Pilsen, Stati Uniti d’America, 20 aprile 1916 - Pyokton, Corea del Nord, 23 maggio 1951
Sacerdote diocesano; la sua carità eroica si manifestò anche verso i soldati nemici, tanto che in diverse circostanze si recò davanti alle trincee americane per dare sepoltura ai cadaveri dei soldati nord coreani, esponendosi al tiro dei cecchini. Papa Francesco l'ha dichiarato Venerabile il 24 febbraio 2025.
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Il Venerabile Servo di Dio Emil Joseph Kapaun nacque il 20 aprile 1916 a Pilsen nelle pianure del Kansas (USA) da genitori cristiani di origine boema, molto religiosi. Frequentò le scuole primarie presso le Suore del Preziosissimo Sangue che con la loro formazione contribuirono a orientarlo nella sua vocazione sacerdotale. Conclusi gli studi secondari iniziò gli studi seminaristici presso il monastero benedettino di Conception Abbey, proseguendoli nel Seminario di St. Louis in Missouri. Dal 1940 al 1944 svolse diversi incarichi in diocesi tra cui quello di vicario parrocchiale. Nel 1941, dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America, chiese l’autorizzazione ad arruolarsi come cappellano militare. Gli fu concesso di svolgere questo servizio dapprima in Kansas e poi nella base militare di Pilsen. Nel 1944, dopo un’adeguata preparazione, venne inviato nella regione indo-birmana. Rientrato in Patria completò gli studi e venne nuovamente arruolato nell’esercito e assegnato al comando americano di Yokoama in Giappone. Scoppiata la guerra in Corea, sbarcò in quel Paese con la sua unità militare. Fu fatto prigioniero dai nord coreani e internato nel campo di prigionia di Pyokton, dove continuò a svolgere opera di apostolato, condividendo le sofferenze e le privazioni con gli altri 3500 prigionieri. Indebolito dalla mancanza di cibo e vestiti e affetto da un coagulo di sangue nella gamba e da una infezione all’occhio, nel 1951 dopo essere riuscito a celebrare la Pasqua nel campo di prigionia, collassò la domenica seguente. I suoi carcerieri cinesi, subentrati ai coreani nel controllo del campo, lo inviarono presso un luogo chiamato “Casa della morte”, nel quale venivano lasciati morire i prigionieri senza assistenza medica, privi di cibo e acqua. Qui morì il 23 maggio 1951. La morte del Venerabile Servo di Dio fu sin dall’inizio considerata eroica e il suo sacrificio inteso una vera professione di fede, come attestano le prove testificali. Tutte le testimonianze riguardanti il servizio pastorale da lui prestato presso le Forze Armate del suo Paese ne sottolineano infatti l’eccezionale carità. Fu eroicamente puro e disinteressato nella cura pastorale dei soldati tanto che durante la battaglia di Unsan, il 1° novembre del 1950, vicino al confine con la Corea del Nord, rifiutò la fuga restando nei luoghi di battaglia per poter aiutare i feriti. È riscontrabile in Kapaun una disposizione di offerta della vita per amore del prossimo (propter caritatem) nel momento in cui scelse liberamente di restare in prima linea per poter assistere i soldati anche durante le battaglie, anziché rimanere nelle retrovie come in genere spettava ai cappellani. Più volte ebbe occasione di fuggire o nascondersi, ma non lo fece, consapevole di un elevato rischio di morire. Oltre al supporto spirituale, in più occasioni, compì interventi concreti, salvando la vita di alcuni commilitoni e restando lui stesso ferito. Padre Kapaun con coraggio prestò cure ai feriti e si fece carico dei morti (anche del campo avverso) per poter dare loro una degna sepoltura, ponendosi consapevolmente in una situazione di altissimo pericolo. È dimostrato il fatto che la sua carità eroica del si manifestava anche verso i soldati nemici tanto che in diverse circostanze si recò davanti alle trincee americane per dare sepoltura ai cadaveri dei soldati nord coreani, esponendosi al tiro dei cecchini. Dopo durissimi scontri, fu catturato dalle truppe cinesi che lottavano a favore dei nord coreani e fu detenuto in vari campi di prigionia, nei quali non cessò di presentarsi apertamente come sacerdote, fedele alla vita di preghiera. Guidò i prigionieri nella preghiera e pregò anche per i loro carcerieri recitando il Rosario e praticando la Via Crucis. Secondo quanto riferito da alcuni testimoni che avevano condiviso con lui la prigionia, diede esempio di dedizione ai fratelli, offrendosi quotidianamente di aiutarli mettendo a rischio la propria salute e la propria vita. Anche da prigioniero, cercò di aiutare i compagni più deboli con tanti gesti che, pian piano, minarono ulteriormente il suo fisico già fragile, portandolo alla morte. È stato pertanto osservato che nella fattispecie in esame l’atto di offerta della vita ebbe inizio nel suo tornare indietro nel campo di battaglia di Unsan per carità verso i compagni, rinunciando consapevolmente a fuggire e a mettersi in salvo. In tal modo il accettò il rischio di una morte altamente probabile. In seguito, durante la prigionia, pur consapevole che sottoponendosi a troppe fatiche sarebbe andato incontro ad una morte certa e a breve termine, perseverò nei gesti di aiuto ai compagni bisognosi, malgrado il progressivo deterioramento del suo fisico dovuto alle terribili sofferenze del carcere. Quando fu condotto nella Casa della morte, pur consapevole che non sarebbe più tornato, rimase sereno conservando un atteggiamento di oblazione sacrificale. Questa eroica condotta conferma le motivazioni profonde di quella oblatio vitae da lui scelta consapevolmente. È stato altresì rilevato che la scelta di Kapaun ha una dimensione vocazionale in quanto è la risposta consapevole ad una chiamata che lo spinse ad un atto oblativo di carità pastorale che si consumò nel tempo, accettando il rischio di poter morire in ogni momento. La morte avvenne ex aerumnis carceris, come conseguenza diretta dell’oblatio vitae. Si può considerare chiaramente provata l’offerta della vita, libera, volontaria, propter caritatem.
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