Drum, Keith, Scozia, 1579 - Glasgow, Scozia, 10 marzo 1615
Scozzese nella Scozia protestante, nato nel 1579, a 14 anni venne inviato in Francia per proseguire con l'istruzione superiore. Qui incontrò alcuni giovani cattolici e lui decise di vivere nella fedeltà al successore di Pietro, rinnegando la fede anglicana: una scelta che, una volta tornato in patria, gli costò la vita. Per molti anni girò diversi Paesi europei come studente e poi come docente: a 31 anni venne ordinato sacerdote tra i gesuiti a Parigi. Nel 1614, poi, riuscì a coronare il sogno di tornare in patria, ma la sua missione, vissuta in clandestinità, fu interrotta dalla denuncia per tradimento: venne martirizzato a Glasgow nel 1615.
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Glasgow in Scozia, san Giovanni Olgivie, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire: trascorsi molti anni nello studio della sacra teologia esule per i regni di Europa, ordinato sacerdote, tornò di nascosto in patria, dove con somma diligenza si dedicò alla cura pastorale dei suoi concittadini, finché, messo in prigione sotto il re Giacomo VI e condannato a morte, ricevette sul patibolo la gloriosa palma del martirio.
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Giovanni Ogilvie (Ogilby) nacque nel 1579 a Drum in Scozia e di lui non si sa nulla con certezza prima del 1593, anno in cui fu inviato quattordicenne sul Continente a studiare, come molte famiglie facoltose della Gran Bretagna, facevano con i loro figli in quell’epoca.
Si convertì al cattolicesimo ed entrò nel Collegio scozzese di Douai in Francia; nel 1595 si trasferì a Lovanio in Belgio, dove viene affidato alla guida di padre Cornelio a Lapide. Tre anni dopo nel 1598, lasciò Lovanio per proseguire gli studi a Ratisbona, in Germania, nel Collegio dei benedettini scozzesi, poi presso i gesuiti ad Olmütz, dove sentì la chiamata di Dio allo stato religioso; ottenne così di essere ammesso al noviziato gesuita di Brunn in Moravia, in cui entrò il 24 dicembre 1599, aveva vent’anni.
Nel 1607 era a Vienna come docente di sacra eloquenza, compito tenuto per due anni, nel biennio successivo è di nuovo al Olmütz a studiare teologia; viene consacrato sacerdote a Parigi nel 1610 e destinato a Rouen.
Ma il suo desiderio sin dai tempi di Lovanio era quello di ritornare nella sua patria la Scozia, per lavorare nelle missioni cattoliche, bisogna ricordare che in tutta la Gran Bretagna era in corso la persecuzione anticattolica, attuata nel periodo della Riforma anglicana e che in quegli anni era sostenuta dal re Giacomo I Stuart (1566-1625), in Scozia pur essendo della stessa intensità nelle restrizioni e sofferenze, fece comunque pochissime vittime.
Dopo più di due anni di richieste, rivolte anche al generale gesuita Claudio Acquaviva, fu esaudito e nell’autunno del 1613 poté partire e sbarcare a Leith, un sobborgo di Edimburgo.
Dopo 22 anni di assenza riuscì finalmente ad entrare in Scozia con la falsa identità di ‘capitano Watson’. Prese ad operare nell’apostolato missionario ad Edimburgo, ospite di Guglielmo Sinclair, avvocato al Parlamento e fervente cattolico, celebrava clandestinamente le s. Messe frequentatissime, predicando fattivamente ai tanti cattolici che meditavano con interesse la sua parola; si spinse travestito, anche nelle carceri a confortare i molti cattolici prigionieri.
Si recò anche a Londra e Glasgow e fu proprio in questa città, che venne arrestato il 4 ottobre 1614, su denuncia di Adam Boyd, fatta all’arcivescovo protestante.
Subì per quattro mesi dolorosissime torture e restando sempre strettamente incatenato, tanto da poter compiere pochissimi movimenti, finì davanti ai giudici scozzesi per cinque volte, dal 1614 al 1615; rimangono due resoconti molto particolareggiati dei processi, uno redatto dallo stesso Giovanni Ogilvie e completato dai compagni di prigionia, l’altro è costituito dalla relazione ufficiale inglese fatta scrivere dall’arcivescovo protestante Spottiswood, subito dopo il supplizio del martire.
Il 10 marzo 1615, il sacerdote venne dichiarato reo di lesa maestà dal tribunale di Glasgow e condannato a morte mediante impiccagione; la sentenza venne eseguita nel pomeriggio dello stesso giorno, sulla forca innalzata al centro della città, nel crocevia detto “Glasgow Cross”.
Contrariamente agli altri condannati, gli fu risparmiato lo scempio dello squartamento dopo morto, non si finisce mai di restare sgomenti davanti alle efferatezze inventate dagli esseri umani contro i suoi stessi simili, lungo il corso dei secoli.
Fu subito sepolto nel cimitero dei condannati e dei suoi resti non se ne seppe più nulla. La sua causa di beatificazione fu associata nel 1922 a quelle di numerosi martiri inglesi, ma l’episcopato, il clero e i cattolici scozzesi, richiesero un trattamento separato per la gloria della Chiesa di Scozia.
Fu beatificato il 22 novembre 1929 da papa Pio XI e canonizzato da papa Paolo VI il 17 ottobre 1976. Festa liturgica il 10 marzo.
Autore: Antonio Borrelli
Nella Scozia nativa frequenta solo le prime scuole. Poi, a 14 anni, i suoi lo mandano nel Continente per gli studi superiori, come fanno molte famiglie importanti. Degli Ogilvie sappiamo solo che a metà del ’500, abbandonato il cattolicesimo (come la maggior parte della popolazione), hanno aderito alla Chiesa presbiteriana del regno di Scozia, ispirata ai precetti di Giovanni Calvino, fondata da Giovanni Knox, e staccata da Roma; come la Chiesa anglicana, nata qualche tempo prima con Enrico VIII in Inghilterra.
Sbarcato in Francia, il ragazzo Ogilvie entra in amicizia con giovani inglesi e scozzesi di fede cattolica. Alcuni di loro, anzi, si preparano al sacerdozio e poi torneranno da clandestini in Gran Bretagna per sostenere le minoranze cattoliche e fare opera missionaria. Il campo-base culturale e spirituale per queste spedizioni si trova a Douai, nel Nord della Francia. E appunto qui, nel collegio scozzese, entra un giorno anche Giovanni Ogilvie, che si è convertito al cattolicesimo intorno ai quindici anni; e che per altri venti camminerà sulle strade d’Europa passando da un istituto religioso all’altro, prima come alunno e poi come insegnante: Francia, Belgio, Germania, Austria, Boemia e Moravia...Appunto in Moravia, a Brno, viene accolto come novizio nella Compagnia di Gesù. A 31 anni è ordinato sacerdote a Parigi: dopo tanta attesa, ora potrebbe essere giunto per lui il momento di ritornare in patria. Lo mandano invece a Rouen.
Lui si rivolge al generale della Compagnia, padre Claudio Acquaviva, che gli consente di partire. Travestito e con falso nome, sbarca nell’autunno del 1613 nel regno di Scozia, ora governato da Giacomo I Stuart, che è pure re d’Inghilterra, successore di Elisabetta I (quella che ha fatto decapitare sua madre, Maria Stuarda). A Edimburgo trova chi lo ospita; alle Messe clandestine partecipano fedeli rianimati dalla sua presenza e dal suo linguaggio di compatriota.
Va continuamente in giro travestito, in cerca di qualsiasi occasione per il colloquio e l’incoraggiamento. Questi fedeli, li vuole rianimare uno per uno, e va in cerca ostinatamente dei peccatori, riuscendo talvolta a penetrare anche in qualche prigione. Ma tutto questo dura poco: un anno appena. Poi arriva quello che lo denuncia, ed eccolo incarcerato nell’autunno del 1614. Aspetterà fino alla primavera dell’anno successivo, recluso e incatenato. La sua predicazione clandestina, le sue Messe segrete sono tradimento, attentato al re.
E Giacomo I in verità non ama comportarsi da repressore spietato. Ma c’è stata nel 1605, a Londra, la “congiura delle polveri”, ordita da un gruppo di cattolici e sventata all’ultimo momento: un’enorme esplosione avrebbe dovuto uccidere insieme il re e i membri del Parlamento riuniti con lui. E la colpa di quei pochi, col loro piano sanguinario, continua a ispirare severità.
Per Giovanni Ogilvie la condanna è alla morte, pronunciata e subito eseguita a Glasgow mediante impiccagione pubblica. Seppellito tra le fosse di altri giustiziati, il suo corpo non sarà più ritrovato. Canonizzandolo nel 1976, Paolo VI ha detto di lui: «Bisognerebbe conoscere meglio questo scozzese, che da calvinista si fa cattolico, poi gesuita, missionario nella sua patria, per rivendicare a quel popolo ciò che noi oggi, col tomo del Concilio alla mano, chiamiamo la libertà religiosa».
Autore: Domenico Agasso
Fonte:
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Aggiunto/modificato il 2005-02-25