† 1 gennaio 837
Nel IX secolo, durante la seconda fase della controversia iconoclasta, Paolo, vescovo di Plousias, in Bitinia (Turchia), fu perseguitato per aver difeso il culto delle immagini sacre. Esiliato in Bitinia, non lontano dai confini dell'Ellesponto, fu guarito da Pietro d'Atroa da una grave malattia. Morì in esilio tra l'833 e l'843, probabilmente sul monte Olimpo.
Martirologio Romano: A Prusa in Bitinia, nell’odierna Turchia, san Paolo, vescovo, che, scacciato dalla sua patria per aver difeso il culto delle sacre immagini, morì in esilio.
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La Vita di Paolo non è stata consevata ed i soli particolari noti provengono dalla notizia che gli è dedicata nei sinassari bizantini al 7 marzo, notizia, d'altra parte, da cui non è possibile ottenere sicure precisazioni cronologiche.
In essa si dice che Paolo era vescovo di Plousias, sede suffraganea di Claudiopoli nell’Onoriade (da non confondere con Prusia in Bitinia), «ai tempi degli iconoclasti». Per l’aperta lotta che egli conduceva contro coloro che, malgrado la precedente tradizione, sostituivano le sante icone «con rappresentazioni di animali, uccelli e serpenti», dovette subire persecuzioni, esilio e maltrattamenti. Morì certamente quando la pace non era stata ancora ristabilita poiché la notizia dei sinassari conclude dichiarando che Paolo dovette lottare sino alla fine della vita.
A titolo di pura ipotesi, confrontando Paolo con un altro confessore, vittima della persecuzione iconoclasta, Teofilatto, vescovo di Nicomedia, celebrato l’indomani, 8 marzo, nei sinassari, si potrebbe credere che i due personaggi fossero contemporanei; tuttavia il vescovo di Plousias non è nominato come altri vescovi nella Vita di Teofilatto, il cui editore, A. Vogt, ne pone la vita intorno all’840, poco prima della fine della seconda fase della controversia iconoclasta (843).
Un altro avvenimento, invece, permette di datare con una certa precisione l’esilio di Paolo, oltre che di localizzare approssimativamente il luogo del suo rifugio: in Bitinia, certamente non lontano dai confini dell'Ellesponto.
L’autore della Vita di san Pietro d’Atroa narra il modo con cui il suo eroe incontrò Paolo che si trovava in Bitinia presso l’esicaste Giacomo, antico vescovo di Anchialas. Paolo infatti «viveva non lontano di là in esilio per aver confessato Cristo e venerato la sua immagine... A letto per una grave malattia da dieci giorni non mangiava e non dormiva a causa della febbre che lo consumava». Egli allora mandò a chiamare Pietro, noto per le sue doti di taumaturgo, perché venisse a recitare sul suo capo la preghiera rituale; e Pietro effettivamente guarì il malato.
Questo episodio si pone nella vita di Pietro ai tempi dell’imperatore Teofilo, dopo che, nell’832-833, aveva ricominciato ad infuriare la persecuzione iconoclasta. Si sa inoltre, come stabilito da V. Laurent, che Pietro morì il 1° gennaio 837. Se Paolo morì veramente, come afferma la notizia del sinassario, prima della fine della persecuzione, dunque, la sua morte dovrebbe porsi tra l’833 e P843.
D’altra parte, la Vita di sant'Antonio il Giovane conferma il luogo d’esilio di Paolo, ponendolo sul monte Olimpo.
C. Baronio ha inserito al 7 marzo, l’uno di seguito all’altro, Teofilatto (che chiama Teofilo) e Paolo al quale dedica il seguente elogio: «Pelussi in Aegypto sancti Pauli episcopi, qui eadem causa (cioè come Teofilatto) exul occubuit». Baronio interpreta la notizia del sinassario affermando che Paolo morì in esilio.
Il Calendario georgiano del Sinaiticus 34 (secolo X) commemora all'8 marzo un Paolo vescovo che è il caso di identificare con il nostro.
Autore: Jospeh-Marie Sauget
Fonte:
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