† 570 circa
Vissuto nel VI secolo, morì ancora giovane, probabilmente nel 570. Il principale testimone della sua morte, il nipote omonimo, monaco in Roma, raccontò a san Gregorio Magno che, mentre il vescovo si trovava in punto di morte, nella sua stanza apparvero due martiri, Giovenale ed Eleuterio, che lo accompagnarono in cielo. Papa Onorio III, nel 1225, ripose le reliquie di san Probo nella cripta della cattedrale di Rieti, dove sono ancora oggi venerate.
Martirologio Romano: A Rieti, commemorazione di san Probo, vescovo, di cui il papa san Gregorio Magno scrisse un elogio.
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Probo è un bell’aggettivo, usato, almeno una volta, anche come nome, nella maniera in cui ancor oggi sono usati i nomi di Modesto, di Pio, di Clemente, di Benigno e di Benedetto.
Probo significa onesto, integerrimo, dabbene : anche oggi, per ogni professione, ci sono i cosiddetti probi viri, cioè gli uomini onesti, che giudicano della correttezza dei colleghi nella vita professionale.
L'unico testo che possediamo su questo santo vescovo reatino è il racconto che fa s. Gregorio Magno della sua santa morte. Trovandosi Probo in punto di morte si preoccupava píú di coloro che l'assistevano, il padre Massimo ed i medici, che di se stesso e raccomandava loro, giacché già si faceva sera, di pensare al proprio sostentamento ed al proprio riposo. Restò presso di lui solo un ragazzetto (vivo ancora ai tempi in cui scriveva s. Gregorio): ed ecco nella stanza dell'infermo apparire alcuni personaggi vestiti di vesti candide e piú splendenti della luce. Il fanciullo spaventato cominciò a gridare, ma Probo, riconosciuti quei personaggi, disse al ragazzo: "Non aver paura, sono i martiri Giovenale ed Eleuterio che sono venuti a trovarmi". Tuttavia il ragazzo corse alla sala superiore per avvertire gli altri dello strano fatto. Tutti accorsero, ma non trovarono piú vivo il santo vescovo: i due martiri erano venuti ad assisterlo nella sua morte e ad accompagnarne l'anima al cielo.
Questo episodio s. Gregorio afferma di averlo sentito spesso raccontare dallo stesso nipote del vescovo reatino, pure di nome Probo, allora monaco in Roma ed abate nel monastero di S. Andrea de Renatis (posto probabilmente sull'Esquilino); e questo particolare, insieme con l'altro che era ancor vivo il ragazzo testimone del fatto, ci porta alla conclusione che Probo morì ancor giovane poco dopo la metà del sec. VI, attorno al 570. Il principale testimone degli avvenimenti narrati da s. Gregorio resta il nipote, a cui peraltro non si sa qual fiducia accordare. Nei Dialoghi di san Gregorio la sua testimonianza è riferita altre tre volte e sempre a proposito di singolari visioni (della Vergine, di angeli o di demoni) avute da persone in procinto di morire: e questo, come ognuno può constatare, è, per la critica storica, un terreno assai viscido in verità. S. Gregorio lo chiama "Probus venerandus episcopus, vir Dei, famulus" ma osserva il Delehaye "Haec non esse cultus ecclesiastici indicia nemo ignorat".
Papa Onorio III, quando consacrò la cattedrale di Rieti nel 1225, ne ripose le reliquie nella cripta. Pietro de Natalibus (1372), che riporta l'episodio narrato, non conosce il giorno della festa di Probo, ma nel Cinquecento il santo è comunemente celebrato il 15 marzo nei martirologi di Pietro Canisio (1562), Giovanni Molano (1568), Pietro Galesini (1578) che però ne riporta anche una celebrazione al 15 gennaio.
Autore: Giovanni Lucchesi
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