Regno di Giuda e Regno di Israele, VIII secolo a.C.
Profeta e scrittore fustigò energicamente la vita del regno d’Israele che, godendo di un momento di prosperità, aveva abbandonato la legge divina. Amos profetizzò il castigo divino e la salvezza di pochi giusti che avrebbero perpetuato il popolo di Dio, di cui avvertì fortemente la presenza e il dominio sul mondo. Ebbe il merito che lo rende ancora attuale di denunciare un culto ridotto a pura esteriorità e la falsa sicurezza degli uomini di fronte a Dio.
Etimologia: Amos = forte, robusto, dall'ebraico
Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Amos, profeta, che allevatore di bestiame in Tecoa e coltivatore di sicomori, fu mandato dal Signore ai figli di Israele per riaffermare la sua giustizia e santità contro i loro abomini.
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Amos, dall’ebraico “forte”, è un profeta nominato nell’Antico Testamento, vissuto otto secoli prima della nascita di Gesù. È un contadino e pecoraio di un paese vicino a Betlemme, Tekoa, nel regno di Giuda. Egli è buono, virtuoso, capace di indignarsi contro l’immoralità e l’ingiustizia. Verso il 760 a.C., mentre sta pascolando il gregge, Dio gli ordina di recarsi a Nord, in Israele, nel regno guidato dal re Geroboamo II, per andare a portare la Parola di Dio. In quella terra c’è tanto benessere. Purtroppo la vita viene condotta in maniera smodata: i ricchi sono spendaccioni, egoisti, senza cuore. Si sono dimenticati di Dio perché pensano di non averne bisogno. Possiedono tanto denaro e per questo motivo si sentono forti, mentre i poveri vengono sfruttati e resi sempre più miseri dai benestanti che, avidi, accrescono le loro ricchezze.
Amos non ha mai predicato, si è sempre occupato di coltivare la terra e custodire le pecore. Però ubbidisce a Dio e, fiducioso, si mette in viaggio. Quando arriva a Betel comincia a predicare e a parlare alla gente con parole semplici per farsi capire da tutti. Il profeta si scaglia contro l’ingiustizia sociale e il lusso sfrenato. Accusa i ricchi, pieni di superbia, di sfruttare gli schiavi, di commettere truffe e raggiri ai danni dei più indifesi, di prestare denaro a interessi da usura, di non aiutare i poveri e di non fare nulla per loro. Li accusa di partecipare alle cerimonie religiose senza mettere in pratica la Parola di Dio. Le parole di rimprovero sono anche rivolte contro i sacerdoti giudicati ipocriti. Essi, nel loro tempio arredato con sfarzo e con le loro solenni cerimonie, assecondano una falsa religiosità.
Amos avverte di essere stato inviato da Dio e che è arrivato il tempo della punizione. Il profeta urla alla folla che un popolo che si allontana dal Signore deve vergognarsi ed è destinato alla distruzione. Il semplice contadino proclama con asprezza una verità scomoda che fa infuriare il capo dei sacerdoti Amasia. Il profeta biblico, inviato da Dio, viene così cacciato via dal capo dei sacerdoti, in nome del re Geroboamo II. L’umile pastore se ne torna a casa non prima di aver profetizzato la rovina d’Israele, sconfitta nel 722 a.C. dall’invasione degli Assiri.
Autore: Mariella Lentini
Lo Stato unitario nato con il re Saul è ora diviso nei due regni di Israele al nord e di Giuda al sud. E qui, nel paese di Tekoa vicino a Betlemme, abita il contadino Amos, al quale il Signore comanda di andare a predicare nel regno del nord. Amos accetta immediatamente, pur essendo estraneo al mondo dei predicatori o “portavoce” o “interpreti” di Dio (questo significa il termine ebraico tradotto con “profeta”).
Lasciato il suo bestiame, entra nel regno d’Israele al tempo di re Geroboamo II (783-743 a.C.). Un tempo di straordinaria prosperità. E anche di religiosità intensa, si direbbe. C’è sempre folla nei santuari nazionali di Bet-El e di Dan, con offerte abbondanti e riti solenni. Amos, fedele alla chiamata, arriva appunto a Bet-El per rovinare la festa dei ricchi, per far vergognare i compiaciuti. Questo è l’incarico. Eccolo tra la folla, mentre profetizza sventure ai nemici di Israele per i loro misfatti. E questo ai suoi ascoltatori va molto bene. Ma presto Amos passa a parlare di loro: "Hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali; calpestano la testa dei poveri come la polvere della terra...".
Ecco su che cosa si basa questa prosperità: sull’ingiustizia, di cui il contadino di Tekoa enumera le manifestazioni: truffe in commercio, nel peso, nella moneta, sfruttamento dei poveri, usura spietata, schiavitù per il debitore... Sì, il Signore di tutti i popoli castigherà i nemici di Israele; ma anche questo regno dovrà scontare le sue iniquità. Non basta che possieda la vera fede: deve anche viverla con verità. Non serve adornare i templi: "Cercate il Signore, e vivrete!".
C’è da pensare che questa infuocata campagna non duri a lungo. Entra infatti in campo Amasia, capo dei sacerdoti di Bet-El, parlando probabilmente a nome del re. E intima ad Amos di tornare al suo paese, nel regno di Giuda. Allora il profeta spiega che è stato il Signore a mandarlo, e aggiunge per Amasia questo tremendo annuncio: "Ebbene, dice il Signore: tua moglie si prostituirà nella città, i tuoi figli e le tue figlie cadranno di spada, la tua terra sarà spartita con la corda, tu morrai in terra immonda e Israele sarà deportato lontano dalla sua terra...". I notabili sferzati da Amos conosceranno sventura e deportazione quando il regno del nord verrà abbattuto nel 722 a.C. dagli Assiri.
E Amos? Possiamo pensare che sia tornato in patria: il messaggio è stato comunicato, la missione compiuta. Ma lui in un certo senso ha voluto “farne rapporto” a tutti, per tutti i tempi. Dei profeti precedenti, infatti, noi conosciamo l’attività, ma di lui ci sono arrivate anche le parole. Per mano sua, o di qualche discepolo, Amos ce le ha volute tramandare nella loro irruenza originaria. Come se lo ascoltassimo noi pure a Bet-El, tra gli stupori.
Autore: Domenico Agasso
Fonte:
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