Barcellona, Spagna, 23 novembre 1650 – 23 marzo 1702
Sacerdote spagnolo del XVII secolo. Rimasto orfano, si dedicò alla vita religiosa. Attratto dall'Eucaristia, trascorreva lunghe ore in preghiera. Ordinato sacerdote, visse in rigorosa ascesi: digiuno perpetuo, flagellazioni, abiti semplici e frugalità. Il suo unico scopo era l'unione mistica con Dio. Dedicato al suo gregge, celebrava la liturgia, ascoltava le confessioni, visitava i parrocchiani e promuoveva la devozione mariana. La sua fama di santità crebbe rapidamente. Prediligeva i malati, ai quali dedicava tempo e premura, operando guarigioni miracolose. La sua carità si estendeva ai poveri, ai bisognosi e agli emarginati. Sperimentava estasi e rapimenti mistici. Era dotato di doni spirituali come la bilocazione e la profezia. Consapevole della sua prossima dipartita, si preparò con serenità alla morte, il 23 marzo 1702, a cinquantadue anni.
Martirologio Romano: A Barcellona in Spagna, san Giuseppe Oriol, sacerdote, che con la mortificazione del corpo, una vita di povertà e l’orazione continua ebbe l’animo costantemente rivolto a Dio e fu colmo di celeste gaudio.
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José Oriol Boguñá è un santo spagnolo, ufficialmente canonizzato, ma purtroppo quasi sconosciuto al grande pubblico. Nacque il 23 novembre 1650 a Barcellona in una povera famiglia: Giovanni, suo padre, era tessitore di seta e morì soli sei mesi dopo la sua nascita; due anni dopo la madre, Geltrude Buguna, convolò a nuove nozze con il calzolaio Domenico Pujolàr, che si affezionò al piccolo José come fosse stato suo figlio. Lo affidò al parroco di Santa Maria del Mare affinché lo educasse ed il ragazzo entrò a far parte del coro, fu istruito nella musica e nel catechismo e ricevette anche sicuramente un’educazione primaria, indispensabile per proseguire gli studi come fece. Chiamato a svolgere la mansione di sagrestano, ciò lo condusse ad acquisire una grande sensibilità per la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Iniziò allora a trascorre parecchie ore in chiesa raccolto in preghiera.
Il suo patrigno quando egli aveva una dozzina di anni e la madre si trovò nuovamente in difficoltà economiche. Per aiutarla, Caterina Bruguera, madre di latte di José, lo prese con sé per tredici anni. Grazie alla generosità di alcuni benefattori il giovane poté intraprendere gli studi universitari e la sua vita divenne tutta casa, scuola e chiesa. All’età di ventitrè anni conseguì il dottorato in teologia presso l’università di Barcellona, continuando anche a studiare teologia morale ed ebraico. Nel 1676 finalmente ricevette l’ordinazione presbiterale e per venire incontro alle necessità della madre divenne tutore dei figli di una ricca famiglia, andando a vivere presso di loro.
L’anno seguente un fatto misterioso sconvolse la sua vita: mentre era seduto a tavola e tentava di servirsi di deliziosi cibi, sentì ripetutamente la sua mano trattenuta da una forza invincibile. Interpretò allora quella sorta di paralisi come un ammonimento divino contro gli agi che si era concesso ed iniziò così un digiuno che si protrasse per tutta la sua vita. L’unica suo sostentamento fu costituito da pane ed acqua, con un’agiunta di erbe selvatiche nei giorni festivi ed una sardina solo a Natale e Pasqua. In Quaresima mangiava e beveva solo di domenica. Rimase ospite della famiglia Gasneri sino alla morte della madre, avvenuta nel 1686.
Tre settimane dopo partì pellegrino per Roma, ove papa Innocenzo XI gli assegno la cura pastorale della chiesa barcellonese di Nuestra Senora del Pino. Tornato in patria, esercitò fedelmente il suo ministero per quindici anni, sino alla morte. A tutti gli effetti fu un degno precursore del celeberrimo santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney, vissuto in Francia un secolo dopo. Entrambi infatti si sottoposero ad un rigido ascetismo, furono ricolmi ad una grazia particolare e si consumarono nella guida del gregge loro affidato, trascorrendo tempo interminabile in confessionale.
José Oriol affittò una piccola stanza dal dottor Padros, ove risiedette anche dopo la morte di quest’ultimo con il consenso della moglie. Luogo silenzioso ed isolato, gli procurò quella solitudine così necessaria nei lunghi momenti di preghiera e di penitenza. Gli abitanti della casa non poterono comunque non accorgersidelle flagellazioni cui ogni notte era solito sottoporre il suo corpo. Non possedeva altro che un tavolo, una panca, un crocifisso e pochi libri, niente letto e riscaldamento. Vestiva allo stesso modo in ogni stagione e non portava un cappello per difendersi dal sole o dalle interperie. Tutto il denaro che guadagnava lo destinava interamente ai più bisognosi e per la celebrazione di messe di suffragio. L’unico scopo della sua vita divenne staccarsi completamente da tutto ciò che non era Dio per attaccarsi a lui con ogni forza.
Inizialmente molti lo deridevano per strada, ma poi tutti si accorsero della sua santità. Trattava con gentilezza chiunque incontrava per strada, spostandosi sempre a piedi, senza però mai aggiungere parole inutili, serio ma mai scontroso. In lui si riscontrava una luce che attirava il prossimo e la gente, sentendosi amata da lui, non mancava di accordargli piena fiducia. José Oriol dedicò particolare cura ad una degna celebrazione della Liturgia delle Ore, della Penitenza e dell’Eucaristia, nonchè alla visita dei parrocchiani per questioni puramente spirituali, invitandoli a ricevere i sacramenti ed a nutrire una filiale devozione mariana. Fu accusato di prescrivere penitenze troppo severe durante la confessione, a tal punto da essere sospeso dal vescovo dall’esercizio di tale ministero, poi però reintegrato dal successore.
Nel mezzo di questa vita impegnatissima fu colto da un ardente desiderio, che oggi ci pare rasentare la pazzia: partì per Roma onde proporsi alla Congregazione per la Propagazione della Fede quale missionario nella speranza di poter un giorno morire martire. Invano molti tentarono di farlo desistere ed egli si incamminò verso l’Italia. Giunto però a Marsiglia cadde ammalato e solo una visione della Madonna riuscì a persuaderlo a tornare suoi passi e dedicare il resto dei suoi giorni ai malati di Barcellona. Da quel momento la sua vita fu orientata verso il raggiungimento della perfezione evangelica, manifestatasi nelle opere di misericordia che ebbe a compiere verso ogni sorta di miseria. Sperimentò l’unione intima con Dio, sovente rapito in estasi. Solo mentre officiava la divina liturgia all’altare il suo pallido volto diveniva luminoso ed il corpo era trasfigurato. Particolare predilezione il santo sacerdote nutriva nei confronti dei malati, che accorrevano a lui sempre più numerosi per le prodigiose guarigioni che operava.
Nonostante la crescente popolarità, José Oriol seppe custodire la sua profonda umiltà ed era meravigliato che Dio avesse scelto proprio lui quale suo particolare strumento, rimanendo convinto che qualsiasi sacerdote avrebbe potuto fare altrettanto se solo avesse usufruito dei doni che Cristo gli aveva elargito. Sentento poi avvicinarsi il giorno della sua morte, si trasferì in una stanza chiesta ad un amico e chiese di ricevere l’estrema unzione ed il viatico. Negli ultimi tre giorni di vita ricevette ancora il viatico, senza cibarsi di nient’altro. Il 23 marzo 1702, fra il painto generale, annunciò che ormai era giunta la sua fine e chiese che fosse recitato lo Stabat Mater. Durante la preghiera il santo esalò l’ultimo respiro tenendo lo sguardo sul crocifisso. Aveva soli cinquantadue anni. Una folla immensa si raccolse attorno alle sue spoglie ed il giorno delle esequie per permettere la sepoltura dovettero essere chiuse le porte della chiesa.
Il grande sacerdote e taumaturgo José Oriol Boguñá fu beatificato da Papa Pio VII il 15 maggio 1806 ed infine canonizzato da San Pio X il 20 maggio 1909.
Autore: Fabio Arduino
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