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> Home > Sezione E > Beata Elisabetta di Mantova (Bartolomea Picenardi) Condividi su Facebook

Beata Elisabetta di Mantova (Bartolomea Picenardi) Vergine servita

Festa: 19 febbraio

Cremona, 1428/30 - Mantova, 19 febbraio 1468

Elisabetta Picenardi, nata a Cremona nel 1428 da famiglia aristocratica, si trasferì a Mantova fin dall’infanzia. A vent’anni si consacrò al Signore nella fraternità dei Servi di Maria, legata alla chiesa cittadina di San Barnaba. Nella propria casa condusse una vita di preghiera e di penitenza, caratterizzata da un intenso amore per l’Eucaristia e da una particolare devozione alla Beata Vergine. Morì a Mantova il 19 febbraio 1468. Il suo corpo riposa nella chiesa parrocchiale di Torre de’ Picenardi, nel Cremonese.

Etimologia: Elisabetta = Dio è il mio giuramento, dall'ebraico

Emblema: Giglio

Martirologio Romano: A Mantova, beata Elisabetta Picenardi, vergine, che, indossato l’abito dell’Ordine dei Servi di Maria, condusse nella casa paterna una vita consacrata a Dio, accostandosi assiduamente alla santa comunione e attendendo con impegno alla Liturgia delle Ore e alla meditazione delle Scritture, devotissima della Vergine Maria.


La beata Elisabetta Picenardi nacque a Cremona tra il 1428 e il 1430 dal nobile cremonese Leonardo e dalla mantovana Paola Nuvoloni. Il padre era al servizio dei Gonzaga e aspirava per lei un matrimonio con qualche nobile della città, ma lei invece decise di restare vergine come Maria, di cui aveva una intensa devozione.
La decisione era certamente scaturita dall’influenza della frequentazione con i frati dei Servi di Maria, del vicino convento di S. Barnaba, che nel 1448 era passato all’allora recente Congregazione dell’Osservanza.
Vestì l’abito delle ‘Mantellate’ a 20 anni, le quali operavano nelle loro abitazioni ma collegate fra loro essendo religiose; la sua vita consacrata fu breve ed intensa, non presentando esteriorità di rilievo.
Divenne ben presto orfana della madre e dopo la morte del padre, avvenuta nel 1465, lasciò la casa paterna ritirandosi in casa della sorella Orsina sposata con Bartolomeo Gorni, in una cella a lei riservata. Abitava nella contrada del Cigno, poco distante dalla chiesa di S. Barnaba dei Servi di Maria, in cui si recava ogni giorno, ricevendo spesso l’Eucaristia, cosa rarissima secondo le usanze dell’epoca, confessandosi dal suo padre spirituale fra’ Barnaba da Mantova e recitando il Divino Ufficio come i religiosi; per la sua grande devozione alla Madonna, tanti si rivolgevano a lei per ottenerne l’intercessione.
Un anno prima della morte, di cui presagì il momento, stese il testamento lasciando il proprio breviario e trecento ducati ai Servi. Morì il 19 febbraio 1468; nel prepararne la salma, si scoprì che portava il cilicio e una ruvida fascia penitenziale; venne sepolta nella tomba di famiglia in S. Barnaba, ebbe subito un fama di santità e di operatrice di miracoli fra cui quello della salvezza di una bambina caduta nel lago e rimasta per mezz’ora sott’acqua.
Vi è un affresco datato 1475 che la raffigura con l’abito delle suore dei Servi, il suo corpo a seguito delle soppressioni francesi del 1799, fu trasferito nella chiesa dell’oratorio gentilizio del castello di Tor de’ Picenardi, nella zona di Cremona, in seguito fu sistemato nella chiesa parrocchiale locale.
Papa Pio VII il 20 novembre 1804 ne approvò il culto, esteso oltre che all’Ordine dei Servi, alle diocesi di Mantova e Cremona.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2002-05-25

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