Appartenente ad una nobile famiglia originaria della Germania. Rimasto ben presto orfano di entrambi genitori, Ubaldo fu allevato da un omonimo zio che curò la sua educazione religiosa e l’intellettuale. Ordinato sacerdote nel 1114, qualche anno più tardi Ubaldo veniva eletto priore della sua canonica, di cui riformò la disciplina e il costume. La fama del suo nome e delle sue virtù si era diffusa al di fuori della sua città, tanto che Perugia nel 1126 lo acclamò suo vescovo. Ubaldo però, schivo di tanto onore, si recò subito a Roma per chiedere al Papa Onorio II di essere esonerato da tale incarico, ottenendone grazia. Il vescovo Ubaldo governò la diocesi di Gubbio per 31 anni, durante i quali superò felicemente avversità ed ostacoli, riuscendo a piegare con la dolcezza i suoi nemici e ad ammansire gli avversari con la mitezza d’animo.
Etimologia: Ubaldo = spirito ardito, dal tedesco
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Gubbio in Umbria, sant’Ubaldo, vescovo, che si adoperò per il rinnovamento della vita comunitaria del clero.
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Ubaldo nasce nel 1084 circa a Gubbio (Perugia), una delle città-Stato più potenti dell’Umbria. La sua famiglia (i Baldassini) è aristocratica. Rimasto orfano, invece di sposarsi rinuncia alle sue ricchezze e sceglie il sacerdozio. Canonico della Cattedrale di Gubbio, dopo un rovinoso incendio che la distrugge, la fa ricostruire. Per le sue grandi qualità è amato da tutti i cittadini di Perugia che lo vorrebbero come loro vescovo. Incarico a cui Ubaldo per umiltà rinuncia, nonostante sia lo stesso papa Onorio II a chiederlo. È costretto, però, ad ubbidire al papa quando viene nominato vescovo di Gubbio.
Come vescovo si contraddistingue per la sua modestia poiché evita cerimonie e paramenti costosi. Sempre dalla parte dei più deboli, il futuro santo umbro porta la pace tra le fazioni cittadine dilaniate da feroci faide. In un’occasione non esita a buttarsi in mezzo a una rissa furibonda, mettendo a repentaglio la propria vita. Lo ritrovano riverso a terra, tramortito. I cittadini di Gubbio temono per la vita del loro amato vescovo e, quando Ubaldo rinviene senza un graffio, gli animi si placano. Nel 1155 affronta, con coraggio, l’imperatore Federico Barbarossa che ha già raso al suolo Spoleto e avanza minaccioso verso Gubbio. Ubaldo gli parla e lo convince a risparmiare la città.
Tra i tanti miracoli compiuti c’è la guarigione di una bimba sordomuta e di un cieco. Muore a Gubbio nel 1160 lasciando tutti i suoi averi ai poveri. Riposa nella basilica a lui intitolata, sulla cima del Monte Ingino (Gubbio), da cui si può ammirare una suggestiva panoramica della città umbra e della valle che la circonda. A Gubbio, di cui è patrono, ogni anno, a maggio, si svolge la famosissima “corsa dei ceri” (tre enormi strutture di legno portate a spalla).
Si narra che alla morte di Ubaldo un suo fedele servitore abbia preso il suo bastone e il suo anello poiché gli erano stati promessi. All’anello, però, rimane attaccato il dito pollice del vescovo. Il servitore nasconde l’anello con il dito nel bastone e si dirige verso il suo Paese, in Alsazia (Francia). Un giorno, si ritrova in un bosco dove si addormenta. Al suo risveglio, il bastone con l’anello che ha piantato per terra non si sfila più, come se avesse messo le radici. In quel luogo viene costruita la maestosa Cattedrale gotica Saint Thiébaut e tutto intorno nasce la fiorente città di Thann, rinomata per i suoi vigneti.
Autore: Mariella Lentini
Davvero non gli piacciono, questi canonici della cattedrale di San Mariano, in Gubbio: preghiera poca, penitenza meno ancora. Lo ospitano mentre pensa al sacerdozio, ma lì tira un’aria che può guastargli la vocazione. Così Ubaldo ritorna alla collegiata di San Secondo, dov’è stato già da ragazzo per i primi studi. (Nato in una famiglia di origine tedesca, ha perduto i genitori da bambino, e uno zio si è preso cura di lui). Per un breve periodo ha studiato a Fano, e poi è tornato stabilmente a Gubbio, che all’epoca è una città-stato tra le più potenti dell’Umbria.
Nella collegiata di San Secondolo scopre Giovanni da Lodi, già monaco per quarant’anni a Fonte Avellana (Marche), poi vescovo di Gubbio per un anno solo, l’ultimo della sua vita. Prende Ubaldo come collaboratore e lo rimanda proprio a San Mariano, perché metta in riga quei canonici bontemponi, anche se non è ancora prete. E lui ci riesce, col tempo e per gradi. Quei canonici, li raddrizza con le sue doti di persuasore e con la forza dell’esempio, al punto che sono poi loro a rieleggerlo priore per un decennio (e intanto è stato ordinato sacerdote). Intorno al 1125, però, un incendio distrugge molte case di Gubbio e la stessa cattedrale, sicché i canonici devono disperdersi presso altre chiese. Non c’è più comunità: scoraggiato, Ubaldo pensa di farsi eremita, ma poi torna in città, lavora a ricostruire.Un anno dopo gli arriva la sorpresa: a Perugia è morto il vescovo, e al suo posto i perugini vogliono mettere lui. Reagisce fuggendo, arriva a Roma e supplica papa Onorio II di lasciarlo semplice prete. Per quella volta il Pontefice lo accontenta. Ma quando a Gubbio muore il vescovo, non sente più ragioni e nomina lui a succedergli. Ora, altro che i canonici di SanMariano: le aspre divisioni tra le famiglie importanti accompagnano (e peggiorano) gli scontri nel clero, gli atti di indisciplina. Si arriva anche alle offese personali, fisiche, contro il vescovo. Lui risponde con la fiduciosa inalterabilità: mai impaurito, mai infuriato. E quando nelle liti cittadine si pone mano alle armi, è pronto a mettere in gioco persino la vita per fermarle.
Nel 1154 Gubbio è attaccata da una coalizione di città umbre capeggiate da Perugia, ne esce vittoriosa, e se ne dà merito alle preghiere del vescovo. Nel 1155 l’esercito di Federico Barbarossa dà fuoco a Spoleto e poi assedia Gubbio: Ubaldo corre dall’imperatore, si parlano, e l’assedio viene sciolto, la città è salva. In tutte queste crisi, Ubaldo chiama i cittadini alla preghiera, li fa sentire una cosa sola, li rassicura, evita il panico. Una strategia della fiducia che fa di lui una sorta di baluardo per la città. E in morte gli si attribuiscono profezie, miracoli, lo si proclama patrono, e già nel 1192 il papa Celestino III lo canonizza. Il corpo, dapprima sepolto in cattedrale, nel 1194 viene trasferito in una chiesa sul monte Ingino.
Ogni anno Gubbio festeggia Ubaldo con solenni riti religiosi e con una manifestazione all’aperto che unisce fede, gioia e fantasia: la notissima “corsa dei ceri”, che sono tre “macchine” di legno con i loro portatori in costume, trascorrenti nelle vie cittadine a passo di corsa, per salire poi sul monte Ingino, il luogo che custodisce i resti del patrono.
Autore: Domenico Agasso
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Aggiunto/modificato il 2023-05-08