1060 - 1140
Eremita e monaco benedettino, nato nel 1060 da un soldato, Aiberto sin da bambino dimostra una vocazione ascetica, preferendo la preghiera ai banchetti e la solitudine alla mondanità. L'incontro con un mendicante che narra le gesta di San Teobaldo, eremita taumaturgo, accende in lui il desiderio di una vita eremitica. Abbandonata la famiglia, si ritira presso il monastero di Crespin, dove per vent'anni conduce una vita di rigore e contemplazione insieme al monaco Giovanni. Un pellegrinaggio a Roma segna una svolta: Aiberto, pur desiderando l'eremo, entra nel monastero e ne diviene preposito e cellerario, senza mai mitigare il suo rigore ascetico. La sua fama di santità attira folle di fedeli che lo venerano come un taumaturgo. Per meglio ascoltare le loro confessioni, il vescovo di Cambrai lo ordina sacerdote. Aiberto riceve privilegi dai papi Pasquale II e Innocenzo II, e la sua fama si estende a vescovi, abati e letterati. Muore nel 1140, giorno di Pasqua.
Martirologio Romano: Presso il monastero di Crespin nell’Hainault, nell’odierna Francia, sant’Aiberto, sacerdote e monaco, che ogni giorno recitava in solitudine, in ginocchio o prostrato a terra, tutto il Salterio e ai penitenti che accorrevano a lui amministrava la divina misericordia.
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Questa è la storia di un incontro casuale che cambia radicalmente il destino di un uomo. Aiberto, nato nel 1060, nei pressi di Tournai (attuale Belgio, a pochi chilometri dalla Francia), è figlio di un soldato. Anche Aiberto avrebbe dovuto seguire le orme del padre, ma fin da bambino dimostra di essere diverso dagli altri. Egli ama stare da solo, prega sempre, anche di notte. Si priva di tanti cibi e dei dolci e preferisce saltare i pasti per fare penitenza. Un giorno incontra per la strada un uomo senza fissa dimora che vive di carità. Si ferma a parlare con lui e ascolta con grande interesse il racconto della vita di un certo San Teobaldo, un eremita con il dono di compiere tanti miracoli. Il giovane rimane colpito dal racconto del mendicante a tal punto da voler vivere proprio come San Teobaldo. Abbandona la sua casa, si congeda dai suoi genitori e si rivolge al Monastero di Crespin (Francia).
Con un monaco di nome Giovanni, che già vive da eremita, si trasferisce in un luogo isolato, vicino al monastero, in mezzo alla natura. Essi pregano e meditano sulla Parola di Dio cibandosi pochissimo. Trascorrono vent’anni e, un giorno, l’abate del monastero invita i monaci Giovanni e Aiberto ad accompagnarlo in pellegrinaggio a Roma. Un lungo viaggio intrapreso da moltissimi monaci a quell’epoca. Al loro ritorno Aiberto decide di fermarsi nel monastero e di farsi monaco. Egli continua a condurre una vita di preghiera e di dure rinunce: poco cibo, tanto lavoro. Passano ancora venticinque anni.
Aiberto diventa famosissimo. Egli vorrebbe stare solo e pregare, ma la sua fama di santità arriva a tutti, non solo ai poveri e ai contadini: anche i nobili, i vescovi e i letterati lo vanno a trovare per avere consiglio. La folla gli strappa persino il saio per appropriarsi di pezzi di stoffa da conservare come reliquie. Aiberto vorrebbe rintanarsi di nuovo nel bosco, da solo, ma il vescovo di Cambrai (Francia), Burcardo, glielo impedisce e lo nomina sacerdote. Aiberto accetta per ubbidienza e così resta in monastero ad accogliere chi si rivolge a lui, con la speranza di essere guarito nel corpo e nell’anima. Aiberto muore nel 1140, a Crespin, e anche dopo morto continua a compiere miracoli e viene soprattutto invocato per essere guariti dalla febbre.
Autore: Mariella Lentini
Nato a Espain, a pochi chilometri da Tournai, nel 1060 da Albaldo, uomo d'armi, e da Elvide, mostrò fin da fanciullo una grande tendenza alla pietà, al punto di levarsi da letto la notte per poter pregare con maggior raccoglimento e di praticare spesso lunghi digiuni. L'esempio di penitenza di san Teobaldo, di cui venne a conoscenza per mezzo di un mendicante, lo spinse a ritirarsi a vita eremitica nei dintorni del monastero di Crespin, insieme con un monaco di nome Giovanni che già, col consenso dell'abate, serviva Dio in quei luoghi deserti.
Dopo vent'anni di dure penitenze e rigorosi digiuni, Aiberto si recò col suo compagno di solitudine e con l'abate in pellegrinaggio a Roma. Al suo ritorno entrò come monaco nel cenobio di Crespin, dove occupò gli uffici di preposito e di cellerario, senza peraltro abbandonare il rigore della vita fino ad allora condotta. Rimase nel chiostro venticinque anni, quindi, per poter attendere più liberamente alla preghiera e alla mortificazione del proprio corpo, chiese ed ottenne dall'abate il permesso di ritirarsi nuovamente nell'eremo; e poiché il popolo accorreva sempre più numeroso alla cella, che Aiberto si era fabbricata, il vescovo di Cambrai, Burcardo, «Ut populis ad se venientibus melius consuleret, et familiarius secreta confessionum audiret», lo ordinò sacerdote.
Aiberto ebbe dai papi Pasquale II e Innocenzo II facoltà e privilegi speciali e fu visitato da vescovi, arcidiaconi, abati, letterati e nobili; il popolo gli strappava le vesti che indossava e le portava via come preziose reliquie. Morì il 7 aprile 1140, giorno di Pasqua, dopo cinquanta anni di vita religiosa, e fu sepolto nel punto dove sorgeva la sua cella; anche dalla tomba il santo continuò a far miracoli.
I suoi resti furono, in seguito, traslati nell'abbazia di Crespin e collocati nella chiesa; nel 1303 e ancora nel 1464 essi furono messi in nuove e più ricche urne. Nel 1568, dopo essere stati tenuti nascosti due anni per timore che venissero bruciati dai calvinisti, furono sistemati definitivamente in una cappella intitolata alla Santa Croce della Vergine e a sant'Aiberto. La sua festa si celebra il 9 aprile oppure, a ricordo della traslazione del 1568, il 2 maggio. Aiberto è invocato soprattutto per guarire dalla febbre.
Autore: Charles Lefebvre
Fonte:
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