Siena, 16 aprile 1220 - Siena, 20 marzo 1286
Entrò nell'Ordine Domenicano a diciassette anni ed ebbe a Parigi, come Maestro, San Albergo Magno e come condiscepolo San Tommaso d’Aquino, di cui emulò l’angelica purità. Compiuti brillantemente gli studi, fu inviato a Colonia ad insegnare Teologia, rifiutando il titolo di Maestro, cosi come ricusò l'Arcivescovado di Siena. In Germania predicò in tedesco con tanto inaspettato successo. Fu tanta la sua fama di sapienza e di santità, da essere implorato il suo intervento per comporre gli animi dei Principi Elettori ad una pacifica elezione dell’Imperatore. Estinse anche tra quei popoli la setta Boema che tanti danni causava alle anime. Predicò per ordine del Pontefice, la Crociata. All’altare, per l’interno ardore, si liquefaceva letteralmente in copiosi sudori e, dopo l’elevazione, un tremito riverenziale lo scuoteva tutto, mentre si sentivano le ossa scricchiolare ed infrangersi con Gesù eucarestia. Quando predicava si vedeva una misteriosa colomba librare sul suo capo. Nel 1270 fu chiamato a Roma dal Papa, dedicandosi alla restaurazione degli studi ecclesiastici. Morì vittima del suo zelo, il 20 marzo 1286 a Siena, durante una predica. Parlò con tale veemenza contro gli usurai, che gli si ruppe per ben due volte una vena in petto, causandone la morte repentina.
Martirologio Romano: A Siena, beato Ambrogio Sansedoni, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che fu discepolo di sant’Alberto Magno e, benché uomo versato nella dottrina e nella predicazione, si mostrò nello stesso tempo semplice verso tutti.
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Povero bambino sfortunato, nato deforme e nascosto dalla famiglia per vergogna! Questa è la storia della ricca e potente famiglia Sansedoni nella Siena del Medioevo. Nel 1220 mamma e papà aspettano un bambino con trepidazione. Quale orrore quando si accorgono che il neonato, un maschietto che chiamano Ambrogio, presenta tali malformazioni da renderlo impresentabile alla società. Lo affidano a una nutrice con l’ordine di nasconderlo. La nutrice lo porta nel Convento domenicano di Santa Maddalena e qui lo cura con tutto l’affetto di cui è capace. Dopo un anno, miracolosamente, Ambrogio guarisce. Nel suo corpo ogni traccia di malformazione sparisce. Così la famiglia, felice, accoglie il proprio figlio a palazzo.
Ambrogio cresce meravigliosamente bene: studia con profitto, è intelligentissimo, buono e caritatevole verso i bisognosi. In lui alberga una “Luce” particolare, che arriva dal “Cielo”. Il prestigioso palazzo senese della famiglia Sansedoni, che ancora oggi domina la celebre Piazza del Campo dove si corre il Palio, ben presto viene aperto ai poveri e alcuni locali adibiti ad ospedale dal giovane Ambrogio. A diciassette anni il ragazzo svela ai genitori di volere entrare nell’Ordine di San Domenico. La famiglia non esita ad approvare la scelta del figlio, consapevoli di essere stati “graziati” da un intervento divino.
Ambrogio diventa monaco e si trasferisce a Parigi e a Colonia per seguire le lezioni del grande insegnante dell’epoca Alberto Magno. Qui diventa amico di un altro domenicano dall’intelligenza straordinaria, San Tommaso d’Aquino. Le strade dei due amici, poi, si dividono. Mentre d’Aquino diventa il più grande filosofo dell’epoca e continua ad insegnare e a scrivere importanti opere, Ambrogio si dedica con successo alla predicazione in Germania e poi di nuovo in Italia. Proverbiali le sue invettive contro gli usurai.
Si narra che, quando predica, una bianca colomba voli sulla sua testa per suggerirgli le parole ispirate dallo Spirito Santo. Ambrogio possiede anche grandi qualità di pacificatore tra i potenti del suo tempo (re e papi compresi) e, quando torna nella sua Siena, la sua fama è già vastissima. Muore nel 1286 a Siena, dove viene acclamato, onorato e proclamato compatrono della città.
Autore: Mariella Lentini
Nasce in palazzo Sansedoni, tuttora maestoso a Siena, in Piazza del Campo: ma sembra nato deforme, per certe imperfezioni agli arti, e così l’affidano a una donna in separata sede, senza antenati né palazzi. Però lei lo tiene così bene da guarirlo. Torna allora a palazzo, ma lo lascerà poi a 17 anni per farsi domenicano. Noviziato e prime scuole probabilmente a Siena, poi il perfezionamento nel 1245 a Parigi e di lì a Colonia (1248), dove ha per professore il futuro sant’Alberto Magno e per compagni Pietro di Tarantasia (poi diventato papa Innocenzo V) e Tommaso d’Aquino. Chiamato a Parigi come insegnante, Ambrogio si fa conoscere pure – anzi, soprattutto – per l’efficacia della predicazione in chiesa e in piazza, tra i salmi e tra i tumulti. (Alcuni pittori lo raffigureranno con lo Spirito Santo in forma di colomba bianca, che gli parla all’orecchio). Ha doti eccezionali di persuasore, e si deve anche a lui se non scoppia uno scisma in Germania già nel 1245, per il dissidio tra il concilio di Lione e l’imperatore Federico II. Ma, alla morte di questi, suo figlio Manfredi tenta di recuperare i territori imperiali nel Sud d’Italia: e la Sede romana s’immischia rovinosamente in contese contro gli stranieri di Germania, chiamando in Italia stranieri di Francia, comandati da Carlo d’Angiò. Poiché Siena ghibellina sta con Manfredi, papa Clemente le infligge l’interdetto (divieto di celebrare i riti sacri). Ed ecco Ambrogio Sansedoni correre dal Papa a Orvieto per difendere i concittadini. E lo fa con tale vigore razionale che alla fine il Papa esclama: "Mai un uomo ha parlato così!". E si dicono di lui cose simili a Parigi, in Germania, in tante città d’Italia che lo ascoltano quando arriva tra i conflitti a costruire tregue, a fermare le armi, riconciliatore instancabile e persuasivo, con le sue parole lucide e appassionate insieme. Soltanto in un caso la passione prevale: quando parla degli usurai. Allora dice cose terribili. Ma non riesce a salvare Corradino di Svevia, l’ultimo principe tedesco in lotta per il Sud d’Italia, dopo la sconfitta e la morte di Manfredi. Battuto lui pure a Tagliacozzo (1268), Corradino viene consegnato da traditori a Carlo d’Angiò, che lo fa decapitare, malgrado l’intervento di Ambrogio (in quel tempo a Napoli) che mette in mezzo anche il Papa. Dopo tanti viaggi, Ambrogio ritorna a Siena. Ricomincia a predicare. E nella città toscana muore predicando, possiamo dire: il malore irreparabile lo coglie durante il quaresimale. Siena lo piange e lo onora, ne fa un patrono della città, prega presso le sue reliquie in San Domenico. Un suo busto sarà collocato sulla facciata del Duomo, e fino a metà ’500 si disputerà un Palio dedicato a lui. Nel 1597 papa Clemente VIII lo includerà nel Martirologio romano.
L'Ordine Domenicano lo ricorda l'8 ottobre.
Autore: Domenico Agasso
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