† Bourges, 591
Fu vescovo di quella città dal 584 al 591. Fu un uomo di grande spiritualità e carità, che si dedicò alla predicazione, alla conversione degli ebrei e alla cura dei poveri e dei malati. Si oppose fermamente all'esattore del re Dagoberto, che stava depredando la sua diocesi, e fermò un incendio nel palazzo di Theudogisilo. Morì nel 591.
Martirologio Romano: Presso Bourges in Aquitania, in Francia, san Sulpicio Severo, vescovo, senatore delle Gallie, di cui san Gregorio di Tours lodò la saggezza, la cura pastorale e lo zelo nel restaurare la disciplina.
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Conosciamo Sulpizio da Gregorio di Tours, con il quale fu legato da amicizia e che, nell'Historia Francorum, ci ha lasciato un suo ritratto biografico con parte della corrispondenza scambiata tra loro. Fonte meno attendibile è la Vita composta tra il 647 e il 671.
Non bisogna confonderlo con il suo omonimo Sulpizio Severo, scrittore e discepolo di san Martino. Secondo Gregorio di Tours, Sulpizio apparteneva alla più alta nobiltà di Aquitania. La Vita ce lo presenta in casa dei genitori, intento a spendere il patrimonio in elemosine e in costruzioni di chiese e monasteri. Si trovava ad occupare una altissima carica alla corte del re Gontrano, quando venne a morire Remigio, vescovo di Bourges. La città in quel momento era in una situazione disastrosa, a causa di un incendio che l'aveva devastata; Gontrano impose agli abitanti l'elezione di Sulpizio a vescovo, riponendo fiducia nelle sue qualità di amministratore per il ristabilimento dell'ordine. Fu subito ordinato sacerdote ed abbandonò i suoi alti incarichi civili. Non pare che sia stato sposato, come molti dei vescovi contemporanei: Gregorio di Tours non ne parla, al contrario insiste sul suo spirito monacale ed austero, cui attribuisce il soprannome con il quale lo conosciamo, cosa che in ogni caso esclude la sua appartenenza alla famiglia dei Severii di Bordeaux e legami di parentela con il suo omonimo.
La Vita, tuttavia, dice che aveva fatto voto di verginità assieme a sua moglie; comunque è certo che una volta salito al trono episcopale la sua severità si fece ancor più rigida: istituì presso di sé, nella Domus ecclesiae, al fine di essere giorno e notte circondato di preghiere, una mensa canonica, tra le prime che ci è dato conoscere. È forse per questa circostanza che alcuni hanno pensato che egli fosse monacò prima di diventare vescovo, ma la narrazione di Gregorio di Tours è incompatibile con siffatta affermazione. Fatto vescovo, fu tutto della Chiesa; ma è molto difficile sapere quel che appartenesse, a quel tempo, alle competenze propriamente religiose e cosa a quelle civili: la potenza dei vescovi era in effetti la sola che potesse tener testa al governo franco; capo spirituale e rappresentante di Cristo, Sulpizio è nello stesso tempo il defensor civitatis. Gregorio di Tours esalta la sua fermezza, il vigore, la prudenza negli affari temporali, il suo spirito di consiglio, la sua sollecitudine. La Vita ce lo mostra in un giuoco di resistenza con il re Dagoberto: costui aveva mandato un esattore a spolpare quella zona, cosa che fu coscienziosamente eseguita; mosso dai lamenti che si levavano da tutta la città, Sulpizio inviò a Dagoberto uno dei suoi monaci a spiegargli che la sua bontà non si aspettava quel gesto. Dagoberto, impaurito e confuso, restituì tutto. Qualche tempo dopo, la città subì un'invernata rigida, seguita da carestia: Sulpizio ottenne allora dal re che fosse, per quell'anno, esente dalle imposte.
Gregorio di Tours sottolinea le sue capacità poetiche ed oratorie, ne loda la chiarezza e l'elevatezza dei sermoni e attribuisce la riuscita delle sue fatiche apostoliche alle frequenti esortazioni e agli esempi edificanti della sua condotta. Nella Vita lo vediamo che ferma un incendio nel palazzo di Theudogisilo. Volendo convertire gli ebrei, non ricorre alla coercizione, ma cerca di convincerli con la preghiera e il digiuno.
Il suo episcopato non può collocarsi prima del 584. Negli Atti dei concili appare quale presidente al II concilio di Màcon nel 585 e come organizzatore di un sinodo della provincia di Clermont d'Alvernia, di cui era metropolitano, per la regolazione di un problema di giurisdizione tra i vescovi di Cahors e di Rodez, nel 588. Mori nel 591, sembra in età avanzata; fu sepolto dapprima nella basilica di S. Giuliano di Bourges; traslato nell'XI sec, nella chiesa di Sant'Ursino, con la Rivoluzione se ne sono perdute le tracce. I martirologi, seguendo Usuardo, hanno iscritto la sua festa al 29 gennaio, e a questa data lo celebra la diocesi di Bourges. Non sappiamo se si tratta dell'anniversario della morte o della traslazione. È difficile riconoscere il suo culto, perché i calendari lo confondono con Sulpizio il Pio, suo successore sul trono episcopale di Bourges. Pare che inizialmente il culto fosse diretto a lui, ma probabilmente bisogna attribuire a san Sulpizio il Pio l'essenziale del fervore popolare che oggi è indirizzato a Sulpizio; e così dobbiamo dire dell'iconografia. La Vita ci informa che fu necessario costruire una basilica e dei ricoveri per i molti pellegrini che venivano a pregare sulla sua tomba attratti dalla fama dei prodigi che vi si operavano.
Autore: Marie-Odile Garrigues
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