Theleste (attuale Tunisia), ca. 462 - Ruspe (attuale Tunisia), forse 1 gennaio 527
San Fulgenzio nacque a Thelepte, oggi Nedinet-el Kedima, Tunisi, verso il 462 dalla famiglia senatoriale dei Gordiani. Da giovane ricoprì l’ufficio di procuratore. Attratto alla vita religiosa, decise di abbracciarla in seguito alla lettura del commento di sant’Agostino al salmo 36. Verso il 499 si mise in viaggio con l’intento di raggiungere i monaci della Tebaide, in Egitto. Ma, arrivato in Sicilia, fu dissuaso da alcuni amici a continuare il viaggio, a causa delle simpatie di quei monaci per l’eresia monofisita. Nel 500 era a Roma; verso il 502 venne eletto vescovo di Ruspe. Dai Vandali fu esiliato due volte in Sardegna, dove istituì dei monasteri.La sua vita monastica si ispira al pensiero e all’esempio di sant’Agostino tanto da essere chiamato «Augustinus breviatus». Per questo motivo fondò molti monasteri sia in patria che in esilio. Morì a Ruspe il 1° gennaio 527.
Etimologia: Fulgenzio = splendente, luccicante, dal latino
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Ruspe, nel territorio bizaceno, nell’odierna Tunisia, san Fulgenzio, vescovo, che, dopo essere stato procuratore di quel territorio, si fece monaco; nominato poi vescovo, patì molto sotto la persecuzione dei Vandali ad opera degli ariani e per due volte fu relegato in Sardegna dal re Trasamondo; restituito finalmente al suo popolo, lo nutrì fedelmente per i restanti anni della sua vita con la parola di verità e di grazia.
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Il territorio tra Hammamet e il golfo di Gabes (Tunisia) forma nel V secolo la provincia romana Bizacena, ricca di cereali. Qui Fulgenzio, nato da una casata illustre (il nonno era senatore), da giovane se la cava bene come amministratore di beni familiari e poi pubblici. Sua madre è cristiana, ma di lui non si sa: forse cristiano, forse pagano. Nemmeno è del tutto chiarito il suo mutamento radicale: a un tratto lo troviamo monaco. E di quelli buoni, per dottrina e impegno. Tutto è cominciato, dicono i biografi, con la lettura di commenti biblici scritti da un altro cristiano d’Africa: Agostino di Ippona, morto nel 430.
Al tempo di Fulgenzio tutta l’Africa romana è regno dei Vandali, con capitale Cartagine. Ariani i dominatori, cattolici i sudditi: la convivenza è difficile; sotto il regno di Trasamundo (496-523) non manca la persecuzione. Fulgenzio raggiunge via mare Siracusa, per proseguire verso l’Egitto. Vuole farsi eremita lì, come tanti. Ma le notizie di conflitti nella Chiesa egiziana gli fanno cambiare idea. E nell’anno 500 lo troviamo a Roma. Una città suddita, ma che vuole mostrarsi splendida al suo nuovo padrone, Teodorico il Goto. Fulgenzio è sbalordito da quello che vede: dovunque restauri e abbellimenti, costruzioni vere e finte, feste e appalti; un’appetitosa “Roma 500”, per usare il linguaggio del XX secolo.
Tornato in Africa, viene consacrato sacerdote. Re Trasamundo, che vuole l’estinzione morbida della Chiesa, proibisce di dare successori ai vescovi morti. Ma i cristiani eleggono in segreto i vescovi, e uno di essi è Fulgenzio, fatto capo della Chiesa di Ruspe (sempre in Tunisia). Trasamundo manda tutti gli eletti a soggkorno obbligato in Sardegna, che fa parte dei suoi domini. E qui, almeno, i cattolici sono lasciati in pace. Così, in un monastero di Cagliari, Fulgenzio diventa maestro di vescovi, di preti, di monaci, e consigliere e pacificatore tra i cittadini.
Diventa, nella sua umiltà, un capo, una figura che nemmeno re Trasamundo può ignorare. Difatti lo richiama a Cartagine, lascia che predichi, e anzi gli chiede pareri, lo interpella su questioni di fede. Insomma, lo stima molto. Anche se, per placare i suoi ariani duri e puri, deve rimandarlo a Cagliari. Solo alla morte del re sarà possibile a Fulgenzio tornare in patria, per fare sempre lo stesso lavoro: formare vescovi, preti e fedeli, con una sua pedagogia efficacissima che parte dall’esempio.
Preghiera, lettura e scrittura riempiono le sue giornate. Nelle sue opere espone con nitida precisione la dottrina trinitaria e cristologica, tratta i problemi della grazia e della predestinazione, polemizza con gli ariani. Muore a Ruspe, ma insegnerà anche da morto. Il Concilio Vaticano II (nel decreto sull’attività missionaria della Chiesa) farà riferimento anche al pensiero di Fulgenzio, espresso in una lettera al re Trasamundo.
Autore: Domenico Agasso
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