Il Beato Giuliano Maunoir è considerato l’“apostolo della Bretagna”, regione storica della Francia, per la straordinaria opera missionaria che vi svolse per ben quarantadue anni. Nato il il 1° ottobre 1606 a Saint-George de Reintembault, quinto di sette figli di un modesto commerciante di tessuti. Il venerabile Michele Le Nobletz (1577-1652), popolare missionario, apprese misteriosamente della sua nascita e che in lui Dio gli aveva preparato un aiuto ed un successore. Primi maestri di Giuliano furono i suoi genitori, soliti dividere volentieri con i poveri i proventi del loro lavoro. Il gioco preferito di Giuliano consisteva nel riunire i compagni, schierarli a due a due in ordine processionale, e far ripetere loro le preghiere ed i canti imparati in chiesa. Un sacerdote della parrocchia, notando le sue attidunini non comuni ai coetanei, gli insegnò i primi rudimenti del latino e gli permise di frequentare a Rennes il collegio dei Gesuiti tra il 1620 ed il 1625. Giuliano non si lasciò influenzare dalle cattive compagnie e persuase alcuni compagni della congregazione mariana a bruciare i libri perversi, a non frequentare le osterie ed a moderare la passione del gioco. Udendo delle imprese missionarie dei Gesuiti in Cina, in Giappone, in America, ed al pensiero che tante anime si perdano per mancanza di apostoli, meditò finalmente di intraprendere la vita religiosa.
Durante il noviziato si distinse nell’esercizio della carità fraterna. Sin dal tempo della vita collegiale si era proposto: “Voglio vivere come se non ci fosse che Dio, presupponendo sempre il suo soccorso: senza questo io so di non poter nulla... Sempre attento a ciò che Dio vuole da me, penserò a quello che Egli può volere da un gesuita per prepararmi a tutto ciò che richiederà il suo servizio. Oh, quanto amo questo Dio infinitamente buono e quanto desidero farmi amare da Lui!”. A tal fine iniziò a castigare in vario modo la sua carne. Dopo la professione religiosa Giuliano studiò filosofia per tre anni a La Flèche, sino al 1630. Suo compagno di studi fu Sant’Isacco Jogues, poi martire nell’America del Nord.
Si disponeva ai ritiri coltivando la purezza e l’umiltà e durante uno di essi confessò nel suo Diario: “ho sentito con purissima gioia come se due angeli mi avessero cavato il cuore fuori dal petto e l’avessero spremuto per farne uscire tutto ciò che vi era di affezione naturale”. Il 15 luglio 1628 per l’intera giornata si sentì consumare dal fuoco del divino amore e “violentemente spinto a soffrire per Iddio”. Meditando poi sui “due stendardi”, cioè quello di Cristo Re e quello di Satana, annotò: “Pativo di avere così pochi sacrifici da fare per il Signore, e la mia vocazione che mi destinava alla salvezza delle anime mi divenne ancora più cara. Una voce inferiore mi ripeté quattro o cinque volte, con tono di ammirazione: "Ah! se tu sapessi! se tu sapessi!. Compresi allora che grande cosa sia il cooperare con Gesù alla conversione degli uomini... Per glorificare il mio Dio vorrei subire tutti i tormenti dell'inferno, eccetto la privazione del suo amore. Bramerei bene il fuoco del purgatorio: fa soffrire molto ma non impedisce di amare Dio”.
I superiori ebbero ad ammirare di questo giovane, ormai giunto all’unione mistica con il Signore, la condotta “sempre uguale, l’amabile attività senza fretta, la gaiezza tranquilla, doti che egli univa ad un’obbedienza perfetta, una carità affabile, ad una applicazione costante tanto al lavoro intellettuale come alla pietà, ad un raccoglimento senza contrasti e ad un grande dominio di se stesso”. Al termine della filosofia fu destinato come professore nel collegio di Quimper, ma egli non rinunciò alla speranza di portare un giorno la fede ai pagani. Un confratello lo esortava ad apprendere la lingua bretone, ma Padre Maunoir gli rispose: “Sappiate che la mia missione è la mia scuola, e che le lingue che debbo apprendere sono il latino e il greco. Se ne studierò qualche altra sarà quella del Canada, dove credo che Dio mi chiami”.
Gli fu nuovamente rivolta la proposta di dedicarsi alle missioni in Bretagna, ma ne era impossibilitato per la mancata conoscenza della lingua. Un giorno, durante un pellegrinaggio ad un santuario mariano, ebbe una visione interiore dei vescovadi di Quimper, St-Brieuc, Leon e Trétone, e giunto dinanzi al quadro della Madonna così la pregò: “Mia buona Madre, se voi vi degnate di insegnarmi il bretone, lo apprenderò subito e sarò ben tosto in grado di guadagnarvi dei servitori”. Tornato poi al collegio, i confratelli rimasero non poco perplessi circa il suo progetto, ma il provinciale nel 1631 gli diede il permesso e, dopo due soli giorni di studio, il Maunoir iniziò nelle campagne bretoni l’opera di catechizzazione e predicazione. Maria Santissima gli aveva miracolosamente concesso il dono della lingua.
Non appena ricevette gli ordini minori, Giuliano iniziò a recarsi tutte le domeniche nei paesi vicini a catechizzare il popolo. Tale era il suo ardore che nel 1632 si ammalò ed i superiori lo trasferirono allora a Tours, ove recuperò le forze e si diede a catechizzare i malati dell’ospedale, i poveri dei quartieri più abbandonati ed i carcerati. Nel collegio di Bourges Giuliano si preparò all’ordinazione presbiterale e Dio gli concesse il dono della continua unione intima con Lui mediante la preghiera. Nel ritiro del secondo anno di teologia, compagno di San Gabriele Lallemant, anche lui martire nel 1646 in Canada, annotò: “Nostro Signore mi dice inferiormente: "Io ho faticato a lungo per le anime, ho pianto, ho sofferto, e sono morto per loro". Queste parole mi commossero più che non lo sappia dire e l'ardore che già sentivo si accrebbe a tal punto che, se fosse stato necessario morire per salvare una sola anima, sarei morto con tutto il mio cuore”. Durante il terzo anno di teologia un braccio gli sì gonfiò oltre misura e lo ridusse brevemente in fin di vita. Prima di ricevere il viatico fece voto che, se fosse tornato in salute, avrebbe speso tutte le sue forze al servizio della popolazione bretone. La risposta del Cielo fu affermativa ed appena guarì Giuliano tornò a predicare e ad insegnare il catechismo.
Divenuto sacerdote nel 1637, venne destinato in veste di professore al collegio di Nevers, ma ben presto furono accolte le sue richieste e dopo sette anni di assenza poté far ritorno a Quimper. Morto il vescovo che osteggiava la sua opera, Le Nobletz invitò Giuliano presso di lui nella solitudine di Conquet, gli fece la sua confessione generale, poi convocò i fedeli in chiesa e presentò loro il Maunoir quale suo successore. Gli fece dono della sua campana ed i suoi quadri simbolici dei quali si serviva per meglio poter spiegare agli analfabeti i principali misteri della fede.
A Quimper molti sacerdoti, dopo qualche esitazione, rimasero attratti dall’idea del Maunoir, proponendosi anch’essi di predicare e confessare in tutta la diocesi. Il governatore di Quimper ed il Cardinale Richelieu arginarono con i loro aiuti la carenza di mezzi materiali. Giuliano Maunoir iniziò il suo apostolato nel porto di Douarnenez mettendo “in canto armonico” la parafrasi delle più importanti preghiere e verità della religione. Prima di lasciare tale città, guarì una paralitica toccandone la fronte con un oggetto benedetto dal Le Nobletz. Il missionario, ormai in fama di santità, si spinse ad evangelizzare anche le isole di Quessant, Molenes e Sein, ove trascinò migliaia di proseliti anche compiendo miracoli con il grano e l’olio benedetti. Nonostante tanti successi, non mancarono però gli invidiosi che per mezzo di calunnie tentarono invano di farlo richiamare al collegio dei gesuiti, smentiti dalla testimonianza degli isolani. Persino i canti da lui composti furono incriminati ed interdetti da chi ignorava il bretone, ma i cresimandi venuti dalle isole catechizzate dal Maunoir non tardarono a farne accertare l’ortodossia. Nel 1642 poterono finalmente essere dati alle stampe ed ebbero grande successo, contribuendo non poco alla riuscita delle processioni e delle sacre rappresentazioni evangeliche.
Dopo aver predicato nelle isole suddette, il Maunoir percorse, a piedi ed a cavallo, l’intera Bassa Bretagna fra pericoli e fatiche di ogni sorta ed in meno di dieci anni riuscì a catechizzare e confessare circa mezzo milione di persone. Mentre Le Nobletz per necessità aveva quasi sempre lavorato da solo, il Maunoir suscitò invece molte vocazioni al sacerdozio, creandosi così validi aiuti per le sue fatiche apostoliche. Tutti lo seguivano volentieri e lo amavano poiché sempre si era dimostrato “umile, saggio, edificante, mortificato, povero, semplice, sempre pronto a soccorrere il suo prossimo a rendere servizio ai suoi nemici e a intraprendere tutto per guadagnare anime a Dio, fermo nell'esecuzione dei suoi disegni e pieno di confidenza nel braccio onnipotente che lo sosteneva”.
Ogni tanto Giuliano ritornava a riposarsi un po’ tra i confratelli, impiegando il tempo a prolungare l’efficace azione della sua parola con scritti ascetici e biografici. Nel 1671 decise di innestare l’opera dei ritiri su quella delle missioni ed il tentativo riuscì con successo. Non mancarono anche per lui periodi di malattia, ma infine ebbe una rivelazione che stava per giungere la sua ultima ora. Nel ritornare a Quimper, si dovette fermare a Plévin, ormai prostrato dalla febbre e da un violento male al fianco. Si preparò alla morte sospirando: “Gesù è la mia vita, ed è un guadagno per me il morire”. Un nobile locale avrebbe voluto farlo trasportare nel suo castello per una migliore assistenza medica, ma egli preferì concludere l’esistenza terrena il più similmente possibile ai poveri. Ai numerosi sacerdoti che accorrevano al suo capezzale raccomandava: “Il più grande piacere che mi potete fare è quello di formulare o di rinnovare il proposito di lavorare nelle missioni fino al vostro ultimo respiro. Io non conosco funzione più santa e più utile”.
Julien Maunoir, ricevuti gli ultimi sacramenti, spirò infine il 28 gennaio 1683. In quella fredda sera invernale l’orizzonte a levante si infuocò misteriosamente. Il vescovo di Quimper avrebbe voluto far tumulare le spoglie mortali del santo missionario nella cattedrale, ma gli abitanti di Plévin si opposero fermamente. Sulla tomba, pochi giorni dopo la sepoltura, un fanciullo paralitico riacquistò improvvisamente la salute dinanzi ai fedeli che gremivano la chiesa. In seguito al decreto pontificio promulgato il 4 marzo 1951 dal pontefice Pio XII, il 20 maggio seguente Giuliano poté essere elevato alla gloria degli altari ed al rango di protettore della Bretagna.
Autore: Fabio Arduino
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