fondate e nel suo cuore. Egli dice: “Fin dall’inizio io ho pensato sempre così. Noi in quest'Opera aiutiamo lo Spirito Santo ad onorare Maria, come l'ha gia tanto onorata, e a farla conoscere come è suo desiderio. Ma facciamo quello che forse non è stato fatto mai in nessuna devozione particolare mariana: aiutiamo la Madonna a far riconoscere l'Opera che lo Spirito Santo ha compiuto in lei e per mezzo di lei. E noi attribuiamo sempre al Divino Amore tutto quello che e nella Madonna e si fa nel suo santo nome, ma con il Divino Amore che è la nostra forza, la nostra potenza” (Dalla meditazione del 26.08.1971).
“Noi siamo i Figli della Madonna per il Divino Amore! Questo e il nostro scopo e quello della congregazione e dell’Opera. Io posso dire consapevolmente che ogni giorno di più, man mano che mi accosto al Paradiso, esso sì fa più pressante e più potente nell’animo mio.
Scopo per cui il Signore, scegliendomi tra i miei fratelli e le mie sorelle, mi ha voluto consacrato a Lui, come suo ministro. Ha voluto mettermi al mondo per crearmi sacerdote, per farmi parroco, per farmi vivere, finche lo vorrà, soltanto per il Divino Amore” (Dalla meditazione del 03.02.1968).
2° L’amore sconfinato ed ubbidiente al Papa, alla diocesi di Roma, ai Vescovi.
Per attuare questo carisma egli è sempre stato fedele alla volontà di Dio e a quella dei suoi superiori, ha amato tanto la Chiesa, il Papa e i suoi rappresentanti, anche nei momenti dì grande sofferenza e nella “notte oscura” dell'incomprensione. Così si esprimeva l’11 ottobre del 1960. “La promessa di obbedienza l’abbiamo in forza del nostro Sacerdozio… Ma obbedienza per me dice ancora poco! Al "cenno" del Vescovo, io faccio, sorretto dalla grazia di Dio, uno “scatto" dell’anima, uno scatto del corpo, uno scatto della volontà, per aderire immediatamente a quel cenno e realizzarlo fino in fondo. L’Oblato deve togliere al Vescovo la preoccupazione di qualsiasi genere per eseguire l'ordine, tutto finalizzato alla salvezza delle anime”.
Gli sono tanto cari la città di Roma. L’Italia e il mondo intero. Nel salire verso le vette della santità Dio gli ha permesso di trovarsi ad affrontare alcuni passaggi difficili che lo hanno spogliato dì molta parte di quell’umano che poteva rallentare il suo andare verso l’alto. Nel suo cammino spirituale si scopre una traiettoria che cresce regolarmente nelle virtù sino all'età di circa 55 anni; qualche anno dopo, il venir meno dei suoi padri spirituali, tra i quali meritano ricordati il beato don Luigi Orione, S. Giovanni Calabria e S. Pio da Pietrelcina, lo spinge a rendere piena una maturità spirituale che si realizza nel confronto con Dio e con Maria. A questo si aggiungono situazioni e realtà per cui si sente più solo, stanco e talora seriamente incompreso, ma non per questo scoraggiato, Egli conferma:
"Quando ho dovuto obbedire per tutta la mia vita di Seminario, l'ho fatto con tanto amore Quando ho dovuto obbedire per tutto il mio tempo del Divino Amore, l'ho fatto con tanto dolore, ma non ho mai avuto il pensiero di ribellarmi” (Dalla meditazione del 28.08.1969).
Don Umberto, settantaquattrenne, vive ormai in funzione di una mistica unione con la Madonna, che ama disinteressatamente come Madre alla quale è sempre stato fedele; chiede di essere da Lei accolto come figlio nel bel Paradiso dove, come aveva promesso più volte, continuerà ad operare, finalmente senza ostacoli, per la gloria di Maria e per tutta la sua Opera. Lui che si è reso “pellegrino di Maria” camminando nelle strade degli uomini, ora ci benedice tutti dal Cielo.

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Aggiunto/modificato il 2025-01-07

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