† Pavia, 19 marzo 1244
Ricevette giovanissimo l’Abito di Predicatore dalle mani del glorioso Patriarca Domenico. Fu un così grande e compito Predicatore, potente non solo in parole, ma anche in opere, grazie al dono fecondo che ebbe da Dio di fare miracoli. Attirò a Lui innumerevoli anime di peccatori e di eretici. Dal 1230 fu principalmente l’apostolo di Pavia. Questa città, in lotta contro il Papato per le malvagie influenze di Federico II, colpita anche da l’Interdetto, versava in uno stato pietoso: lo spirito religioso quasi spento e i costumi del tutto rilassati. La venuta di Isnardo fu come un soffio rinnovatore e lo spirito cristiano rifiorì meravigliosamente. Per la munificenza del santo Vescovo di Pavia, Rodobaldo, poté fondare un Convento che governò sapientemente fino alla morte.
Martirologio Romano: A Pavia, beato Isnardo da Chiampo, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che in questa città fondò un convento del suo Ordine.
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Nativo di Chiampo (Vicenza), Isnardo entrò nell’Ordine Domenicano, a Bologna, verso il 1218. Fece la vestizione insieme al beato Guala, distinguendosi per il perfetto rispetto dei voti di povertà, castità e obbedienza. Un anno dopo fu inviato a Milano insieme al confratello Guala che verrà poi eletto vescovo di Brescia. Nel 1230 fu trasferito a Pavia dove strinse amicizia con il vescovo Redobaldo II che gli affidò la chiesa domenicana di S. Maria in Nazareth. Il suo convento invece era fuori città, presso il fiume Tesino. Impiegando doti di mente e di cuore, Isnardo convertì numerosi peccatori e operò grazie strepitose a vantaggio dei sofferenti. Come quando risanò la gamba di un malato davanti ad un miscredente che lo derideva. La sua fama giunse fino in Francia, alla Chiesa di s. Martino di Tours, i cui canonici lo vollero procuratore nelle terre Alessandria, Pavia, Bergamo, Peschiera, Brescia, Sirmione e Verona, loro antiche tributarie. Isnardo condusse una vita ascetica molto dura, questo comunque non gli impedì di avere una corporatura robusta, che suscitava commenti ironici. Una pia tradizione tramanda che un giorno, mentre predicava, un uomo gli disse: “Come posso credere alla santità di un vecchio cetaceo come fra Isnardo, più di quanto possa credere che questo barile potrebbe saltare e rompermi una gamba”. Alla fine delle sue parole il barile, su cui era seduto, si mise a saltellare rompendogli l’arto.
Isnardo morì il 19 marzo 1244 e fu sepolto nella chiesa domenicana di Pavia. Fino alla fine del XVIII secolo il suo sepolcro fu pieno di ex voto: alcuni prigionieri che lo invocarono, ritrovata la libertà, vi lasciarono per riconoscenza le catene. Guarì alcuni malati, tra i quali una monaca dell’ordine delle Umiliate che era gravemente ammalata. Attualmente i suoi resti riposano nella basilica pavese dei Ss. Gervasio e Protasio. La Santa Sede ne confermò il culto il 12 marzo 1919, dopo che da Pavia l’autorià religiosa ne aveva fatto richiesta. Per l’occasione vi furono grandi feste. Il Martyrologium Romanum pone la sua festa 19 marzo.
Preghiera
Signore, Gesù Cristo, buon Pastore, che hai voluto essere per il tuo gregge segno di uità e riconcializione, fa’ che per l’intercessione del b. Isnardo, le pecore seguano sempre il pastore per vivere secondo il tuo esempio e meritare di essere una sola cosa. Tu sei Dio e vivi e regni nei secoli dei secoli, amen
Autore: Daniele Bolognini
Nativo di Chiampo (Vicenza), entrò nell’Ordine Domenicano a Bologna verso il 1218. Un anno dopo fu inviato a Milano insieme al domenicano beato Guala che diventerà poi vescovo di Brescia.
Ancora nel 1230 fu trasferito a Pavia dove strinse amicizia con il vescovo Redobaldo II che a sua volta gli affidò la chiesa domenicana di S. Maria di Nazareth.
Isnardo era dedito ad una vita ascetica molto dura, questo comunque non gli impedì di avere una corporatura molto robusta, che suscitava sempre dei commenti ironici. Si racconta che una volta predicava in pubblico e un uomo che assisteva disse: “Come posso credere alla santità di un vecchio cetaceo come fra Isnardo, più di quanto possa credere che questo barile potrebbe saltare e rompermi una gamba”, ma alla fine delle sue parole il barile su cui era seduto, all’improvviso si mise a saltellare investendolo e rompendogli così una gamba nell’urto.
Isnardo morì il 19 marzo 1244 e fu sepolto nella chiesa domenicana di Pavia; attualmente i suoi resti riposano nella basilica dei ss. Gervasio e Protasio. La Santa Sede ne confermò il culto con la Messa in suo onore il 12 marzo 1919.
Il Martyrologium Romanum pone la sua festa 19 marzo, mentre nella diocesi di Pavia la sua memoria si celebra il 22 marzo.
Autore: Antonio Borrelli
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