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Serva di Dio Maria di Betania (Hélène Béghian) Vergine

Festa: .

Alessandria d’Egitto, Egitto, 19 maggio 1901 – 26 ottobre 1945

Hélène Béghian nacque ad Alessandria d’Egitto il 19 maggio 1901, figlia di padre armeno cattolico e madre greca ortodossa. Nell’infanzia fu una bambina capricciosa e viziata; a nove anni, inoltre, affrontò una crisi di fede. Inviata a studiare nel pensionato della Congregazione della Madre di Dio ad Alessandria, fu attratta dall’Eucaristia, lasciando cadere le sue resistenze. A lungo s’interrogò circa la consacrazione religiosa, finché non fu aiutata a capire che doveva entrare proprio nella congregazione di cui era stata allieva. Il 3 settembre 1920 intraprese il postulandato. Vestì l’abito religioso il 9 marzo 1921, cambiando nome in suor Maria di Betania. Emise la professione temporanea il 19 marzo 1923 e quella perpetua il 30 settembre 1929. Dal 1923 al 1931 fu insegnante nel convento della Madre di Dio a Gezira, mentre nel 1935 fu nominata vice superiora della comunità di Alessandria, dov’era anche insegnante. Visse prove morali e fisiche, su tutte una deviazione alla colonna vertebrale, e si sentì chiamata a pregare e a offrire tutto per i sacerdoti, anche come membro dell’Opera dell’Amore Infinito. Un tumore la condusse alla morte, avvenuta ad Alessandria d’Egitto il 26 ottobre 1945. Il 12 luglio 1957 fu aperto ad Alessandria d’Egitto il processo informativo della sua causa, il cui transunto rimase per anni nell’archivio della Congregazione delle Cause dei Santi. In base alla fama di santità che continuava a circondare madre Maria, la causa venne riaperta: l’inchiesta suppletiva si svolse dal 12 giugno 2022 al 28 marzo 2025, nel Vicariato Apostolico di Alessandria d’Egitto.



Una bambina viziata e capricciosa
Hélène Béghian nacque ad Alessandria d’Egitto il 19 maggio 1901, da Mihran-Lazare Béghian, di rito armeno cattolico, e Anastasie Mavrocordatou, greca ortodossa, entrambi originari di Costantinopoli. Ebbero in tutto tre figli, ma gli altri due morirono entrambi in tenera età. Fu battezzata e cresimata il 29 giugno delle stesso anno da padre Ignazio Maloyan, sacerdote armeno-cattolico, più tardi vescovo e martire in Armenia (beatificato da san Giovanni Paolo II il 7 ottobre 2001).
Della sua infanzia lei stessa ricordava poco, ma alcuni episodi risultano ugualmente significativi. Ad esempio, invidiava il suo fratellino Jean, biondo con gli occhi azzurri, e pensava di essere più brutta di lui, quando invece non lo era.
Nelly, come la chiamavano tutti, era una bambina capricciosa, viziata soprattutto dalla nonna materna; nessuno poteva dirle di no. Solo la musica, di cui i suoi genitori erano appassionati, riusciva a tranquillizzarla per qualche istante.

Tra crisi di fede e attrazione per l’Eucaristia
A circa nove anni, si trovava con la sua famiglia a Parigi e viveva nello stesso hotel di una famiglia spagnola non credente. Le conversazioni con quelle persone inizialmente la turbarono, poi la convinsero che Dio non esiste.
Nel 1910, al suo ritorno ad Alessandria, Nelly fu inviata a studiare nel pensionato della Congregazione della Madre di Dio, dove, per forza di cose, doveva seguire dovunque le compagne, anche in chiesa. Si rifiutava di guardare il Santissimo Sacramento esposto nell’ostensorio, pur sentendosene inspiegabilmente attratta. Un giorno, l’attrazione fu tanto forte da condurla ad alzare lo sguardo. La bambina si sentì interiormente trasformata, tanto da esclamare, rivolta a Gesù: «Mi hai vinta!».

La prima chiamata e la conclusione degli studi
Il 4 maggio 1911 ricevette la Prima Comunione: quello stesso giorno, si sentì per la prima volta chiamata, velatamente, alla vita religiosa. La chiamata si ripeté in seguito, un Giovedì Santo, in modo più esplicito, spingendola a desiderare di soffrire.
In effetti, di lì a poco, i suoi genitori si separarono. Nelly, affidata a sua madre, ne soffrì tanto da diventare ribelle verso ogni gesto religioso: non voleva compiere nulla del genere, se non si sentiva intimamente convinta. Anche la morte del suo fratellino Jean le causò molte sofferenze.
Nel frattempo, concluse gli studi nel pensionato. La matematica e le scienze non le piacevano; era invece portata per la poesia e per la musica, tanto da prendere lezioni di pianoforte al Conservatorio. Anche la sua crisi rientrò: le sue compagne l’ammiravano per la devozione con cui pregava, oltre che per le sue doti migliori. L’8 dicembre 1916 entrò a far parte dell’associazione delle Figlie di Maria interna al pensionato.

Dolori fisici nascosti col sorriso
Tra i dodici e i tredici anni, Nelly iniziò a pensare seriamente di diventare monaca carmelitana. Tuttavia, si sentiva scoraggiata per la sua salute fragile: era soggetta a frequenti emicranie e a dolori fisici, soprattutto per una leggera deviazione della colonna vertebrale, che si accentuava col passare dei giorni.
Interiormente, si sentiva invitata a sopportare quel dolore, nascondendolo sotto il sorriso e la gioia tipici della sua età. Credeva che quegli inviti interiori, cominciati il giorno della Prima Comunione, fossero qualcosa di comune, per cui non vi dava peso.

Vita mondana, ma la consacrazione resta un ideale
Per impedire ulteriori contrasti in famiglia, accettò di partecipare a feste da ballo e di vestirsi alla moda, ma viveva in modo distaccato quelle occasioni mondane. Rifiutò numerose proposte di matrimonio, ma un giorno non poté rifiutare di essere presentata a un giovane che la voleva in sposa. L’incontro, alla fine, non ci fu: Nelly sentiva che le sue preghiere erano state esaudite.
Nel marzo 1920, rimase a lungo al capezzale di sua madre, che rischiava di morire per un avvelenamento nel sangue. Continuava però a pensare alla consacrazione: lasciò perdere il Carmelo dopo l’incontro con una monaca di passaggio.
Si diresse al più vicino convento di Clarisse per chiedere una biografia di santa Chiara, ma la restituì senza nemmeno averla letta. Nel 1919 fece domanda per entrare tra di loro, ma venne respinta, proprio per le sue condizioni di salute. Conobbe anche le Religiose della Congregazione di Maria Riparatrice, presso le quali soggiornò a Ramleh.

La decisione definitiva
Un giorno, però, conobbe padre Stefanini, comboniano, superiore della Missione dell’Africa Centrale al Cairo. Quel sacerdote, che aveva fama di essere un santo, le disse esplicitamente: «Lei entrerà alla Madre di Dio. Inizialmente sarete come le altre, ma verrà il giorno in cui Nostro Signore le mostrerà cosa si aspetta da voi; allora, voi risponderete al suo Amore».
Nelly ottenne il consenso di suo padre, ma non quello di sua madre, con la quale le discussioni furono frequenti. Alla fine, decise per conto proprio: sarebbe entrata in quella congregazione di origine francese, risorta dopo gli anni della Rivoluzione.
Il 3 settembre 1920 entrò come postulante a Kain-le-Tournai, in Belgio. Vestì l’abito religioso il 9 marzo 1921, cambiando nome in suor Maria di Betania. Emise la professione temporanea il 19 marzo 1923 e quella perpetua il 30 settembre 1929, nella comunità di Garden City al Cairo. Dal 1923 al 1931 fu insegnante e organista nel convento della Madre di Dio a Gezira, nel centro del Cairo.

Tempo di prove fisiche e morali
La deviazione della colonna vertebrale, a partire dall’aprile 1931, divenne una scoliosi così grave da costringerla su di una poltrona in infermeria, allontanandola quindi dai suoi impegni scolastici e comunitari. Poco dopo, venne mandata a Parigi: nei diciotto mesi seguenti subì trattamenti sanitari molto dolorosi.
Le fu applicato un busto ortopedico in celluloide, che le causava dolori meno forti di quelli alla schiena, ma che ugualmente le dava fastidio al più piccolo movimento dell’anca. Eppure, con umorismo, lo chiamava «il mio carapace».
Alle sofferenze fisiche si univano quelle morali, dovute all’inazione cui era costretta: ne danno prova alcune delle poesie che compose in quel periodo. I dolori interiori e corporei si rinnovarono anche nel tempo che trascorse a Kain, dal luglio 1932, terminate le cure a Parigi.

Suor Maria diventa madre assistente
Nell’autunno 1933 suor Maria tornò in Egitto e fu incaricata di seguire le alunne della terza divisione del pensionato di Alessandria. Lì trascorse il resto dei suoi giorni, cercando di restare fedele nell’osservanza della Regola e di formare Gesù in sè, così da trasmetterlo alle ragazze.
Nel 1935 venne nominata madre assistente, ossia vice della superiora. Le alunne che le erano affidate restavano meravigliate di come lei sembrasse intuire i segreti dei loro cuori, suggerendo loro di chiedere perdono delle proprie mancanze attraverso la Confessione.

Alcuni lati del suo carattere
Suor Maria, al di là dei patimenti che affrontava, appariva serena e sorridente; anzi, durante le ricreazioni, spesso rideva fino alle lacrime, pur rimanendo composta. Durante la guerra, non l’impaurivano i bombardamenti, ma saltava di spavento appena vedeva uno scarafaggio, come accadeva di frequente nei rifugi antiaerei; era la prima a ridere di questa paura.
Anche di fronte alle calunnie, che pure non mancarono, si manteneva serena, anche se era portata a risentirsi per una parola o un gesto sgarbato: si rendeva conto per prima della propria miseria e ne chiedeva perdono.

Note intime scritte tra un impegno e l’altro
Suor Maria non ebbe mai un direttore spirituale fisso, ma chiedeva consiglio ai vari sacerdoti che si avvicendavano nel pensionato. Nel 1939 conobbe un francescano, a cui, però, non riusciva ad aprirsi nel confessionale.
Il religioso, allora, l’invitò a scrivere, giorno per giorno, quello che sentiva nell’anima. Così, tra un impegno e l’altro, anche se veniva interrotta, annotò le grazie ricevute e le debolezze provate, riflessioni più o meno brevi, preghiere e poesie. Spesso meditava sulla liturgia del giorno, ma molto più frequentemente appuntava quello che continuava a sentire interiormente, convinta che fosse Gesù stesso a parlarle.

Madre Maria e l’Opera dell’Amore Infinito
Soprattutto, cominciò a riflettere sul legame tra la Vergine Maria e il sacerdozio. In questo si sentiva aiutata dall’essere diventata membro nel 1935, anno in cui compì un pellegrinaggio a Nazareth, dell’Opera dell’Amore Infinito. Partecipava ogni mese agli incontri dei Fedeli Amici (oggi Amici e Amiche) di Betania del Sacro Cuore, ramo dell’Opera per i laici e le religiose.
Nel 1938 intraprese la lettura degli scritti di madre Luisa Margherita Claret de la Touche, visitandina esule in Italia, morta nel 1915 (Venerabile dal 2007), che sentiva di aver ricevuto la missione di far conoscere ai sacerdoti l’Amore Infinito effuso dal Cuore di Gesù, fondando appunto quell’Opera. L’8 dicembre dello stesso anno, madre Maria emise l’Atto di donazione all’Amore Infinito.
A sua volta, scrisse una breve opera, «Regina Cleri», pubblicata nel 1945. In essa, madre Maria sosteneva che, se la Madonna è madre di tutti, lo è particolarmente dei sacerdoti. S’interrogava, ad esempio, così: «“Ecco tuo figlio”, dice Gesù a sua Madre a ogni Messa che si celebra, designando in lui il sacerdote che consacra e che continua il sacrificio del Calvario. Maria trova veramente in ciascuno di essi i tratti del suo Figlio divino?». Per quanto la riguardava, viveva atti d’amore e piccoli sacrifici in riparazione per i sacerdoti, offrendosi come vittima.

Presagi dell’incontro finale
A partire dal 1943, madre Maria cominciò a sentire che la morte era vicina. Non la considerava tanto come la fine delle sue sofferenze, ma come l’incontro finale con Gesù: «Un giorno, presto, verrà lo Sposo», scrisse in un ritiro dell’agosto 1945.
Il pensiero della morte si faceva ogni giorno più vicino, finché, il 23 marzo, scrisse: «Gesù, io credo che la misericordia sia l’amore che si china verso la miseria... Tu ti sei chinato verso di me perché Tu sei misericordia e io sono misera. Tu mi hai scelta perché la tua opera è un’opera di misericordia e tu la devi esercitare sulla miseria. Eccomi: compi la tua opera; io credo al tuo amore».
Il mese seguente cominciò a sentirsi particolarmente debole. Poco dopo, chiese al direttore spirituale il permesso di distruggere tutti i suoi scritti personali, per prepararsi allo spogliamento finale. Nonostante tutte quelle fatiche, madre Maria dovette partire per Parigi, a causa dell’elezione della nuova superiora generale. Poco prima di partire, comprese che il Signore non l’aveva ingannata, chiamandola a essere vittima sacerdotale.

La diagnosi di tumore
Madre Maria partì dal Cairo in aeroplano il 4 agosto 1945 e tornò il 15 settembre con la nuova superiora generale. Il 5 ottobre chiese il permesso di mettersi a letto, perché non riusciva più a sopportare nulla: il suo sguardo valeva più di tante parole. L’indomani, il medico dell’istituto la visitò, obbligandola al riposo assoluto, ma tenendo per sé la diagnosi.
La domenica seguente, madre Maria cercò di alzarsi per andare a Messa, ma non poté reggersi in piedi. Il 9 ottobre, la diagnosi le fu rivelata, sottovoce, dalla superiora: aveva un tumore, in fase troppo avanzata per essere operato. Lei reagì gettandole le braccia al collo, baciandola e ringraziandola, quindi le chiese di poter recitare con lei il Magnificat.

La morte
Il 16 ottobre, per sua espressa richiesta, madre Maria ricevette l’Unzione degli Infermi, raggiante di gioia. Chiese perdono a tutta la comunità, radunata attorno al suo letto, e rispose distintamente alle preghiere.
Poco prima, aveva dichiarato alla superiora: «Se non si preme la croce sulle spalle, non si può sentire il balsamo delle spine», e a una compagna: «Meditare sulla croce è bellissimo, ma essere sulla croce è molto meglio».
Il 22 ottobre il suo spirito fu gettato in una profonda desolazione. L’indomani ricevette la Comunione, quindi cadde in uno stato semi-comatoso. Nei tre giorni seguenti sperimentò una forte agonia, che si rifletteva sul suo viso.
Il 26 ottobre, alle 19, fu vista piangere e, per tre volte, il suo viso ebbe violente contrazioni. Dopo che fu spirata, riprese la sua tipica espressione serena, tanto che sembrava essersi addormentata. Aveva quarantaquattro anni.

La fama di santità in vita e dopo la morte
Già in vita, e ancora di più dopo la morte, madre Maria di Betania era considerata una religiosa perfetta, molto devota, precisa in ogni azione, amabile e serena, di grande semplicità e pronta a prestare il suo aiuto dovunque fosse necessario.
Nel 1948 uscì un libro anonimo, «Madre Maria di Betania come l’ho conosciuta», al quale si affiancò la prima biografia scritta dal padre domenicano Gaston Zananiri. Nel 1950, invece, padre Héris studiò i suoi scritti.

La causa di beatificazione e canonizzazione
Il 12 luglio 1957, nella chiesa del collegio della Madre di Dio di Alessandria, fu aperto il processo informativo, che comprese interrogatori anche al Cairo e a Parigi e si concluse nel 1961. Il transunto del processo informativo, cioè la copia conforme all’originale, venne inviato nel 1962 a Roma, ma da allora rimase giacente nell’archivio della Congregazione delle Cause dei Santi.
Solo nel 2019, a causa di una concatenazione di circostanze positive e favorevoli, la documentazione della causa fu ripresa, anche alla luce d’indizi dai quali la sua fama di santità appariva viva e il suo messaggio attuale. L’inchiesta suppletiva si svolse quindi dal 12 giugno 2022 al 28 marzo 2025 presso il Vicariato Apostolico di Alessandria d'Egitto.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2025-03-24

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