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Sant' Attala Abate di Bobbio
Festa:
10 marzo
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† 627
Nato in Borgogna da una nobile famiglia, dopo un'educazione raffinata presso il vescovo di Gap, fuggì per abbracciare una vita monastica più rigida, trovando la sua vocazione a Luxeuil sotto la guida di San Colombano. In seguito all'esilio di Colombano dalla Francia, Attala lo seguì in Lombardia, contribuendo alla fondazione del monastero di Bobbio e diventandone abate dopo la morte del santo. Uomo di grande fervore e carità, Attala guidò la comunità con fermezza e saggezza, combattendo l'arianesimo e accogliendo con amore i poveri e i pellegrini. In punto di morte, ebbe una visione del paradiso e morì nel 627, venendo sepolto accanto a San Colombano.
Martirologio Romano: Nel monastero di Bobbio in Emilia, sant’Attala, abate, che, cultore di vita cenobitica, si ritirò dapprima nel monastero di Lérins e poi in quello di Luxeuil, nel quale succedette a san Colombano, distinguendosi in particolare per lo zelo e la virtù del discernimento.
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Sant’Attala era originario della Borgogna, ove nacque da una nobile famiglia. Per una sua conveniente educazione venne affidato ad Aredio, vescovo di Gap, città del Delfinato. Desiderando però uno stile di vita più rigido, Attala fuggì e per qualche tempo si rifugiò nel monastero di Lérins. Anche questa sistemazione però non lo soddisfece e decise dunque di trasferirsi a Luxeuil, il monastero fondato da San Colombano: qui poté finalmente trovare l’austerità tanto desiderata e porsi sotto la guida del grande santo irlandese. Quando Colombano venne bandito dalla Francia per aver rinfacciato i vizi del re Teodorico d’Austrasia, portò con sé in Lombardia alcuni compagni, tra i quali proprio Attala. Si stabilirono a Bobbio, su un tereno donato dal re longobardo Agilulfo, marito della celebre Teodolinda. Colombano aveva ormai una settantina d’anni, venerabile età per quel tempo, e sopravvisse solo un anno. Buona parte del merito nella fondazione del monastero di Bobbio si deve infatti a Sant’Attala, che dal 615 gli succedette quale abate.
Venuta meno l’autorità carismatica del santo fondatore, furono avanzate dai monaci varie obiezioni all’austerità della vita comunitaria, ma Attala non si lasciò condizionare e lasciò andara coloro che erano insoddisfatti. Alcuni di questi fecero però poi ritorno ed egli li accolse con affetto e benevolenza. Giona di Susa, suo agiografo, lo ricorda quale “uomo benevoluto da tutti, di grande fervore, carità per i poveri e i pellegrini. Sapeva tenere testa all’orgoglioso, ma era umile con i più umili, non si lasciava zittire in conversazioni con le persone intelligenti ma con i semplici sapeva parlare dei segreti di Dio. Saggio quando si imbatteva in problemi spinosi, fermo se contestato dagli eretici, era forte nelle avversità, disciplinato nei periodi favorevoli, sempre temperato e discreto. Mostrava amore e rispetto verso i suoi subalterni, saggezza con i suoi discepoli. In sua presenza nessuno poteva essere smodatamente triste o felice”.
Come San Colombano, anche Attala si trovò a dover combattere l’arianesimo, diffuso nei dintorni di Milano. Ammalatosi gravemente, chiese di essere disteso fuori della cella, vicino alla quale era posta una croce che egli toccava ogni volta che entrava o usciva, e di essere lasciato solo. Come testimoniò un monaco rimasto nei paraggi, il santo ormai morente pregò con fervore ed ebbe per diverse ore una visione del paradiso. Riportato infine nella sua cella morì il giorno seguente: era l’anno 627. Sant’Attala fu sepolto a fianco di San Colombano e pochi anni dopo anche San Bertolfo, loro successore, li raggiunse nella stessa tomba e condivise con loro il culto.
Autore: Fabio Arduino
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