Monsagrati, Lucca, 1218 - Lucca, 27 aprile 1278
Nacque da una famiglia molto umile. A 12 anni dovette andare come domestica presso la nobile casa dei Fatinelli, a Lucca. Attenta e puntigliosa nell'attività lavorativa, sopportava angherie e rimproveri dei padroni, che la trattavano come una «serva». Inoltre, spesso doveva coprire con il suo impegno le manchevolezze degli altri domestici. La sua gentilezza d'animo finì per conquistare l'affetto della famiglia che le affidò la direzione della casa. Ne approfittò per aiutare le persone più povere senza mai sottrarre nulla agli altri. Metteva da parte quanto riusciva a risparmiare per soccorrere le persone bisognose. Morì il 27 aprile 1272. La sua fama si diffuse in breve tempo, tanto che i cittadini di Lucca chiesero che venisse sepolta nella Basilica di San Frediano dov'è tuttora custodita. Il suo culto fu approvato nel 1696 da Papa Innocenzo XII. Venne proclamata patrona delle domestiche da Pio XII.
Patronato: Casalinghe, Serve, Fornai
Etimologia: Zita = (forse) vergine, dal persiano
Emblema: Chiavi, Giglio
Martirologio Romano: A Lucca, santa Zita, vergine, che, di umili natali, fu per dodici anni domestica in casa della famiglia Fatinelli e in questo servizio perseverò con straordinaria pazienza fino alla morte.
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Santa Zita di Lucca (1218-1278) fu un’umile domestica che per tutta la vita rimase fedele al proprio lavoro e all’impegno di carità. Originaria di Monsagrati, a dodici anni andò a servizio presso la famiglia lucchese dei Fatinelli, agiati mercanti di seta, dove si fece subito apprezzare per dedizione e generosità. Anche troppa per i gusti del padrone di casa, che un giorno la sorprese a uscire col grembiule colmo. Erano i pani che avrebbe distribuito ai poveri. Zita, infatti, metteva ogni giorno da parte il cibo avanzato per darlo a chi aveva fame. Temendo d’essere redarguita, la donna disse che portava in grembo solo fiori e fronde. La leggenda vuole che quando il camice si aprì ne uscirono ramoscelli e boccioli. Ancora oggi in aprile si tiene a Lucca una fiera floreale a ricordo del miracolo dei pani trasformati in fiori.
La fama di bontà si diffuse rapidamente e già in vita Zita era considerata una santa. Quando si spense accorse tanta folla che si dovette portar via di nascosto la salma, posta in una cappella della basilica di San Frediano, dov’è ancora visibile in una teca di vetro. La sua popolarità fin dal XIII secolo è testimoniata anche da Dante Alighieri, che la cita nella Divina Commedia, definendo un magistrato lucchese «anzian di santa Zita». Don Guanella, a sua volta santo, a fine Ottocento le dedicò l’opera a favore delle giovani domestiche. Nei Ricordini di santa Zita scrisse dei pensieri come se parlasse lei stessa: «Considera che sei un vaso fragile nel corpo, soggetto a molte infermità. Orbene, se il tuo malessere fisico reca i sintomi di malattia considerevole, abbiti compassione con prestarti sollecita cura». Un consiglio utilissimo in tempi pandemici.
Autore: Enzo Romeo
Santa Zita nacque nel 1218 da una povera famiglia di Monsagrati, in diocesi di Lucca. Dall’età di appena dodici anni fu al servizio della nobile famiglia dei Fatinelli a Lucca. Sempre contraddistinta da un forte senso del dovere, gioiosa ed umile di carattere, visse ammirevolmente gli ideali e le virtù evangeliche, assorta nell’assidua contemplazione dei divini misteri. Seppe ben coniugare la sua austerità di vita con una carità sempre vigile verso il prossimo più indigente. Una leggenda narra come un'altra domestica dei Fatinelli, invidiosa dell'affetto ricevuto da Zita, avrebbe iniziato ad insinuare nella mente del capo famiglia il sospetto che ella rubasse in casa quanto donava ai poveri; un giorno il padrone, incontrando Zita con il grembiule gonfio mentre si recava da una famiglia bisognosa, le avrebbe chiesto cosa portasse; nonostante questo fosse pieno di pane, Zita rispose che portava solo fiori e fronde, che caddero infatti sciogliendo il grembiule. Nel 1278 morì raggiungendo così lo Sposo celeste.
I lucchesi vollero che le sue spoglie trovassero degna sepoltura nella basilica di San Frediano. Zita era già così venerata in Toscana da essere citata da Dante Alighieri nella Divina Commedia poco dopo la morte, facendo riferimento ad un magistrato di Lucca detto “anzian di santa Zita”, identificando così Lucca con la donna che ancora non era stata canonizzata dalla Chiesa. Papa Innocenzo XII nel 1695 ne ratificò e confermò il culto. Il Venerabile Pio XII nel 1955 dichiarò solennemente “la vergine Santa Zita Patrona presso Dio delle domestiche e di tutte le donne addette alla cura della casa”. La santa è titolare della congregazione femminile delle Suore Oblate dello Spirito Santo, detta anche Istituto di Santa Zita.
Oltre all'Arcidiocesi di Lucca, anche la Diocesi di Massa Carrara - Pontremoli commemora al 27 aprile questa santa in quanto suo padre è considerato dalla tradizione originario del Borgo di Succisa, nel comune di Pontremoli, dove ancora esiste una piccola cappella eretta in suo onore.
Autore: Fabio Arduino
Patrona di Lucca e protettrice di camerieri, cuochi e cuoche, inservienti, fornai, casalinghe, domestiche e guardarobiere, Santa Zita nasce a Monsagrati (Lucca) nel 1218, in una famiglia di contadini poveri e religiosi. Cresce in una casa densa di buoni esempi, aiuta i genitori in campagna, si accontenta di quello che la natura offre anche se a stento riesce a sfamarsi. Ha dodici anni ed è analfabeta quando, per non essere di peso alla famiglia, va a Lucca a lavorare come domestica per la famiglia del nobile Fatinelli. Zita è una ragazza umile e caritatevole.
Lavora con gioia, prega ma non chiede nulla per se stessa. Quando si reca a piedi in pellegrinaggio presso i santuari chiede al Cielo di aiutare i poveri. La giovane vive parsimoniosamente: quel poco che riesce a racimolare con il suo faticosissimo lavoro lo regala agli indigenti. Durante ogni frugale pasto cerca di avanzare il pane per gli affamati. I padroni la trattano con severità e gli altri domestici la disprezzano, ma Zita risponde alle cattive azioni con il perdono.
Alla santa vengono attribuiti molti miracoli. Tra i più noti la conversione di pezzi di pane in rose. Un giorno, il nobile Fatinelli chiede a Zita – su suggerimento di una domestica invidiosa – cosa porta nascosto nel grembiule. Non volendo mentire, Zita descrive in questo modo la carità che intende fare e risponde: «Rose». Quando il padrone le ordina di aprire il grembiule, invece di pezzi di pane, cadono rose profumate. Si narra anche di moltiplicazione del cibo e di trasformazione dell’acqua in vino. Per tutta la vita rimane come domestica presso la famiglia Fatinelli che con il tempo riconosce le qualità e la bontà di Zita.
Alla sua morte, avvenuta a Monsagrati nel 1278, i Fatinelli fanno scrivere la storia della sua vita e dei suoi cento miracoli e costruiscono una cappella in suo onore, nella chiesa cittadina di San Frediano, dove il suo corpo è visitabile tuttora. La devozione popolare diventa subito eccezionale. Santa Zita è così famosa da essere citata nella Divina Commedia da Dante Alighieri (1265-1321). A lei è intitolata la Congregazione delle Suore Oblate dello Spirito Santo. Lucca la ricorda ogni anno il 27 aprile con una grande festa e una fiera di piante e fiori. Santa Zita viene invocata contro la perdita della memoria e per ritrovare le chiavi di casa.
Autore: Mariella Lentini
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