Uno degli ultimi figli di una famiglia numerosa dell’Alvernia, Odilone di Mercoeur nacque nel 961 o 962. La devozione, unitamente alle relazioni della famiglia, decisero i suoi genitori a consacrarlo al servizio del Signore nella collegiata di St-Julien di Brioude, di cui in seguito sarebbe divenuto canonico. S.Maiolo, peraltro, lo attirò nel monastero di Cluny verso il 990 e poi, dal maggio 993, lo scelse come abate-coadiutore, dopo avergli fatto conferire gli Ordini, scelta che nel genn. 994 fu confermata da un’elezione canonica. Odilone divenne unico abate di Cluny l’11 magg., alla morte di Maiolo, e avrebbe occupato questa carica fino alla propria morte, avvenuta a Souvigny nella notte fra il 31 dicembre e il 1° gennaio 1049.
Soltanto gli avvenimenti esterni permettono di determinare le varie tappe nella continuità di questo lungo abbaiato.
Odilone dovette, prima di tutto, far fronte alle difficoltà derivanti dai religiosi di certi monasteri dipendenti da Cluny, e dai signori che volevano spogliare l’abbazia dei suoi beni. Nel dic. 997 egli intraprese il primo dei suoi così frequenti viaggi verso Pavia e Roma, che gli procurarono l’occasione di intervenire a favore di diversi chiostri della penisola. I suoi incontri con i papi e gli imperatori sono soltanto un particolare delle sue molteplici relazioni, che spiegano l’origine delle donazioni di monasteri a lui fatte.
Dopo il primo periodo di pesante attività, Odilone conobbe, tra il 1005 e il 1013, anni più calmi, che lo condussero all’apogeo della sua grandezza.
Gli anni tra il 1014 e il 1030 dimostrarono a quale potenza fosse pervenuta Cluny. La benevolenza degli imperatori, soprattutto di Enrico II, e dal re di Francia, Roberto, nonché quella dei papi, come Benedetto VIII e Giovanni XIX, dimostrano l’ascendente di Odilone e come ciò fu favorevole alle cause da lui difese, senza peraltro allontanare le difficoltà nate dalla condotta di alcuni vescovi e di alti personaggi. Ben presto, tuttavia, le prove andarono moltiplicandosi, fino a ca. il 1040, data in cui l’abate riuscì a dominare progressivamente la situazione. La sua malattia, durante un ultimo viaggio a Roma (inizi del 1047) annunciava già la fine che sopravvenne durante un’ultima visita ai suoi monasteri.
I primi a beneficiare dello zelo di Odilone furono i monaci di Cluny, per i quali egli ricostruì il complesso degli edifici monastici, ad eccezione della chiesa, che era stata ultimata dal suo predecessore; ma la stesa attività di costruttore fu da lui esercitata anche in altre case da lui dipendenti. Per i suoi monaci egli pronunciò anche dei sermoni, di cui alcuni ci sono pervenuti, compose gli Inni dell’Ufficio di s. Maiolo, redasse una Vita di quest’ultimo e quella dell’imperatrice Adelaide; a capo dei monaci egli presiedette a quell’esistenza claustrale in cui la liturgia occupa un posto così preminente e di cui fece descrivere i particolari in un Ordo celebre, ricopiato a Farfa (Consuetudines ferfensis); arricchì la biblioteca, promosse lavori artistici nel laboratorio degli orafi, coltivò il talento letterario dei suoi religiosi. Sotto il suo governo, il patrimonio di Cluny aumentò considerevolmente, insieme al numero dei monasteri ad essa soggetti. Per quanto sia difficile precisare un elenco di questi ultimi, fra grandi e piccoli, essi superavano i settanta, di cui più di venticinque debbono attribuirsi al suo governo. Rafforzò inoltre i vincoli che li legavano a Cluny, ne assicurò la direzione con priori formati alla sua scuola, a tutti procurò il vantaggio dell’esenzione che, con Bolle successive, ottenne sempre più completa. L’unità dell’osservanza e dello statuto canonico, congiunta all’unità del governo, raggruppavano tutte le case cluniacensi in un vero Ordine: è proprio in questa occasione che la parola ordo assunse la sua nuova accezione. Oltre che sull’Ordine, Odilone esercitò, all’occasione, la sua azione anche su altri monasteri, di cui si trovava a difendere gli interessi.
L’estensione dell’Ordine di Cluny, il suo irradiamento, e in particolare il ruolo delle sue consuetudini, moltiplicavano i centri di fervore religioso e di preghiera, per il maggior bene della Chiesa; ad essi si aggiungeva la costruzione di nuovi luoghi di culto nelle campagne. Il compito assunto da Odilone nella Chiesa si trova così determinato e Benedetto VIII lo riconosce in una Bolla (1° sett. 1016): “Servire Iddio, permettere di aderire a Dio, pregare, celebrare la Messa per i vivi e defunti, prender cura degli ospiti e dei poveri, fare l’elemosina”; tutto ciò significò, di per sé e per il ruolo sociale dei chiostri, contribuire potentemente al progress spirituale del popolo cristiano, e preparare biondi il terreno per lo sforzo futuro della riforma gregoriana.
Nello stesso tempo, i legami dei monasteri cluniacensi con Roma istituivano una rete di forze e di tappe prestabilite; nello stesso senso operavano le relazioni cordiali intrattenute da Odilone con numerosi vescovi.
I suoi obiettivi, peraltro, non corrispondono esattamente a quelli dei gregoriani; egli volle semplicemente far amare il Cristo Gesù, preparare le anime alla vita del cielo e per questo offrire agli uomini l’ordine e la pace. Tutti debbono contribuir a realizzare questo bene, tanto più urgente in quanto troppo spesso regnano ancora il disordine e le guerre; al di sopra dei conti e dei re, l’imperatore gli sembra il miglior garante del suo ideale: al bisogno, egli interverrà presso di lui per sollecitare un perdono o una protezione, riconoscendogli per contro le qualità per scegliere un buon papa, così come spetta al re di nominare un buon vescovo.
Allo stesso ideale si collega il ruolo che si accorda a Odilone nella conclusione dei patti di pace e nella istituzione della “tregua di Dio”, o, ancora, il ruolo di giudice nei possedimenti di Cluny, di arbitro che presiede ai regolamenti dei conflitti fra terzi, di conciliatore che ricerca degli accomodamenti con i suoi avversari. La sua instancabile generosità sovviene a tutte le miserie: in quei tempi di frequenti e spesso spaventevoli carestie, egli procura i viveri agli indigenti senza lesinare, non esitando a vendere il tesoro della sacrestia o a elemosinare preso i ricchi. Non gli basta di soccorrere i corpi, vuole liberare le anime dei defunti: no contento dei suffragi, già frequenti a Cluny per le anime del Purgatorio, egli istituisce, all’indomani di Ognissanti, la nuova, solenne commemorazione dei trapassati.
Questa immensa pietà è senza dubbio il tratto dominante del suo carattere. Egli medita troppo profondamente l’esempio del Signore Gesù per non essere fondamentalmente misericordioso e pietoso. La sua bontà, tuttavia, non è vana tenerezza, perché, al contrario, egli si dimostra uomo deciso e forte, perfino tenace, e pratico; manifesta infatti il suo senso pratico pur nel suo governo di anime e nella sua devozione al Verbo incarnato o a Maria, Signora, Stella del mare. Amico purissimo, nutre una particolare devozione all’Eucaristia; uomo di fede profonda e attiva, è un contemplativo, teso verso la visione del Signore.
CULTO
Il posto che Odilone ha tenuto ai suoi tempi, le sue relazioni e l’irradiamento delle sue opere, più ancora che la sua reputazione di taumaturgo, avrebbero richiesto l’iscrizione nel calendario di numerose chiese, come era accaduto per il suo predecessore, s. Maiolo. In realtà il culto si limita ai monasteri cluniacensi e ad alcuni altri soltanto, o a diocesi con le quali Odilone si trovò in rapporti particolarmente stretti, come Chartres e Le Puy.
La data della sua morte, nell’ottava della Natività, portava, evidentemente a causa della coincidenza, un certo imbarazzo; la successiva storia monastica dei secc. XI e XII doveva affievolire il suo ricordo, in modo che il culto ha preso un carattere locale assai evidente a Cluny e soprattutto a Souvigny, dove, nel 1063 il legato, s. Pier Damiani, consacrava una nuova chiesa, elevava le reliquie, redigeva una nuova Vita del santo per abbreviare quella del monaco Jotsaldo; nel 1345 l’arcivescovo di Bourges procedeva a una traslazione, cosa che certamente diede occasione alla dispersione di alcune ossa in altre chiese, ma l’insieme del corpo rimase a Souvigny, dove nel 1793, sarebbe stato quasi del tutto distrutto.
Odilone è iscritto nel Martirologio Romano al 1° gennaio (Comm. Martyr. Rom., p.2, n.12). Sebbene non abbia un grande posto nell’iconografia, questa gli attribuisce alcune caratteristiche: la mitra che, ai suoi piedi, ricorda il rifiuto all’arcivescovato di Lione, oppure piccoli corpi tra le fiamme, che ricordano l’istituzione della commemorazione del 2 novembre.
Autore: Jacques Hourlier
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