Considerazioni generali
La “sacra famiglia” è quella famiglia nella quale è nato e cresciuto Gesù. È costituita dallo stesso Gesù, da Maria, sua Madre e da Giuseppe, suo padre putativo. Le origini della festa liturgica risalgono al XVII sec. Nel 1895, Leone XIII fissò la celebrazione alla terza domenica dopo Epifania; Benedetto XV, nel 1921, la collocò all’interno dell’ottava dell’Epifania; e attualmente, la riforma liturgica del 1968, l’ha fissata alla domenica dopo Natale. Nei tempi recenti è invalsa anche l’uso di chiamarla semplicemente “Famiglia di Nazaret”, dal momento che, dopo il periodo betlamita e le relative vicissitudini, si è stabilizzata nel luogo d’origine, fino all’inizio della vita pubblica di Gesù.
La “sacra famiglia”, come il nome stesso lascia intendere, è “santa” e “unica” a un tempo. “Santa”, perché ogni suo componente è santo: il Bambino è Santo per natura; la Madre è santa per privilegio; e Giuseppe è giusto per grazia. La santità dell’insieme familiare è data dalla somma della santità ineguale di ogni singolo componente.
“Unica”, perché a livello storico non c’è stata altra famiglia simile né ce ne sarà mai l’eguale. E questo per il semplice fatto che ogni membro della stessa famiglia, in quanto persona, è non solo unico e irripetibile, ma anche esclusivo in quanto la predestinazione assoluta di Cristo e di Maria è unica e sola, e la santità di Giuseppe è dichiarata ufficialmente da Dio.
Prima del trasferimento a Betlemme
Alla luce dei tratti evangelici della Vergine (Lc 1, 26-27), piace interpretare anche la definizione di Giuseppe: “uomo giusto” (Mt 1, 16-25). Per analogia all’annunciazione lucana, si può parlare anche di un’annunciazione giuseppina di Matteo, svolgentesi in due parti: una, anteriore alle spiegazioni angeliche, costituita dai segni della maternità di Maria, di fronte alla quale Giuseppe tace pensa e decide di lasciarla in segreto; l’altra, invece, è il chiarimento angelico che assicura sul fatto meraviglioso che si sta compiendo in Maria per opera dello Spirito Santo, cui fa seguito l’immediata risposta di “prendere con sé la sua Sposa”. Maria si rifugia nel silenzio e “costringe” Giuseppe a progettare la mossa del libello di ripudio (Mt 1, 16-25), perché non poteva credere ai suoi occhi: Maria è incita!
Certamente il matrimonio tra Giuseppe e Maria è un matrimonio sui generis. Tutto si svolge lontano da ogni ingerenza umana: Maria rispetta il volere di Dio, e Giuseppe il silenzio di Maria. Nella delicata e soffusa luce di questo mistico connubio, emerge tutta la delicata fortezza di fede di Giuseppe, che accetta con amore serenità e gioia il mistero che si sta compiendo nella sua Sposa, per custodirlo con amore e fedeltà.
Per analogia, come a Giuseppe fu chiesto di “non temere di prendere Maria come sposa”, così anche Maria fu assicurata di non temere di prendere Giuseppe come sposo. In questo modo, commenta il Cantore dell’Immacolata, rivolgendosi a Maria: “lo Spirito ti dona Giuseppe come custode e testimone della tua verginità, perché come te è impegnato nel voto di continenza” (Reportata Parisiensia, IV d. 30, q. 2, n. 5).
Certo, il matrimonio tra Giuseppe e Maria ha del singolare. Ci si potrebbe chiedere: è valido un matrimonio in cui uno dei coniugi fa voto assoluto di castità? Tale sembra la decisione di Maria: “non conosco uomo” (Lc 1, 34).
La questione è di natura sia teologica sia giuridica: l’una perché implica l’azione dello Spirito Santo che pone Maria in una condizione privilegiata di verginità assoluta; e l’altra perché comporta dei chiarimenti circa un matrimonio valido, rato ma non consumato.
Le ipotesi e conclusioni storiche si possono ridurre a tre: 1) chi accetta la validità del matrimonio e rende il voto “condizionato”: se piace a Dio; 2) chi accentua il voto e ridimensiona il consenso matrimoniale, considerandolo come una relazione amicale; 3) chi riesce a conciliare le due tesi, della validità del matrimonio e del voto assoluto di Maria, ricorrendo alla distinzione tra il “diritto sui corpi” e il “loro uso nel matrimonio, se venga richiesto”. La terza è del Cantore dell’Immacolata.
Al di là delle singole interpretazioni, che sottendono sempre e comunque il mistero, sembra utile riflettere alquanto sulla decisione di Giuseppe di sposare Maria, pur essendo incinta. La decisione è provvidenziale, perché secondo le leggi dell’epoca non solo Maria non avrebbe avuto vita facile, in quanto rischiava la “lapidazione”; mentre il Figlio non avrebbe potuto svolgere con serenità e dignità il suo ministero di portare la buona novella agli uomini.
L’esperienza betlamita
A causa del passaggio della Giudea da Regno tributario al rango di Provincia imperiale, fu necessario effettuare un censimento di origine della popolazione, allo scopo di determinare una delle imposte più importanti: il “testatico” che, come suggerisce la parola, si doveva pagare a testa; e in genere era imposta al capofamiglia. In forza di questo editto, Giuseppe e Maria dovettero recarsi a Betlemme, in quanto discendenti di Davide, per farsi registrare nel paese di origine.
Con una delle tante carovane, partirono alla volta di Betlemme, attraversando strade non ancora completamente tracciate. Dopo tre giorni, per percorrere circa 130 Km, arrivarono a destinazione. Certamente, per Maria, incita al nono mese, il viaggio dovette essere più spossante e disagevole. Il piccolo villaggio, certamente rigurgitava di gente, che si era alloggiata un po’ dappertutto a cominciare dal caravanserraglio, che era l’albergo!
Giuseppe e Maria, invece, trovarono posto poco fuori il paese dov’erano delle grotte e delle stalle. E qui, in una delle tante grotte venne al mondo il Bambino Gesù. A darne il lieto annuncio, un coro angelico che nella rigida notte stellata cantava: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che e gli ama” (Lc 2, 14).
Intorno al nato Bambino subito, si avvicendarono ben presto tre classi di persone, come immagine rappresentativa della società del mondo, che con il loro caratteristico comportamento misero in evidenza il futuro valore del “segno contraddittorio” (Mt 2, 12) dello stesso Bambino.
All’aurora della notte d’amore, i primi ad accorrere al divino evento furono i pastori, espressione della parte più bassa e degradata della società dell’epoca, che non godeva diritti; poi, è la volta dei magi, come scelta delegazione ufficiale dell’alto ceto sociale e scientifico del mondo, che, nel possesso autentico della sapienza umana, accetta il mistero e manifesta rispetto verso di esso; infine, compare l’espressione della politica con la brutale e inutile strage (Mt 2, 16-18), che per l’ingordigia del potere calpesta tutto i tutti…
E così, Giuseppe e Maria con il Bambino dovettero prendere la via dell’esilio nella terra d’Egitto. Altra esperienza dura e amara per la giovane famiglia. Finalmente arrivò, in sogno, la notizia della morte di Erode (Mt 2, 19), e così la sacra famiglia poté tornare nel proprio paese, a Nazaret, e dimorarvi tranquillamente e vivere del proprio lavoro semplice e umile di Giuseppe.
L’esperienza di Nazaret
Con una lettura retrospettiva, nell'infanzia di Gesù già appaiono evidenti i segni della vita futura di Gesù. Maria e Giuseppe conducono Gesù a Gerusalemme per partecipare ad uno dei tre pellegrinaggi annuali (Pasqua, Pentecoste e festa delle Capanne) prescritti dalla Legge (Dt 16,16). Durante i sette giorni legali di festa, la gente partecipava al culto ed ascoltava i Rabbì che discutevano sotto il portico del Tempio. “Il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme”: il luogo in cui “tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell'uomo si compirà” (Lc 18, 21), il luogo della “sua dipartita” (Lc 9,31.51; 24,18) e delle apparizioni del risorto (Lc 24,33.36-49).
I genitori “si misero a cercarlo” con ansia e affanno (Lc 2, 44ss). Come è possibile perdere un figlio, non accorgersi che Gesù non è nella carovana? “Dopo tre giorni” termina la “passione” e ritrovano Gesù nel Tempio, tra i dottori, insegnando, tra lo stupore generale. Cominciano a svelarsi le caratteristiche della sua missione che trovano il loro compendio nelle prime parole pronunciate da Gesù nel vangelo di Luca: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” Ma chi è il padre suo? Perché cercarlo?
È lo stesso padre delle ultime parole di Gesù sulla croce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46); e nell'ascensione al cielo: “E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso” (Lc 24, 49).
Gesù “tornò a Nazaret e stava loro sottomesso” e “Maria serbava tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 3, 51).
L'atteggiamento di Maria esprime lo sviluppo della fede di una persona che cresce e progredisce nell'intelligenza del mistero. Gesù rivela che l'obbedienza a Dio è la condizione essenziale per realizzarsi nella vita, per un cammino di condivisione nella famiglia e nelle comunità. E come dell’occupazione quotidiana di ogni lavoratore umano non si conserva traccia negli annali della grande storia, così è avvenuto anche per quella di Gesù, che rimase insieme alla sua famiglia fino all’inizio della vita pubblica.
Dalla sacra Famiglia alla famiglia
Certamente, il passaggio dalla “sacra Famiglia” alla famiglia umana è molto delicato e complesso. La prima funge da esemplare per ogni famiglia che voglia ispirarsi all’autentico disegno di Dio. Esemplarità che conviene ai Personaggi singolarmente: a Cristo, come autore della Vita e dell’Amore, a Maria come prima discepola e a Giuseppe come primo seguace di Maria.
La famiglia, in sé, costituisce il nucleo vitale della società e della comunità ecclesiale. Tutto dipende, però, dalla fede nella sacramentalità del matrimonio che gli sposi devono riconoscere accettare amare e restarne fedeli. Oggi, sembra, che proprio questa caratteristica specifica sia in crisi, onde una nuova evangelizzazione per aiutare il popolo di Dio a tale recupero. Sarebbe auspicabile che gli sposi avessero sempre chiaro nella loro scelta d’amore il bel pensiero del concilio Vaticano II: “la famiglia è il luogo dove le diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa e ad armonizzare i diritti della persona con le altre esigenze della vita sociale…” (GS 52). Per raggiungere questo nobile obiettivo spirituale di natura cristocentrica, il Concilio continua: “i coniugi… siano uniti da un uguale mutuo affetto, dallo stesso modo di sentire, da comune santità, così che, seguendo Cristo principio di vita nelle gioie e nei sacrifici della loro vocazione, attraverso il loro amore fedele possano diventare testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con la sua morte e la sua risurrezione” (Ivi).
Questo, un lembo del mistero della sacra Famiglia.
Autore: P. Giovanni Lauriola ofm
La festa della Sacra Famiglia nella liturgia cattolica, nel secolo XVII veniva celebrata localmente; papa Leone XIII nel 1895, la fissò alla terza domenica dopo l’Epifania “omnibus potentibus”, ma fu papa Benedetto XV che nel 1921 la estese a tutta la Chiesa, fissandola alla domenica compresa nell’ottava dell’Epifania; papa Giovanni XXIII la spostò alla prima domenica dopo l’Epifania; attualmente è celebrata nella domenica dopo il Natale o, in alternativa, il 30 dicembre negli anni in cui il Natale cade di domenica.
La celebrazione fu istituita per dare un esempio e un impulso all’istituzione della famiglia, cardine del vivere sociale e cristiano, prendendo a riferimento i tre personaggi che la componevano, figure eccezionali sì ma con tutte le caratteristiche di ogni essere umano e con le problematiche di ogni famiglia.
Innanzitutto le tre persone che la componevano: Maria la prescelta fra tutte le creature a diventare la corredentrice dell’umanità, che presuppose comunque il suo assenso con l’Annunciazione dell’arcangelo Gabriele.
Seguì il suo sposalizio con il giusto Giuseppe, secondo i disegni di Dio e secondo la legge ebraica; e conservando la sua verginità, avvertì i segni della gravidanza con la Visitazione a s. Elisabetta, fino a divenire con la maternità, la madre del Figlio di Dio e madre di tutti gli uomini.
E a lei toccò allevare il Divino Bambino con tutte le premure di una madre normale, ma con nel cuore la grande responsabilità per il compito affidatale da Dio e la pena per quanto le aveva profetizzato il vecchio Simeone durante la presentazione al Tempio: una spada ti trafiggerà il cuore.
Infine prima della vita pubblica di Gesù, la troviamo citata nei Vamgeli, che richiama Gesù ormai dodicenne, che si era fermato nel Tempio con i dottori, mentre lei e Giuseppe lo cercavano angosciati da tre giorni.
Giuseppe è l’altro componente della famiglia di Gesù, di lui non si sa molto; i Vangeli raccontano il fidanzamento con Maria, l’avviso dell’angelo per la futura maternità voluta da Dio, con l’invito a non ripudiarla, il matrimonio con lei, il suo trasferirsi con Maria a Betlemme per il censimento, gli episodi connessi alla nascita di Gesù, in cui Giuseppe fu sempre presente.
Fu sempre lui ad essere avvisato in sogno da un angelo, dopo l’adorazione dei Magi, di mettere in salvo il Bambino dalla persecuzione scatenata da Erode il Grande e Giuseppe proteggendo la sua famiglia, li condusse in Egitto al sicuro.
Dopo la morte dello scellerato re, ritornò in Galilea stabilendosi a Nazareth; ancora adempì alla legge ebraica portando Gesù al Tempio per la circoncisione, offrendo per la presentazione alcune tortore e colombe.
La tradizione lo dice falegname, ma il Vangelo lo designa come artigiano; viene ancora menzionato nei testi sacri, che conduce Gesù e Maria a Gerusalemme, e qui con grande apprensione smarrisce Gesù, che aveva dodici anni, ritrovandolo dopo tre giorni che discuteva con i dottori nel Tempio; ritornati a Nazareth, come dice il Vangelo, il Bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza e la grazia di Dio era sopra di lui.
Di lui non si sa altro, nemmeno della sua morte, avvenuta probabilmente prima della vita pubblica di Gesù, cioè prima dei 30 anni.
La terza persona della famiglia è Gesù; con la sua presenza essa diventa la Sacra Famiglia; anche della sua infanzia non si sa praticamente niente; Egli, il Figlio di Dio, vive nel nascondimento della sua famiglia terrena, ubbidiente a sua madre ed a suo padre, collaborando da grandicello nella bottega di Giuseppe, meraviglioso esempio di umiltà.
Certamente assisté il padre putativo nella sua vecchiaia e morte, come tutti i buoni figli fanno, ubbidientissimo alla madre, ormai vedova, fino ad operare per sua richiesta, il suo primo miracolo pubblico alle nozze di Cana.
Non sappiamo quanti anni trascorsero con la Sacra Famiglia ridotta senza Giuseppe, il quale, se non fu presente negli anni della vita pubblica di Cristo, né alla sua Passione e morte e negli eventi successivi, la sua figura nella Cristianità, si diffuse in un culto sempre più crescente, in Oriente fin dal V secolo, mentre in Occidente lo fu dal Medioevo, sviluppandosi specie nell’Ottocento; è invocato per avere una buona morte, il nome Giuseppe è tra i più usati nella Cristianità.
Pio IX nel 1870 lo proclamò patrono di tutta la Chiesa; nel 1955 Pio XII istituì al 1° maggio la festa di s. Giuseppe artigiano; dal 1962 il suo nome è inserito nel canone della Messa.
La Sacra Famiglia è stato sempre un soggetto molto ispirato nella fantasia degli artisti, i maggiori pittori di tutti i secoli hanno voluto raffigurarla nelle sue varie espressioni della Natività, Adorazione dei Magi, Fuga in Egitto, nella bottega da artigiano (falegname), ecc.
Il tema iconografico ha largamente ispirato gli artisti del Rinascimento, esso è composto in genere da Maria, Giuseppe e il Bambino oppure da Sant’Anna, la Vergine e il Bambino. Le più note rappresentazioni sono quella di Masaccio con s. Anna e quella di Michelangelo con s. Giuseppe, più conosciuta come Tondo Doni. È da ricordare in campo scultoreo e architettonico la “Sagrada Familia” di Antonio Gaudì a Barcellona.
Numerose Congregazioni religiose sia maschili che femminili, sono intitolate alla Sacra Famiglia, in buona parte fondate nei secoli XIX e XX; come le “Suore della Sacra Famiglia”, fondate a Bordeaux nel 1820 dall’abate P.B.Noailles, dette anche ‘Suore di Loreto’; le “Suore della Sacra Famiglia di Nazareth” fondate nel 1875 a Roma, dalla polacca Siedliska; le “Piccole Suore della Sacra Famiglia” fondate nel 1892, dal beato Nascimbeni a Castelletto di Brenzone (Verona); i “Preti e fratelli della Sacra Famiglia” fondati nel 1856 a Martinengo, dalla beata Paola Elisabetta Cerioli; i “Figli della Sacra Famiglia” fondati nel 1864 in Spagna da José Mananet e tante altre.
Autore: Antonio Borrelli
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